Non svegliate Baba Roga, il demone dell’odio: il libro di Isabel Russinova. Intervista all’attrice e drammaturga, promotrice della cultura slava nel mondo, testimonial ufficiale di Amnesty International

Non svegliate Baba Roga è il titolo del libro di Isabel Russinova, attrice e drammaturga, promotrice della cultura slava nel mondo, testimonial ufficiale di Amnesty International e, da sempre, impegnata nella ricerca di figure femminili che nella Storia hanno combattuto per i loro diritti in maniera determinante.

Baba Roga è la creatura mitologica slava, il demone che, secondo le leggende, libera l’odio e diffonde i sentimenti negativi tra le genti e che, in ogni epoca è sempre pronto a svegliarsi e a toglierci il bene più prezioso che abbiamo: la libertà. Il libro di questa artista, attraverso gli occhi, il cuore, e la mente delle due donne protagoniste, ci ricorda che non dobbiamo mai dare per scontato ciò che abbiamo, che in tante altre parti del mondo, ancora oggi, ci sono ancora molte persone che sono sotto il tallone della tirannia, della violenza e dell’oppressione e che la nostra condizione fortunata, se non è tutelata, può cambiare, in peggio.

Il racconto contenuto in questo libro è molto crudo, intenso, difficile da accettare per l’essere umano e, ancora di più, duro da sopportare per la donna: signora Russinova, cosa l’ha spinta a scrivere un libro così drammatico?

È un libro che ci deve far riflettere perché, purtroppo, in questo periodo, noi siamo troppo superficiali. In quest’epoca così fugace, “liquida”, dove tutto è consumato, uno sente parlare di argomenti importanti, pericolosi come, ad esempio, la guerra: abbiamo al momento 59 teatri di guerra aperti che, sommati a tutti i luoghi “critici” del mondo diventano circa 139 luoghi, sul pianeta Terra dove, costantemente, l’uomo è in pericolo di vita. Noi, però, presi dal nostro quotidiano, dai nostri problemi e dalle nostre ansie, non ci fermiamo a riflettere su questo, non ci fermiamo a pensare che tutto quello che abbiamo di grande, cioè la nostra libertà, non è scontata e non è perenne. La storia dell’uomo ci insegna che l’essere umano è sempre stato in guerra dovendo, sempre, lottare per la propria libertà. Pensare ogni tanto a queste cose ci fa bene, ci fa ricordare, intanto, che noi abbiamo la fortuna di vivere, per esempio, in un paese come l’Italia che è il più bello del mondo, dove si vive meglio in assoluto, dove vige la democrazia, dove si è liberi, comunque, di migliorare la propria condizione, anche tra molte difficoltà, e dove si cerca di rispettare al massimo i diritti delle persone e degli attivisti che sostengono e portano avanti la lotta per questi diritti. E dove le donne possono studiare, possono combattere per ottenere delle gratificazioni professionali e umane. In tanti luoghi, tutte queste cose, che a noi sembrano scontate, non esistono. Anche per questo motivo, con questo libro, ho voluto ricordare che trent’anni fa, a pochi chilometri da noi, c’è stata una guerra che è durata dieci anni (la guerra dei Balcani, n.d.R.), che ha distrutto un popolo, cambiato la storia di intere famiglie, ammazzato giovani, donne e bambini…E anche adesso, ancora a pochi chilometri da noi, accade, di nuovo, la stessa cosa. Dunque, dobbiamo capire cosa abbiamo ed essere consapevoli di quello che possiamo perdere.

Nell’ultima di copertina di questo libro, una delle protagoniste dice: “Siamo un unico popolo, eppure spingono fratello contro fratello e sono le ragioni economiche di altri che ci mettono l’uno contro l’altro, questa è la verità, Anna”: alla base di ogni guerra ci sono sempre motivi economici?

Direi proprio che questa è la verità. Questo è quello che racconta la storia dell’uomo, a tutti noi, da sempre.

Baba Roga è il demone che apre l’abisso dell’odio fondandosi sul pregiudizio, sui luoghi comuni, su modi preordinati di descrivere un’etnia rispetto ad un’altra, come è accaduto nel conflitto serbo-bosniaco raccontato nel libro: tutti i conflitti di oggi sono opera di “Baba Roga”?

Questo demone ha molti nomi, poiché è conosciuto da tutti i popoli della terra, purtroppo. Il “gioco”, terribile, è sempre lo stesso: mettere l’uno contro l’altro, tra fratelli, perché tutti noi siamo fratelli che abitano questo pianeta, siamo figli della stessa madre, la Madre Terra. Sono gli interessi economici a spingere, da sempre, l’uomo a fare le guerre. Per conquistare un territorio, per prendersi le ricchezze di un popolo, con la sopraffazione, e goderne i benefici: ti invado, ti piego, mi prendo le tue cose che, così, diventano mie. E così, “tu” non ci sei più.

In questo quadro, appena descritto, c’è anche il prezzo altissimo che pagano le donne, in tutti i conflitti, diventando un oggetto con cui, in parte, si vuole realizzare questo annientamento dell’altro, ovvero lo stupro etnico.

La donna, a differenza dell’uomo, evita la violenza come primo approccio per risolvere le cose. La donna accoglie, costruisce, è portatrice di vita. La donna non fa la guerra ma, piuttosto trama, tratta, media, accoglie. Le donne hanno anche combattuto a fianco degli uomini, quando sono scoppiate le guerre, non si sono tirate indietro, però non riconoscono la violenza e la sopraffazione come mezzo, anche di comunicazione, per ottenere le cose. La donna coltiva, l’uomo distrugge, la donna fa crescere la pianta, l’uomo la rasa a terra: sono proprio due concetti, e due approcci, naturalmente diversi. Per l’uomo è facile sopraffare la donna poiché è dotato di una forza fisica, e anche di una capacità di violenza, diverse. L’uomo è, per natura, proiettato a risolvere le cose con la sopraffazione: urlando, picchiando, uccidendo. Non che la donna non sia capace di usare la violenza ma, se dovessimo mettere su una bilancia chi vi ricorre più facilmente, tra i due, è l’uomo che, generalmente, adotta questo metodo: misura tutto con il “machismo”, fonda tutto su una raffigurazione fallica al fine di sopraffare l’altro. In più, proprio per questa ragione, l’uomo, per prevalere, deve sottomettere la donna, deve umiliarla e farla soccombere. E questo non accade solo nel corso delle guerre ma anche nella nostra realtà quotidiana, basta pensare ai femminicidi: ecco, pensare a tutto questo è terribilmente doloroso.

 Il suo ruolo è ormai, da lungo tempo, quello di far conoscere le figure femminili che sono riuscite ad esercitare, malgrado tutto, un ruolo importante nelle epoche in cui sono vissute: come vede, per le donne, questa nostra epoca?

In ogni tempo la donna è riuscita sempre a ritagliarsi dei ruoli. Importantissimi, cruciali e, in certo senso, anche definitivi nelle situazioni. Non c’è un momento storico dove, comunque, la figura della donna non sia stata determinante. Pensiamo, per esempio, alla Rivoluzione francese: alla presa della Bastiglia c’erano le donne. In questo nostro tempo, in Paesi come l’Iran, ci sono le donne che protestano per i loro diritti. E fanno sempre questo accettando di mettere in pericolo la loro incolumità. La donna è comunque una figura determinante. Magari, molte storie di donne sono state minimizzate, nascoste, dimenticate ed è per questo che io ho un grande desiderio di raccontare e far conoscere queste donne, andando proprio a cercare quelle storie meno conosciute, meno frequentate, dando voce, e luce, a tutte quelle donne che non devono essere dimenticate.

Scusi, ci ha incuriosito: chi è la donna della Rivoluzione francese a cui si riferisce?

È Olympe de Gouges, una figura femminile splendida e molto forte, che ha combattuto per i diritti delle donne durante la Rivoluzione e poi è stata condannata a morte da Robespierre: scrisse la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” in risposta alla “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”, nel 1789, poiché la rivoluzione dimenticò completamente le donne nel progetto di libertà e uguaglianza. E anche la figura di Maria Antonietta, sempre in quel periodo, è molto interessante, da “rileggere” e poi “riscrivere”. Ed è giusto ricordare anche le donne religiose che sono state uccise sempre nel corso della Rivoluzione francese. In quel periodo ci sono state tantissime figure femminili che hanno creduto che i principi rivoluzionari potessero essere estesi anche alle donne e che, poi, sono state giustiziate. Tutte le epoche hanno avuto figure di donne importanti: pensiamo alla prima amante di Mussolini, Margherita Sarfatti, intellettuale ebrea che, di fatto, ha creato il Benito Mussolini politico e che, da lui, in seguito, è stata rinnegata.

 Insomma, ogni epoca ha le “sue” donne importanti…  

Un altro personaggio che ho trattato, portandola in scena, è Eleonora Fonseca Pimentel, eroina della Repubblica napoletana che ha dato la vita per quella Rivoluzione: a me interessa cercare, e valorizzare, le figure femminili della Storia che magari non sono famosissime e, per questo, non devono essere dimenticate. E poi, anche riguardo alle donne celebri della Storia, per esempio Cleopatra: sappiamo davvero chi fosse, cosa pensasse e volesse davvero? Raccontare tutte queste donne è appassionante, interessante e importante.

 Di recente ha portato sulle scene anche la figura di Rabìa: chi era costei?

Sì, mi è stato chiesto da Amnesty International, nel suo 60° anniversario, di portare in scena qualcosa che potesse raccontare la donna e l’impegno dell’Organizzazione nel sostenere e portare avanti i diritti civili delle donne. Ho individuato in Rabìa Balkhi, poetessa intellettuale persiana

vissuta nel medioevo, tra le figure più intense, per raccontare l’impegno e la lotta che la donna, proprio in questo momento e in luoghi come l’Afghanistan, sta portando avanti per ottenere le proprie libertà. Rabìa, al suo tempo, è stata molto importante per la condizione femminile del suo tempo, ha dovuto combattere molto e la sua forza ha viaggiato nel tempo e, ancora adesso, è un faro per le donne afgane di oggi che proseguono nella battaglia di difesa dei loro diritti. Di lei ci è pervenuto poco di quanto ha scritto, abbiamo molte ballate, poiché ciò che aveva scritto è stato tramandato attraverso la narrazione orale che costituiscono, appunto, una sorta di “elisir di coraggio” per le donne di adesso.

Che ruolo può avere la cultura per tenere sotto controllo, chiuso, a dormire, Baba Roga?

La cultura ha, comunque e dovunque, un grande ruolo, anzi: penso che sia l’unico strumento di progresso che ha l’umanità, tant’è vero che proprio la cultura che viene combattuta dalle grandi dittature. Fermando la diffusione della cultura si fa rinascere Baba Roga: la cultura fa pensare, fa riflettere, ti spinge a conoscere. E la conoscenza ci fa vedere le cose nella luce giusta. L’ignoranza, invece, ti fa navigare nel buio facendo in modo che tu possa essere ingannato. È difficile ingannare chi conosce.

 Qual è il primo diritto che vorrebbe vedere universalmente riconosciuto a tutte le donne della Terra?

Certamente l’accesso allo studio e alla cultura perché ritengo che attraverso questo strumento la donna può fare molto. Più si dà, alla donna, la possibilità di avere degli strumenti giusti e più la donna può essere di aiuto per l’umanità. Perché viene impedito alle donne di studiare? Perché proprio per l’angolazione con la quale vedono il mondo, rispetto a quella degli uomini, può essere molto importante il contributo che possono dare per l’umanità tutta. Del resto, anche la parte “femminile” dell’uomo, quella più luminosa, quando trova spazio genera soluzioni importanti. Credo che la visione femminile possa aiutare l’umanità ad evolversi, a non piegarsi e soccombere e quindi a tornare indietro, perché piegati nell’ignoranza.

Silvia SitariGiornalista

La foto di Russinova è gentilmente fornita dal fotografo Sergio Battista

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