Fra i regali più graditi di queste festività c’è stato un bel libro scritto da Giorgio Mangani, che ho letto con grande piacere e interesse. È su Francesco Merloni, ingegnere, imprenditore, politico, protagonista del secolo dello sviluppo, ma è una storia che parte da Aristide Merloni, il padre.
È un libro ricco di ricordi e di aneddoti su un passaggio generazionale. Entrambi esponenti della Dc con cariche elettive sia locali, sia nazionali, al Senato e alla Camera per numerose legislature, con un passaggio di testimone nel 1970 dopo il decesso di Aristide.
È una storia che sembra un romanzo di avventura, tanti sono gli episodi e i personaggi su cui verrebbe voglia di soffermarsi. È un secolo che vede la nascita e l’affermazione del movimento cattolico, poi la prima guerra mondiale, l’avvento del fascismo, la grande crisi finanziaria del 1929, la seconda guerra mondiale,la Resistenza, la ricostruzione degasperiana, il miracolo economico, la crisi economica e sociale, la internazionalizzazione nella globalizzazione, la quarta fase del capitalismo.
È una storia, imprenditoriale e industriale; è una storia politica; è una storia di una famiglia con un forte legame con il territorio di Fabriano e le Marche, che rappresenteranno un sentiero di sviluppo sociologico originale, con il modello marchigiano e la via Adriatica, i metalmezzadri, di cui si faranno interpreti studiosi ed intellettuali, come Corrado Barberis e Giuseppe De Rita.
È una storia di valori familiari, politici, economici e sociali con radici profonde nella comunità. Poi con la fase della crisi del miracolo economico si determina la svolta nella quarta fase della ricerca tecnologica applicata nella società della conoscenza. In questa storia entrano di prepotenza alcuni personaggi che con Aristide prima e Francesco Merloni poi, sapranno dare il meglio nelle opzioni di scelte che saranno decisive nella affermazione e nella crescita delle azienda di famiglia fino a diventare da multinazionale tascabile una holding internazionale.
Mi riferisco a Enrico Mattei, prima, poi con i Dc della prima generazione, da Fernando Tambroni, Umberto Delle Fave, a De Cocci, poi al rapporto di amicizia con Nino Andreatta, a Romano Prodi, Franco Grassini, Mario Baldassarri e a tanti altri. Poi si avviano rapporti di intensa collaborazione culturale e politica con l’agenzia Arel e Oikos, oltre che con la casa editrice il Mulino. Francesco Merloni amava e ama circondarsi di competenze alte che lo portavano a scegliere il meglio delle professionalità culturali e manageriali per affidare loro responsabilità di innovare e crescere.
Aristide Merloni è un politico che fa l’imprenditore, avviando una azienda nel 1930 a Albacina che negli anni sessanta diventerà una tra le prime trecento italiane. Il suo progetto imprenditoriale è la concretizzazione della dottrina sociale ed economica della Chiesa, teorizzata dal sociologo cattolico Giuseppe Toniolo, ma con radici profonde nel movimento cattolico di Romolo Murri, nei principi della Rerum Novarum, per il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e nelle idee del popolarismo sturziano. Lo fa fin alle origini, in continuità, da esponente “popolare” prima e da democristiano poi.
L’avventura industriale di Aristide inizia dopo la prima guerra mondiale, quando i suoi studi all’istituto Montani di Fermo, dove si formeranno altri pionieri della industria marchigiana, come Cecchetti di Civitanova, Benelli di Pesaro, Nardi di Ascoli, Clementoni di Potenza Picena, lo porteranno a dirigere a Pinerolo la ditta Buroni, fabbrica di basculle, stadere e strumenti per pesare. Poi la Buroni acquisirá la Opessi. Li stringerà un forte rapporto politico con un giovane popolare figlio di un panettiere, accentratore, stacanovista e ambizioso, Lorenzo Guglielmone che diventerà sindaco, senatore e fondatore della banca Balbis Guglielmone.
A Pinerolo frequenta Attilio Piccioni che poi sarà segretario nazionale della Dc e vicinissimo a De Gasperi. Poi decide di tornare ad Albacina e di creare con dodicimila lire di risparmi, una propria attività avviando una impresa di bascule interamente in ferro e di grande precisione. Sviluppa accordi commerciali tra Pinerolo e Albacina come formula di produzione e contoterzismo. Nel 1938 raggiunge un fatturato di cinquecentomila lire!
La sua idea era di fermare la emigrazione e portare il lavoro a casa dei lavoratori creando migliori condizioni di vita, superando il sottosviluppo.
Si univano ambizioni imprenditoriali e un progetto politico e sociale. Il parroco del paese, don Giuseppe Rinaldi detto Titta, osteggiato dal fascismo, intraprendente, coraggioso e sostenitore del progetto svolse la funzione di merchant bank coinvolgendo e garantendo i risparmi dei contadini più agiati.
Con la prima fabbrica di Albacina si affermerà un modello di stabilimenti monoprodotto, moderni, con un limite di occupati, diffusi sulle colline, dove prevaleva un atteggiamento rurale con piccola proprietà contadina come fattore di stabilità economica e sociale, in contrapposizione all’urbanesimo alienante che portava alla concentrazione delle masse operaie sindacalizzate nel centri industriali del nord italia. Erano valori centrali del movimento dei popolari marchigiani insieme alla vocazione autonomistica e regionalistica emarginate dallo Stato liberale. Non a caso il PPI nel 1919 ottiene il 27,4 dei voti nelle circoscrizioni marchigiane e il 29,9 contro una media nazionale del 20 per cento.
Poi viene la crisi con la seconda guerra mondiale. Mancavano le materie prime e la fabbrica va in rovina. Francesco è renitente alla leva e fu nascosto da don Pacifico Veschi nel campanile della Chiesa di Poggeto insieme ad altri ospiti scomodi ed armati tra cui Dalmato Seneghini dirigente della piccola repubblica partigiana. Poi sfuggì all’arresto ad Albacina mostrando i documenti del fratello Antonio.
Al suo posto fu imprigionata, per rappresaglia, la madre, che fu liberata solo a seguito del bombardamento di Fabriano dell’11 gennaio 1945. Finita la guerra Francesco si laurea in ingegneria meccanica a Pisa, i fratelli Antonio in scienze economiche e Vittorio in economia e commercio. Il padre Aristide si impegna nella azione Cattolica e poi nella Cassa di risparmio che viene risanata con capacità e rigore.
Poi verranno i successi nelle produzioni di gabbie per allevamenti, su idea del fratello Vittorio, i primi mobili metallici da cucina, le lavastoviglie, il sistema di cucina componibile l’Unibloc Ariston, con la formula della casa.
Il legame con Enrico Mattei non era solo familiare e territoriale. Si concretizzò nel 1953, quando Aristide e Francesco suggeriscono l’idea di avviare in Fabriano la produzione di bombole di gas liquido. La frequentazione universitaria di Francesco a Pisa, con Luca Benini, figlio del proprietario della Pignone di Firenze, portó ad una idea industriale, alla diversificazione produttiva, sviluppando le competenze e le tecniche consolidate da “piegalamiere”.
La crisi della Pignone si riverberó sulla produzione di Fabriano.
Aristide punta prima sulla Liquigas guidata dal vecchio amico Tereso Guglielmone di Pinerolo e poi sulla Ultragas, appena nata, ma capace di ordinare trecentomila pezzi. Erano le condizioni per potere ripartire, portando energia nelle campagne, nei posti più sperduti, anche nei luoghi privi di distribuzione centralizzata. La produzione di bombole diventerà la banca di famiglia e terrá in piedi il conto economico dell’azienda.
Poi verrà il successo negli scaldabagni nel principio della “diversificazione concentrata” con il passaggio dai beni strumentali ai beni durevoli.
Verranno il Presidente del Consiglio Aldo Moro nel 1968 e Forlani nel 1973, a inaugurare nuovi stabilimenti a Borgo Tufico e a Melano Marischio , poi seguiranno quelli di Vico Pisano, di Rieti e di Arcevia. L’apertura ai mercati esteri avvia la fase della internazionalizzazione con stabilimenti in Polonia, Russia, Ungheria, Jugoslavia, Cile, Portogallo, Arabia Saudita, Belgio.
Dopo una prima organizzazione aziendale nel 1959, i fratelli Merloni realizzano una forma che coniuga la organizzativa divisionale sul modello delle corporation americane, con le esigenze dei fratelli che volevano affermarsi autonomamente con la loro propria personalità in settori produttivi diversi.
Poi Aristide Merloni muore nel 1970 in un tragico incidente automobilistico. Nel 1930 aveva iniziato in piena crisi finanziaria mondiale, prevedendo gli orientamenti del mercato, gli sviluppi della tecnologia, il coraggio di scommettere sul futuro, l’ottimismo della volontà contro il pessimismo della ragione.
La storia insegna che nel 2022 occorre affrontare la crisi geopolitica e dei conflitti nelle aree strategiche del globo che spingono all’accorciamento della catena del valore con strumenti nuovi, non con quelli del passato, e chi ci riesce guadagna il futuro. !
Francesco Merloni prende il testimone del padre con la elezioni politiche del 1972 prima senatore, poi deputato e Ministro dei governi Amato e Ciampi. Fu una scelta favorita dal suo amico Gerardo Bianco, capogruppo e membro della delegazione Dc. Durante la crisi degli anni Novanta realizzó la grande riforma degli appalti.
Ma ora metto da parte il libro e affondo nei ricordi con quello del primo incontro negli anni Settanta quando nella stagione di solidarietà nazionale si affrontavano le questioni della ristrutturazione industriale, delle grande imprese in crisi, dell’Egam. Francesco Merloni partecipava attivamente alla elaborazione di testi legislativi che richiedevano molte correzioni.
La sua linea, con parole misurate ed essenziali, era sempre chiara e razionale: ridurre gli elementi di socialismo che erano stati introdotti nel sistema economico e ritornare alla mission delle Partecipazioni Statali, quindi alla economicità di gestione, senza costosi e distorsivi oneri impropri.
Ne ebbi contezza quando a fine anni Settanta si pose il problema di trovare una soluzione legislativa per la storica azienda Cartiere Miliani di Fabriano in una fase di crisi. Non c’era solo un legame affettivo, avendo il nonno lavorato in quella azienda; non c’era solo un legame territoriale con la sua Fabriano; c’era un marchio e una storia da difendere. Non voleva che quella azienda così specializzata in produzioni di qualità, ad alto valore aggiunto, fino alle carte valori, fosse equiparata ad un cartonificio qualsiasi.!
Poi un lungo rapporto di amicizia anche attraverso Gerardo Bianco e tante occasioni di incontro su questioni politiche ed economiche, dagli incontri di Fiuggi con i giovani di Bartolo Ciccardini, alle iniziative dell’Arel con Nino Andreatta. Non mancava, quando i suoi impegni potevano consentirlo – una volta perfino per una visita ortopedica al Rizzoli – con la presentazione dei rapporti trimestrali di Prometeia, all’hotel Royal Carlton di Bologna, di immergersi nell’attualità dell’economia in una sintesi tra mondo accademico ed economia reale. Era il suo modo costante di ascoltare e capire.
Una giornata indimenticabile fu a Cerreto d’Esi in occasione della commemorazione di Bartolo Ciccardini nel teatro comunale Casanova, promossa dal centro studi Riganelli del Prof Aldo Crialesi con la lectio magistralis del Prof. Francesco Malgeri e tante testimonianze personali sulle vicende della loro gioventù nella Resistenza di una comunità tra Fabriano e Matelica.
In quell’incontro così ricco di significati, intervennero Adriano Ciaffi, Alessandro Forlani e Cristina Olini per l’associazione Nazionale Partigiani Cristiani. Francesco Merloni volle ricordare gli anni della gioventù, della resistenza durante l’occupazione nazista, dell’impegno universitario, il legame con il territorio e a tanti scritti su Cerreto.
È stata l’occasione per ricordare l’episodio di quando il ricercato, Enrico Mattei, futuro capo dei partigiani Alta Italia, si salvò da una squadra di fascisti alla ricerca di un carro di fieno che nascondeva armi nascosto proprio in casa Mattei. Fu una storia di vita vissuta.
Poi i tanti racconti dei viaggi in Vietnam dove aveva insediamenti produttivi, con delegazioni governative, dove portava la sua esperienza per affermare prodotti nei nuovi mercati del sud est asiatico.
Dopo il sisma del Centroitalia del 2016 diede con la Fondazione Merloni nella sede delle banche popolari, un contributo originale per la ripresa delle aree interne, con idee originali e innovative puntando su investimenti infrastrutturali con completamento ed integrazione del Quadrilatero con le reti viarie, agricoltura di montagna in colture specializzate, e un welfare tecnologico con servizi alla persona.
Poi partecipò con soddisfazione alla cerimonia commemorativa per i suoi novant’anni, con lo stesso spirito con cui fu premiato qualche anno prima Giorgio Tupini. Era come se la comunità marchigiana dopo tante battaglie politiche e tante vittorie si ritrovasse per guardare insieme l’orizzonte e trovare idee nuove per una fase di sviluppo del quarto capitalismo.
Poi il passaggio generazionale ha trasferito il testimone da Francesco al figlio Paolo, per una nuova fase
In conclusione: Francesco Merloni, classe 1925, 97 anni, una storia italiana, saggezza e tenacia con sguardo lungo con radici, valori, progetti, sfide e successi!
Maurizio Eufemi – Già senatore nella XIV e XV legislatura