L’Infinito al di là del muro (ossia l’arte dell’eterno futuro): Van Gogh alla National Gallery di Londra

Lo consideravano uno “spirito maledetto”, venne malinteso da una critica feroce. Ma la sua realtà artistica è ben altra cosa, dove anche gli alberi conoscono il dolore. Il museo britannico ora dedica al pittore olandese una mostra esclusiva
Van Gogh, Starry Night over the Rhône, 1888 Musée d’Orsay, Paris

“Sto diventando un colorista particolare… io dipingo l’Infinito”. Con queste parole scritte al fratello Theo ai primi di settembre del 1888, Van Gogh comunica il suo intento di dare forma a un sogno coltivato da tempo: creare qualcosa di nuovo che esprima l’arte del futuro.

Non è mai stato facile comprendere Van Gogh, che continua a essere un artista complesso dalle molte sfaccettature che solo gli specialisti del settore sono impegnati ad approfondire, mentre il grande pubblico si è soffermato di volta in volta sui giudizi di una critica in passato feroce, poi osannante, spesso più superficiale e legata al mercato dell’arte che impegnata a comprendere e a fare comprendere.

Nel 1910, quando alle Grafton Galleries di Londra si tenne la mostra “Manet and the post-impressionists”, il prolifico critico d’arte vittoriano Marion Spielmann deplorò fortemente l’esposizione pubblica di opere d’arte di un ‘malato di mente’, da lui giudicate orribili.

Van Gogh, dagli ospedali psichiatrici all’infinito

La storia della malattia del pittore olandese, i suoi ricoveri in ospedali psichiatrici avevano trovato larga eco sulla stampa britannica. Una timida parte rispose positivamente ai suoi lavori, ma molti lo descrissero solo come un pazzo che inseguì Gauguin con un rasoio, si amputò un orecchio e infine si suicidò a 37 anni con un colpo di pistola. L’idea del genio degenerato che finisce nella follia, etichettava Van Gogh e lo poneva tra gli spiriti maledetti, idea ossessiva degli scrittori della fin-de-siècle.

Nel 1947 la Tate dedicò a Van Gogh una personale che ebbe un successo immenso, ma che ancora legava imprescindibilmente la sua arte alla sua pazzia. La realtà, invero, fu ben più ampia.

Vincent Van Gogh nasce nel Sud dell’Olanda, primo di sei figli, il 30 marzo 1853. La famiglia è benestante. Grazie a uno zio, Vincent a sedici anni è mandato, come apprendista, a L’Aja, in un’importante galleria d’arte, la Goupil&Cie. A soli vent’anni è inviato a Londra come mercante d’arte. Parla l’olandese, l’inglese, il francese e il tedesco. L’impatto con il mondo britannico è fortissimo. Ha solo vent’anni, guadagna ben novanta sterline l’anno; dedica il tempo libero alle passeggiate nei parchi, ai musei, ai libri. L’Aja ha , all’epoca, novantamila abitanti; Londra tre milioni e trecentomila. Commercia in stampe fotografiche, divenute la moda dell’epoca.

Vincent Van Gogh, Self Portrait, 1889. National Gallery of Art, Washington, DC                                              
Vincent Van Gogh, Self Portrait, 1889. National Gallery of Art, Washington, DC

Non ha mai dipinto, ma è fortemente attratto dagli artisti contemporanei. Ammira Millais e i Pre-Raffaelliti, e s’immerge nei dipinti di Constable e Turner. Legge moltissimo e dai suoi scritti si ricava che oltre 200 opere le lesse in lingua inglese. Nelle sue lettere menziona, tra gli altri, Eliot, Rossetti, Shakespeare, Dickens e Stowe (lo affascina questa straordinaria donna che scrive mentre prepara la cena per i figli) e proprio ‘Christmas Books’ e ‘Uncle Tom’s Cabin’ (che acquisterà anche nella traduzione francese) figurano tra i ritratti di Marie Ginoux, gli ultimi, datati 1890.

L’Arlésienne (Portrait of Madame Ginoux), 1890 Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma
L’Arlésienne (Portrait of Madame Ginoux), 1890 Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma

Insegnante in una scuola religiosa

La realtà della capitale britannica gli pone dinanzi contrasti sconcertanti. Il suo stipendio gli permette una vita da middle class, ma non vi si trincera dentro. Si rende conto di quanti sono gli esclusi, i diseredati, i senza tetto che vivono nelle strade e percepisce i dissensi religiosi che condizionano le riforme sociali.

Nel 1875 decide di cambiare rotta e di commerciare non più in stampe da foto, ma in dipinti del XIX secolo. Vincent è sostituito. Un amore forse frainteso e il trasferimento a Parigi, cui seguirà il licenziamento, portano radicali cambiamenti nella sua vita. Nel 1876, torna nell’amata Inghilterra per divenire insegnante in una scuola religiosa a 15 sterline l’anno.

Studia i Greci, in particolare Eschilo, e sente crescere in sé la vocazione del missionario, non in Paesi lontani, ma tra i sobborghi di Londra. Inizia a dare sermoni, ma la depressione lo avvolge. Ritorna a casa, in Olanda, riprende a fare schizzi, come faceva da ragazzo e il fratello Theo lo spinge a dipingere. Il suo primo acquarello è una strada d’autunno, il suo primo dipinto è sempre una strada d’autunno con una donna in lutto. “Con quanta perfetta semplicità la morte e la sepoltura avvengono- scrive- È come il cadere di una foglia d’autunno”.

Parigi, Arles e psicosi

Nel 1886 va a Parigi, dove ferve il movimento impressionista. Nel 1888 si sposta ad Arles. Lì ha il primo episodio psicotico cui segue il ricovero in manicomio. La sindrome di cui soffre lo tormenta per i 18 mesi che seguono. Nei suoi ultimi due anni Van Gogh concentra il massimo della sua produzione artistica, consistente in oltre 2000 lavori di cui 900 dipinti e 1100 tra disegni e schizzi.

Il suo è il mondo dei più poveri, degli anziani, dei negletti, rappresentati, talvolta, da un paio di scarponi troppo usati, da una sedia di paglia sfondata o da un uomo senza speranza, chino, con la testa china tra i pugni.

Sono il suo modo di rappresentare la crocifissione dell’uomo.Il suo è anche il mondo dell’esplosione dei colori dei girasoli e del campo di grano, e delle notti stellate in cui il cielo di Londra sul Tamigi si mescola alle stelle brillanti del cielo e alle luci di Arles. La Tate Britain ha dedicato a Van Gogh, nel 2019, dopo 72 anni dalla prima mostra, una retrospettiva (‘VanGogh and Britain’), che ci ha mostrato ‘l’altro’ Van Gogh, quello sensibile e schivo, innamorato di Londra e della cultura britannica, quello di cui Kokoschka scrisse (1953): “This artist did face the reality of the existence, however disconcerting, rather than close his eyes before the tragic futility of in human life!”.

La National Gallery, ora, per la prima volta in occasione del bicentenario della sua fondazione, ha dedicato al pittore olandese una mostra esclusiva, “Van Gogh: Poets and Lovers”, incentrata sugli ultimi anni di vita (febbraio 1888-marzo 1890) trascorsi nel Sud della Francia, in Arles e a Saint-Rémy, tra contatti con poeti e pittori, quando la brama di dipingere sfocia in opere più che mai originali ed espressiveche risentono di cristianità e anche di contatti con l’arte giapponese, mentre la malattia lo costringe a ricoveri in case di cura.

The Lover (Portrait of Lieutenant Milliet), 1888 Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Nederlands
Van Gogh, The Lover (Portrait of Lieutenant Milliet), 1888 Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Nederlands

La forte luce della Provence e la forte personalità delle persone che incontra (più che mai incisivo il contatto con Gauguin con cui condivide la sua abitazione per nove settimane) lo portano a vedere i suoi amici come poeti e amanti. Il modesto parco pubblico davanti alla ‘Casa Gialla’ in cui ha affittato quattro stanze, diventa il “Giardino del Poeta”, mentre l’incolto giardino dell’ospedale di Saint-Rémy si trasforma in un luogo-rifugio per amanti.

Vincent Van Gogh, he Large Plane Trees (Road Menders at Saint-Rémy), 1889 The Cleveland Museum  of Art, Ohio
Vincent Van Gogh, he Large Plane Trees (Road Menders at Saint-Rémy), 1889 The Cleveland Museum  of Art, Ohio

Accanto ai lavori prodotti dalla diretta osservazione della natura, si pongono quelli realizzati in studio e quanto percepito, mediato dalla memoria, infonde nelle opere particolare emozione che si trasmette a chi guarda. E’ questo il momento della “Starry Night over de Rhône”, dei “Girasoli”, de “L’arlesienne”. E’ anche un periodo di osservazione dei lavoratori intenti al loro umile lavoro, cosa che si ricollega al periodo londinese (“Red Vineyard in Arles”, “The Sower”, “Olive Grove with Two Olive Pickers”, “The Stevedores”).

Ma qui siamo in un Sud che esaspera i colori. Gli oliveti diventano un motivo di ricerca volta a sviscerare tutte le nuances percepibili. Scrive a Theo (28.9.1889): “Gli olivi sono davvero particolari e io mi dibatto per catturare la loro essenza. C’è argento, qualche volta più blu, talvolta verdastro, bronzo, bianco su sottofondo giallo, rosa, porpora o arancio fino a un monotono ocra”.

Negli alberi c’è anche il dolore: “Tu puoi capire che questa combinazione di rosso ocra, di verde intristito dal grigio, misto a tratti neri…. fa un poco emergere i sentimenti d’ansia di cui miei compagni di sfortuna spesso soffrono” (a Emile Bernard 26.11.1889).

Vincent Van Gogh, Olive Grove, Saint-Rémy, 1889 Göteborgs konstmuseum, Gothenbur
Vincent Van Gogh, Olive Grove, Saint-Rémy, 1889 Göteborgs konstmuseum, Gothenburg

Il dipinto che diventa musica (“In a painting I’d like to say something consoling, like a piece of music”, a Theo, 3.9.1888), l’amore di due amanti rappresentato in un matrimonio di colori complementari e contrastanti che producono misteriose vibrazioni di toni adiacenti tra loro  (a Theo, ibid.), ci permettono di addentrarci sempre più nella scoperta di questo genio a suo tempo incompreso e ancora oggi non abbastanza conosciuto.

La mostra della National Gallery è un ulteriore importante contributo per la ricerca nelle 61 opere esposte, scelte con raffinato rigore tra dipinti ad olio e disegni a grafite, gessetto, inchiostro su carta, suddivise in sei stanze con pannelli che illustrano il percorso e integrati da brani sapientemente tratti dall’ampissimo carteggio di Van Gogh.

Tutto questo è stato possibile anche grazie all’interazione con altri Musei (in particolare Musée d’Orsay, Kröller-Müller Museum, Van Gogh Museum di Amsterdam, Philadelphia Museum of Art, Norton Simon Museum di Pasadena, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma) e collezioni private, nonché al sostegno di mecenati. Un corposo catalogo con saggi di diversi autori e ottime riproduzioni fotografiche correda questa storica mostra che si concluderà il 19 gennaio 2025.

Fonti:

Carol Jacobi et Al. (a cura di), Van Gogh and Britain, London, Tate Enterprises Ltd, 2019;

Cornelia Homburg et Al. (a cura di), Van Gogh Poets and Lovers, London, Yale University Press, 2024

Riproduzioni fotografiche: le fotografie di cui al presente articolo sono state scattate da Maurizia Leoncini in corso di esposizione.

Maurizia Leoncinifreelance journalist

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