L’Europa e la sovranità: la storia del progetto europeo nei rapporti tra Italia e Francia

Un libro ripercorre slanci e dubbi del percorso comune. Con un caveat: se l’Europa non cambia, morirà

L’idea di Europa unita è nata dopo due guerre mondiali, con l’obiettivo – anzi, la necessità – di costituire un’entità sovranazionale in grado di mantenere quella pace a cui i singoli Stati avevano clamorosamente rinunciato. Un libro ripercorre quel sogno incompiuto raccontandone entusiasmi e slanci ma anche dubbi e ripiegamenti attraverso la lente dei rapporti tra Italia e Francia, due tra i Paesi fondatori il cui apporto al progetto europeo è tuttora indispensabile. Il volume si intitola “L’Europa e la Sovranità. Riflessioni italo-francesi (1897-2023)”, è pubblicato da Rubbettino ed è curato da Maria Elena Cavallaro, docente di Storia delle Relazioni alla Luiss; Dominque Reynié che insegna Studi Europei a Sciences Po, e Gaetano Quagliariello, presidente della Fondazione Magna Carta ed ex ministro delle Riforme Istituzionali.

Gaetano Quagliariello

Il saggio contiene gli interventi di 22 tra capi di Stato, capi di governo e intellettuali italiani o francesi attraverso un secolo e un quarto di storia contemporanea: dai precursori come Aristide Briand e Luigi Einaudi ai pionieri come Robert Schuman, Alcide De Gasperi, Altiero Spinelli; dal “momento De Gaulle” alla politica estera della Prima Repubblica con Aldo Moro, Bettino Craxi e Giulio Andreotti; dai grandi presidenti della Commissione Europea come Romano Prodi e Jacques Delors ai protagonisti dell’ultima fase politico-economica come Mario Draghi ed Emmanuel Macron. E ripercorre quelle che Quagliariello chiama “convergenze intermittenti” tra Roma e Parigi. Dalla nascita della Ceca (che mise vincitori e vinti allo stesso tavolo) al fallimento della Ced (deciso dai francesi ma dove l’Italia giocò di rimessa), poi il delinearsi da un lato dell’asse franco-tedesco e dall’altro l’apertura verso Mediterraneo, Medio Oriente e Nord Africa per l’Italia. Fino al trattato del Quirinale firmato nel 2021.

Alcide De Gasperi

Presentato alla Sala delle Colonne della Luiss – alla presenza dell’ex Guardasigilli Paola Severino oggi a capo della School of Law, dell’ex leader Ds Piero Fassino, dello storico Marc Lazar, del direttore della rivista online di geopolitica “Le Grand Continent” Gilles Gressani, del direttore della School of Government Giovanni Orsina, del direttore del dipartimento di Scienze Politiche Sergio Fabbrini –  il libro ha dato origine a un dibattito arrivato fino all’attualità. Le fughe in avanti sull’Ucraina di Macron, che pure è l’unico leader francese a parlare di sovranità europea e che  “traina” il Vecchio l’Europa sull’Ucraina sollecitando il tentennante cancelliere Scholz. Le preoccupazioni di due italiani (Draghi ed Enrico Letta) che incaricati di delineare l’Ue del futuro hanno lanciato l’allarme che essa potrebbe non sopravvivere a questa fase. Umore cupo confermato da Macron il 25 aprile scorso alla Sorbona: “L’Europa è mortale”.

Emmanuel Macron

Tema chiave è lo spazio – sempre vagheggiato e mai realizzato – di difesa e sicurezza comune. Nel libro già Schuman, nel famoso discorso del 1951 al Consiglio d’Europa, si pone l’obiettivo di un esercito comune, e come lui De Gasperi in chiave di difesa esterna ed interna (cioè, contro guerre le civili) finanziandolo con quote di tassazione nazionale in un bilancio comune. C’è poi la lettera di De Gasperi a Fanfani scritta da Borgo Valsugana dopo la bocciatura francese della Ced nel 1954: “Sono molto buio e spero che forse il mio isolamento mi faccia vedere più nero di ciò che sarà”. Non andò così, e oggi il contesto internazionale ha purtroppo riportato il tema alla ribalta. Il libro ripropone il discorso di Macron alla Sorbona del 2017, che oltre a lanciare un’accademia europea di intelligence ipotizzava un modello “legione francese” con soldati di altri Paesi Ue negli eserciti nazionali. Ora c’è da fronteggiare il crescente disimpegno americano, e chissà se gli Stati Uniti d’Europa nasceranno anche da questa sfida.

Mario Draghi

Interessante anche il discorso di Draghi quando ha ricevuto la laurea honoris causa a Bologna da presidente della Bce (nel 2019). L’ex premier ritiene che in un mondo globalizzato e interconnesso l’integrazione sia presupposto e non limite per esercitare la sovranità. Ovvero stare fuori dall’Ue garantisce più indipendenza ma non più sovranità, rendendo più vulnerabili all’azione di lobby, trust e speculazione. Cita due esempi in cui Bruxelles ha agito come “ombrello” per le nazioni: l’euro e il mercato comune. Solo per i Paesi più grandi come Usa o Cina le due cose, indipendenza e sovranità, possono coincidere. Si tratta allora di capire se, a corollario, servono politiche comuni più forti e poteri di regolamentazione più incisivi in materia di  unione fiscale, mercato del lavoro, dritti dei consumatori, antitrust. E come si possono adeguare le istituzioni a questo obiettivo.

Tutto, insomma, gira intorno alla più grande questione politica: la sovranità. Quale equilibro tra sovranità europea e sovranità nazionale? Serve oggi più Europa o meno Europa, come recita il paradossale slogan di Matteo Salvini per le Europee? Le sfide sono tante: immigrazione, politica agricola, transizione digitale, concorrenza, nuovo mondo multipolare, futuro dell’Ucraina. E la certezza una sola: se l’Europa non riesce a cambiare, non sopravviverà.

 

Federica FantozziGiornalista

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