Anna Zafesova, come ne esce l’Europa orientale dopo tre anni di conflitto in Ucraina?
Sul fronte Est Europa, in generale, c’è una forte percezione di insicurezza. Sembrava di essere di fronte alla grande svolta dell’Europa dell’Est che usciva dall’orbita coloniale dell’ex Unione Sovietica per entrare in Europa: l’Ucraina ha mostrato come questo avvicinamento all’Europa purtroppo non è definitivo ed è stato messo in discussione dall’esterno, cioè dal regime di Putin. Ma anche dall’interno. La situazione più visibile ovviamente è quella dell’Ungheria di Viktor Orban, poi la Slovacchia e il caso della Romania dove è appena arrivata la notizia che la Corte Suprema ha annullato il primo turno delle elezioni presidenziali nel quale aveva vinto il filo-russo Georgescu.
Potremmo dire che l’Europa dell’Est rivive questa sua percezione storica di insicurezza, di essere l’eterno terreno di gioco tra diverse potenze, a cominciare dalla Russia. Si torna a temere per il proprio futuro, il che in alcuni Paesi come la Polonia o le Repubbliche baltiche si riflette nelle politiche anche a livello di misure militari, finanziamenti per la difesa. C’è la consapevolezza che esiste un pericolo che probabilmente durerà per anni se non per decenni.
Anche la Germania sembra completamente in balia del conflitto… cosa potrebbe succedere ora? C’è lo zampino russo nelle elezioni di febbraio?
Credo che la telefonata di Olaf Scholz al Cremlino sia stata dettata da ragionamenti di politica interna. Per quanto riguarda l’AfD, il partito dell’ultradestra, sicuramente ci sono già stati casi dimostrati di legami di rappresentanti di questo partito con Mosca. Una vittoria o comunque un risultato importante di Alternative für Deutschland alle elezioni sarebbe un risultato che piacerebbe a Mosca. Ho ragione di pensare che durante la campagna elettorale vedremo una pesante scommessa della Russia su questi suoi alleati.
Poi c’è il caso rumeno, con la cancellazione del risultato elettorale dopo le acclarate ingerenze russe. Precedentemente le ingerenze russe sono state molto visibili nelle elezioni presidenziali in Moldova e nel referendum del paese per l’adesione all’Europa. A questo punto credo che, non solo in Germania, si tengano gli occhi aperti sui rischi di ingerenza.
Non c’è solo l’Europa però, anche la Siria e la Corea si sono inserite in questo condizionamento del conflitto. La questione siriana ha dimostrato comunque come la Russia abbia delle difficoltà a gestire più fronti…
Per quanto riguarda la Siria, vedremo come evolve, ma sicuramente le vicende in Medio Oriente dimostra come Putin si sia trovato in difficoltà e come si sia trovato in difficoltà anche nello scegliersi gli alleati. Quando Putin è entrato in guerra dalla parte di Assad nel 2015 voleva infastidire gli Usa e rientrare nel gioco internazionale. La Siria sarebbe sacrificabile per Putin.
Non è sacrificabile invece per un altro alleato russo come l’Iran. Inoltre va detto che la Russia non ha le stesse possibilità di un tempo: le milizie della Wagner sono state fortemente ridimensionate dopo il tentato golpe di Prigozin. Il grosso delle truppe russe è impegnato in Ucraina.
La Corea del Nord è un’alleanza che avvantaggia Pyongyang, che può emanciparsi dalla Cina e avere un alleato in più. Pechino non sembra soddisfatta da questa alleanza.
Però lì non sopravvaluterei il coinvolgimento della Corea del Nord nella guerra contro l’Ucraina. Può anche essere letto in un senso opposto rispetto alla lettura prevalente: Putin ha talmente poche risorse, anche umane, da dover indebitarsi, chiedere dei favori e indebitarsi perché non ha altre risorse.
Si tratta di una situazione pericolosa?
Il pericolo ovviamente è quale può essere la merce di scambio tra Kim e Putin. Se oltre a regalargli pavoni per lo zoo di Pyongyang gli dà, come molti temono, le tecnologie per i missili balistici, sicuramente è qualcosa che può cambiare l’equilibrio in tutta la regione del Pacifico Asiatico e sicuramente potrebbero risentirne Corea del Sud, Giappone e la stessa Cina.
Putin esce rafforzato o indebolito da questo conflitto? Sembra che molti in Europa rimpiangano i rapporti con l’autocrate…
Non mi sembra che ci sia nostalgia di Putin come partner energetico in Europa. Non si può più contare sul gas russo, ma non mi sembra che gli impatti siano stati catastrofici. C’è stata un’impennata di costi per un periodo tutto sommato contenuto, dopodiché le bollette si sono ridimensionate: resta un contraccolpo sulle aziende europee ma questo dipende solo in piccola parte dalla questione russa, si tratta più che altro di difficoltà di tipo interno.
Potremmo dire che si vive un assaggio di quel futuro di indipendenza energetica della quale si è parlato per tanto tempo senza far nulla. Ricordo che nel 2014 la quota di gas russo si era ridotta per timori politici salvo ricrescere in un secondo momento. Ora è tendente allo zero. Per il momento siamo intorno al 10%, ma è chiaro che va a estinguersi, anche perché si chiude il transito attraverso l’Ucraina.
In termini di popolarità come se la sta vedendo il presidente russo?
Per quanto riguarda la popolarità di Putin all’interno sarei più prudente. È vero che è una guerra che nessuno vuole combattere in persona, o per meglio dire, tutti quelli che volevano combatterla in cambio di soldi si sono più o meno esauriti, ed abbiamo visto quanto sono aumentate le remunerazioni nel tempo. Tuttavia prima o poi il Cremlino probabilmente dovrà andare incontro a una chiamata generale alle armi, ma si tratta di una scelta impopolare.
Vede, la percezione della guerra è meno acuta di quanto non lo fosse nei primi due anni di guerra. Dai sondaggi – premesso che i sondaggi russi siano affidabili – risulta che il numero di quelli che vorrebbero un negoziato supera nettamente, e da molto tempo, il numero di quelli che vorrebbero proseguire la guerra a oltranza. Più della metà dei russi vorrebbe una trattativa invece di proseguire il conflitto contro l’Ucraina. C’è stanchezza della guerra e di Putin, ma sembra di vedere una sorta di rassegnazione per quello che accade. Molti ritengono che la guerra vada vinta perché altrimenti si uscirebbe sconfitti ed umiliati e costretti a pagare i danni all’Ucraina.
Ad aumentare quindi è soprattutto la rassegnazione rispetto a due anni fa. Ovviamente sono tutte percezioni soggette a rapidi cambiamenti: è molto probabile che il quarto anno sarà quello in cui le risorse cominceranno a scarseggiare.
A quel punto, Putin cosa farà?
Cercherà le risorse mancanti togliendole ad altri.
Francesco Fatone – Giornalista