La violenza dei giovani oggi e la “storia dimenticata”. Ma i giovani d’oggi sono davvero più violenti di quelli di ieri?

Il nostro Paese è sempre più inghiottito da una cappa di populismo che ormai avvolge, salvo qualche rara eccezione, l’intero sistema politico italiano. Populismo che non si limita alle dinamiche meramente politiche, ma dopo aver contagiato anche materie delicate quali il diritto penale ed il sistema giudiziario italiano, ora si appresta a contaminare la storia. Con l’ausilio di buona parte dei mezzi di informazione.

Prima di spiegare il perché di questa affermazione decisamente forte, occorre fare un piccolo passo indietro.

Qualche mese fa, su queste colonne, in occasione sia della tragedia di Casal Palocco in cui morì il piccolo Manuel, sia dell’omicidio di Giulia Tramontano, scrissi un lungo articolo, in cui evidenziavo come ogni qualvolta venga commesso un delitto efferato, una violenza sessuale od un crimine particolarmente violento in grado di scuotere l’opinione pubblica, pavlovaniamente il dibattito mediatico è invaso dalla richiesta di inasprire il regime sanzionatorio, e i politici italiani seguendo i media e l’indignazione dell’opinione pubblica, cavalcano anch’essi lo sdegno popolare (anzi spesso sono proprio loro ad alimentarlo), ignorando, tuttavia, che i dati e le statistiche dimostrano chiaramente che la gravità della sanzione non genera un effetto deterrente.

 

 

Casal Palocco, Suv piomba su una Smart: muore Manuel, bimbo di 5 anni - BergamoNews

 

 

Ecco, dunque, che anche quest’estate, dopo la violenza sessuale di gruppo compiuta ai danni della ragazza di Palermo, sono state tantissime le “autorevoli” figure politiche che hanno chiesto il solito inasprimento delle pene, arrivando addirittura ad invocare la castrazione chimica (già presentata all’interno di un emendamento nella passata legislatura, poi ritirato) che tra l’altro sarebbe incostituzionale, dal momento in cui, come afferma il Professor Sabino Cassese “intervenire sul corpo di una persona sarebbe inumano” e, di conseguenza, contrario a quanto previsto dall’art. 27 della Costituzione.

 

 

Violenza sessuale di gruppo a Palermo, il racconto choc della vittima: urlavo ma nessuno mi ha aiutata | Seguo News

 

 

Ma se del riflesso pavloviano di aumentare pene ed introdurre reati abbiamo già parlato, costatando ormai a malincuore (per chi si definisce un minimo “garantista”) che questo risulta da un paio di anni in qua l’unico strumento attraverso il quale la politica, praticamente di qualsiasi colore, affronta fatti di cronaca che turbano l’opinione pubblica, nelle ultime settimane si è giunti ad uno step successivo, in cui tutti i mezzi di informazione giocano un ruolo fondamentale e funzionale a questa narrazione: dimenticare e riscrivere la storia, omettendo dati e notizie, ricordando bene che la frase “chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato”, di orwelliana memoria, è decisamente funzionale a perorare la tesi dei giovani di oggi sempre più violenti rispetto ai “santi giovincelli” del passato.

Ogni giorno, infatti, abbiamo assistito (dovrei dire assistiamo visto che la narrazione continua) ad un bombardamento quotidiano da parte della gran parte dei giornali e telegiornali, i quali facendo sponda alle dichiarazioni dei politici (e viceversa), e parafrasando il direttore del Foglio Claudio Cerasa, “abusano” della cronaca nera (in questo caso giovanile), fornendo un’immagine dell’Italia totalmente diversa da quella reale.

Nelle ultime settimane non ci si è più, dunque, limitati a riproporre nuovi reati o pene più dure. Si è andati, come spesso accade, oltre, aprendo un ulteriore dibattito, già più volte riproposto, su una maggiore pericolosità dei giovani di oggi, collegata ad una loro presunta precoce crescita rispetto ai loro coetanei di quaranta – cinquanta anni fa, a tal punto da chiedere l’abbassamento dell’età imputabile addirittura sotto i 14 anni.

Su questo tema, buona parte della maggioranza, ed in primis la Lega attraverso il suo segretario e vicepresidente del Consigli Matteo Salvini e vari esponenti del suo partito tra cui la senatrice Giulia Bongiorno (ex ministro della Pubblica Amministrazione, attuale presidente della Commissione Giustizia del Senato), ha continuato ad affermare la necessità di introdurre nuove norme volte a porre un freno alla violenza dei minori, tra cui, appunto l’abbassamento della soglia di imputabilità. Per fortuna (sempre per noi garantisti) nel decreto baby gang, approvato in Cdm il 7 settembre, l’abbassamento dell’età per imputabilità è stato stracciato.

Ora, senza entrare né nel merito della capacità di intendere e di volere di un under 14 (che si può definire in certi casi ancora bambino), né nelle conseguenze che questa proposta potrebbe generare nei confronti dei giovanissimi che finirebbero negli istituti di pena, mi chiedo sinceramente come si possa affermare che i giovani di oggi siano più violenti di quelli di quarant’anni o cinquant’anni fa. Forse chi afferma questo dimentica i diciottenni ammazzati dai rispettivi coetanei durante gli anni di piombo. Dimentica, ad esempio, la violenza con cui il diciannovenne Sergio Ramelli venne ucciso con colpi di chiave inglese da un gruppo di extraparlamentari suoi coetanei solo perché militante del Fronte della Gioventù, dimentica l’omicidio di Alberto Brasili anche lui diciannovenne accoltellato in pieno centro a Milano da giovani sanbabilini, dimentica il rogo di Primavalle (di cui ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario dalla strage), dimentica Fausto e Iaio, l’omicidio di Mario Zicchieri e centinaia di altri assassinii figli di una violenza oggi ormai inimmaginabile. Dimentica il delitto del Circeo, compiuto da giovani della cosiddetta “Roma bene”.

E forse non ricorda nemmeno che l’immagine simbolo degli anni di piombo ritrae un ragazzo di nemmeno diciannove anni, Giuseppe Memeo, che spara negli scontri di quel maledetto 14 maggio ’77 in cui perderà la vita un altro giovane, il poliziotto appena venticinquenne Antonio Custra. Si potrebbero elencare all’infinito le vittime e i carnefici giovanili di quegli anni in cui davvero nelle strade del nostro Paese imperversava una dilagante violenza giovanile. Erano altri tempi certo, anni in cui si moriva per il semplice rifiuto di un volantino o per aver attraversato la via sbagliato con un giubbotto sbagliato. Anni in cui si moriva di politica e per la politica.

Oggi, per fortuna, è impensabile che un ragazzino di 15 anni uccida o venga ucciso per ideologiapolitica. Oggi a 15 anni, e qui dico purtroppo, è altamente improbabile trovare un giovane che perstrada ti consegna un volantino. Si, i giovani di oggi, sono forse meno colti rispetto a cinquant’anni fa, leggono meno, passano meno tempo in strada, e più tempo incollati allo schermo degli smartphone assorbiti nella convinzione di vivere una vita che in realtà non vivono. Ma no, non sono più violenti.

Ecco perché continuare a narrare che le metropoli italiane siano delle Gotham City in balìa di adolescenti-criminali, omettendo, al contempo, di indicare i dati che dimostrano tutt’altro (nessuno, ad esempio, ricorda mai che il nostro Paese da anni sia diventato uno dei paesi più sicuri d’Europa, il terzo dopo Norvegia e Svizzera) è un insulto alla memoria storica di questo paese e figlio di quel populismo che ormai ha oltrepassato la logica politica e continua a contagiare altri delicati settori del nostro Stato.

 

Francesco SpartàGiornalista pubblicista e Tutor Accademico presso Luiss Guido Carli

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