La Saga dei Versace

In un libro di Santo Versace la storia di famiglia. Una favola che dura ancora

“Fratelli, una famiglia italiana, presentato a Roma, alla libreria Libraccio di Via Nazionale, il nuovo libro di Santo Versace, un evento che si è imposto all’attenzione pur in questi giorni di feste. Presente con l’autore anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. «Ho scritto questo libro- sottolinea Santo Versace– per chiudere un’epoca, soprattutto la tragedia di Miami». E in questo suo saggio dai toni quasi “intimi” il fratello amatissimo di Gianni Versace la ricostruisce per la prima volta in pubblico senza nessuna mediazione.

 

 

 

 

“Avevo la gestione di tutto, tutto quello che non appariva lo gestivo io. Gianni gestiva dall’inizio della collezione alla sfilata e la comunicazione. Il resto era tutto compito mio. Quel giorno lui non doveva andare a Miami. Eravamo a Parigi, Elton John lo invitò in Costa Azzurra. Gianni aveva voglia di andare in America, non era previsto Miami, doveva tornare. A Miami avevamo una casa bellissima. Non era previsto Miami e non era prevista la sua fine. Lui mi diceva sempre “io sono più giovane di te, io sono immortale, quando non ci sarai più mi occuperò dei tuoi figli”.

Santo Versace sulle prime non capisce, o forse fa finta di non capire, ma la realtà è terribile.

“Quando arrivò la notizia la mia risposta fu secca, Gianni non è morto, perché Gianni è immortale!”.

Poi di corsa in aereoporto per Miami.

“Io mi trovavo all’Hassler. A un certo punto, arrivò l’allora presidente della Camera della Moda, piangendo, che disse che Gianni Versace era morto. Io risposi: “Gianni è immortale”. Da lì partimmo per Ciampino e quando arrivammo a Miami volemmo vedere il corpo di Gianni. In quel momento ho preso coscienza del fatto che lui non c’era più veramente. Fui io a decidere per la cremazione”.

Santo arriva a Miami e si rende conto che Gianni se ne è andato davvero.

“Una volta arrivati a Miami, sono voluto andare a vedere Gianni – prosegue -. Era notte, l’ospedale era chiuso ma abbiamo fatto il “diavolo a quattro”. Ci hanno aperto e abbiamo visto Gianni ed era finita, ho preso coscienza che non c’era più… Da quell’evento ci ho messo tantissimi anni a superarlo. Questo libro mi libera completamente anche dalla tragedia di Miami. Per quattro anni, quando non lavoravo, andavo ogni fine settimana al Lago di Como e dormivo nel suo letto, e piangevo;  era come se cercassi di recuperarlo, di riprenderlo”.

Ma dopo la morte di Gianni, Santo Versace rincorre la verità ad ogni costo.

“Alla fine, noi abbiamo dimostrato in ogni angolo del mondo che era tutto falso, qualunque situazione che è stata scritta su Gianni, abbiamo dimostrato tranquillamente che era totalmente falsa. Quell’uomo aveva già ucciso quattro persone lungo l’America, era un serial killer. L’FBI ci disse subito che cercava un personaggio celebre per restare nella storia, pensava a Tom Cruise, Madonna, Sylvester Stallone… un mitomane”.

La metafora della navigazione per spiegare l’impresa creativa dei Versace.

“I rapporti tra fratelli non seguono regole precise. Piuttosto, seguono le onde della vita. Ci si unisce e ci si disunisce, ci si allontana e ci si riavvicina. Si naviga a vista. Calma piatta o mareggiate. Qualcuno che casca fuoribordo e qualcuno che lo riacciuffa. Si arriva in porto navigando en souplesse o si è costretti a scappare, inseguiti dagli squali. Se devo dire qual è stato e qual è tuttora l’aspetto più straordinario della mia vita, più ancora dei risultati ottenuti, mi ha entusiasmato la navigazione. Ho seguito il vento, ho seguito il vento della nostra famiglia. Ho imparato a vivere dai miei genitori, ho incoraggiato i progetti di Gianni e poi di Donatella, ho protetto il nostro patrimonio”.

 

 

Donatella Versace

 

 

Una saga che è anche una favola, una storia di successo, una pagina tutta italiana, che fa di Santo Versace uno dei punti di riferimento della moda nel mondo.

Gianni e Santo, ma senza Santo Gianni si sentiva sempre più solo. Un lungo viaggio nel tempo, che inizia a Reggio Calabria e che lo porta a Milano e poi alla conquista del mondo intero.

La storia di un uomo, questa di Santo Versace, che di vite ne ha vissute mille, “ha maneggiato il potere, la ricchezza, la fama, non ha avuto paura di rischiare, credere nei sogni e nelle passioni, è stato capace di pensare in grande e attraversare le avversità senza farsi spezzare”. E che soprattutto non è mai fuggito dal suo ruolo: quello del fratello maggiore. Ha saputo affiancare Gianni per tutta la vita e tradurre la sua arte in quell’azienda che i tre fratelli insieme hanno trasformato in mito. Ha tenuto dritto il timone anche nelle notti più buie, quando i dolori, e le difficoltà hanno travolto la famiglia, perché questa non è solo la storia di un uomo ma è anche quella di un cognome: “Versace”.

Il curriculum di Santo Versace è il classico curriculum da primo della classe, un numero uno in senso assoluto, un giovane imprenditore che scala la montagna della finanza internazionale con la stessa nonchalance con cui suo fratello diventa la star modiale della moda.

Nato a Reggio Calabria il 2 gennaio 1945, incomincia a occuparsi degli affari di famiglia nel 1968, coltivando nel frattempo anche la passione per lo sport. Campione di basket nella Viola Reggio Calabria in serie B, da ragazzo ha anche fatto politica, esordisce nel Partito Socialista Italiano, diventa vicesegretario provinciale del partito, nel 1968 si laurea in Economia e Commercio all’Università di Messina e trova il suo primo impiego alla filiale di Reggio Calabria della Banca di Credito Italiano, per poi aprire uno studio di commercialista a Reggio Calabria. Nel 1976 si trasferisce poi definitivamente a Milano, dove inizia a lavorare a tempo pieno con il fratello Gianni nel campo della moda. Un anno dopo nasce ufficialmente la Gianni Versace SpA, di cui Santo è presidente dalla data di costituzione e fino al 2004, possedendo una quota del 30%. Negli anni ’90 trova anche il modo di lavorare in televisione per la Syndication Italia 7, partecipando come voce fuori campo alla trasmissione di seconda serata “Le altre notti”.

Nel 1998 diventa azionista della Viola Basket di Reggio Calabria, società sportiva della sua città, e l’occasione è ideale per ritrovare i meglio della sua infanzia reggina tra amici e tifosi che lo considerano uno straordinario benefattore e mecenate dello sport.

Dal giugno 1998 all’ottobre 1999 diventa “Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana”, e poi presidente di Operation Smile Italia Onlus. Alle elezioni politiche del 2008 viene eletto alla Camera dei deputati nelle liste del Popolo della Libertà nella circoscrizione Calabria. Il 26 luglio 2011, durante l’iter di approvazione del disegno di legge volto a introdurre l’aggravante di omofobia nel codice penale italiano, esprime il suo voto contrario alla pregiudiziale di costituzionalità proposta da Rocco Buttiglione e sostenuta dalla maggioranza. Il 29 settembre dello stesso anno lascia il Popolo della Libertà con una lettera indirizzata al capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto e al Presidente della Camera Gianfranco Fini, aderendo al gruppo misto. Segno di una personalità forte, di uno spirito libero, e di un carattere ribelle ai soprusi o peggio ancora alle imposizioni delle lobby della politica.

Quella legge che porta il suo nome e di Reguzzoni per la tutela del made in Italy.

Ma prima di lasciare definitivamente Monteciotorio Santo Versace lascia un segno indelebile del suo percorso politico e della sua esperienza di parlamentare, dando il suo nome alla famosa Legge Reguzzoni-Versace”, che firma e propone insieme al deputato leghista Marco Reguzzoni, e che nei fatti disciplina l’etichettatura “Made in Italy” e introduce l’obbligo della tracciabilità delle lavorazioni tessili. Una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’economia e dell’industria.

Il 9 marzo 2014 viene eletto per acclamazione Presidente dell’Assemblea Nazionale di “Fare per Fermare il Declino”, e dal 2015 al 2016 entra a far parte della direzione nazionale di Italia Unica, movimento politico dell’ex ministro Corrado Passera. Poi l’addio alla politica e il suo esordio come saggista e scrittore della storia di famiglia. Un cerchio che si richiude su sé stesso, per ricominciare immediatamente dopo “da dove eravamo partiti”.

 

Pino NanoGiornalista- Già Capo redattore centrale Rai

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