Intervista a tutto campo al presidente dell’Aci Angelo Sticchi Damiani

Tra i temi affrontati: L’educazione stradale andrebbe resa obbligatoria nelle scuole. Nel decennio 2010-2020 gli incidenti stradali gravi sono diminuiti del 40 per cento. Le sanzioni severe possono avere un effetto deterrente ma la via maestra è una forte educazione e una più matura coscienza di chi guida, nel rispetto della vita delle persone. Il fenomeno dei monopattini sta diventando allarmante, andrebbe regolamentato a cominciare dall’obbligo del casco. Le campagne dell’Aci. La bella tradizione delle auto storiche. Entro 5-10 anni forte aumento delle auto elettriche nei centri urbani.

L’Aci – l’Automobile Club d’Italia – è una delle più importanti istituzioni, ramificate in ogni angolo d’Italia, come la Banca d’Italia o l’Arma dei Carabinieri. Che effetto fa avere, dall’angolo visuale dell’auto e della circolazione, il polso del Paese?

La ringrazio del paragone con due delle più prestigiose Istituzioni, ma è immeritato. ACI ha però un privilegio: il milione di soci ACI e i milioni di automobilisti che ogni anno si rivolgono a noi per le necessità legate ai loro veicoli, proprio attraverso i tanti presidi in tutta Italia. Dal nostro punto di vista vediamo un Paese dinamico, con tanta voglia di fare ma che ha bisogno di certezze, prima tra tutte su quale auto acquistare per essere liberi nella circolazione per almeno qualche anno.

Rispetto agli anni precedenti, e sotto la sua guida, l’ACI dall’occuparsi solo di patenti e bolli, ha allargato i suoi compiti e il suo raggio d’azione. Vogliamo riassumerli?

Abbiamo semplicemente rilanciato la nostra storica missione: tutelare gli automobilisti nel senso più ampio del termine, da quando utilizzano un veicolo a quando riaprono la porta di casa. Al contempo cerchiamo di accompagnare la profonda trasformazione della mobilità, che tocca tutti i cittadini, aiutando a capirne e a sfruttarne i vantaggi e segnalando possibili criticità. Inoltre presidiamo la sicurezza stradale, per noi un mantra, e garantiamo lo sviluppo della parte sportiva e storica dell’automobilismo.

L’ACI è molto impegnata nel sociale con efficaci campagne di sensibilizzazione. Vogliamo ricordare in ordine di tempo l’ultima e la prossima? C’è in programma qualche iniziativa in questo senso?

L’ultima aveva per titolo “Vieni via con me”, un inno alla ripartenza del Paese dopo il drammatico periodo del lockdown e un contributo di ACI per riscoprire la forza degli italiani. Sentiamo la responsabilità di assistere gli italiani nella loro mobilità, che è uno degli elementi cardine del progresso sociale ed economico, perché sia la più sicura e la più idonea alle necessità di ognuno. La prossima iniziativa in tal senso è la partnership con il Giro d’Italia di Ciclismo per favorire la cultura del rispetto sulla strada tra automobilisti, ciclisti e pedoni.

Molte campagne puntano in sostanza alla educazione del cittadino guidatore. Gli italiani come guidano?

Gli italiani guidano bene e hanno il piacere della guida, più che in altre nazioni. Non di meno gli incidenti con lesioni sono comunque troppi ed occorre sempre ricordarsi delle insidie e dei pericoli al volante. Per questo ACI non si stancherà mai di insistere e di proporre quei corretti comportamenti che aumentano la sicurezza e riducono le vittime.

Sul guidatore italiano, confrontato con quelli degli altri Paesi europei, sono fiorite vignette sui comportamenti anomali. Se dovesse elencare i principali difetti dei guidatori italiani da dove comincerebbe? Parliamo in primis dei comportamenti in autostrada e sulle strade statali.

Mi perdoni ma non amo ragionare per stereotipi, tipo pizza e mandolino o il gesticolare. I difetti alla guida sono quelli che minano la sicurezza delle strade, a iniziare dalla sicurezza degli utenti più vulnerabili quali i pedoni, i disabili e i ciclisti. In questo non vedo differenze sostanziali, in tutto il mondo la principale concausa degli incidenti è la distrazione alla guida, spesso a causa del telefono, oltre naturalmente al mancato rispetto del Codice della Strada, dalla velocità eccessiva alla guida sotto stupefacenti.

E nei centri urbani?

Ancor più il difetto è la distrazione, perché si pensa che andando piano si possa rimediare. Un errore troppe volte con conseguenze drammatiche, perché nella viabilità cittadina pedoni, auto, bus, camion, bici, monopattini, moto si muovono insieme e vicinissimi. Basta un istante.

La vita umana si è allungata. Ma con tutto il rispetto far guidare chi ha compiuto 90 anni non è oggettivamente pericoloso? Certo ci sono casi particolari: un mio parente ha guidato fino a 99 anni poi i figli hanno implorato la Motorizzazione di non rinnovargli la patente…

Tocca un tasto delicato, che seguiamo con molta attenzione. L’auto è molte volte l’unica opportunità di autonomia, un mezzo di libertà per tutte le età. Privarne qualcuno non può farsi a cuor leggero ma al contempo occorre garantire la sicurezza di tutti. Per questo mano a mano che l’età avanza già a partire dai 50 anni l’esame medico per il rinnovo della patente diventa sempre più frequente, ogni due anni per gli over 80. Ritengo che questa sia la strada giusta, unitamente al rigore nelle visite mediche.

Secondo Lei, presidente, sarebbe necessaria, come per le vaccinazioni, una campagna di richiamo ogni tanti anni per far rinfrescare ad automobilisti e motociclisti norme di guida e di comportamento?

Certamente con il passare del tempo qualche norma viene dimenticata, oltre al fatto che il Codice della Strada è in continua evoluzione, come la mobilità. Inoltre c’è chi pratica la guida ogni giorno e chi solo episodicamente. Per questo, come le dicevo, ACI costantemente propone campagne di sensibilizzazione per i corretti comportamenti alla guida.

Le automobiline con targa piccola, insomma le minicar, hanno avuto uno sviluppo, hanno contribuito a risolvere qualche problema del traffico cittadino?

Non ho questa impressione, anche perché finora il fenomeno ha coinvolto principalmente i giovanissimi come alternativa al ciclomotore, quindi semmai ha aumentato il traffico. Non escludo, però, che con lo sviluppo di nuovi modelli a trazione elettrica per un uso urbano il loro utilizzo si allarghi, non riducendo il traffico ma contribuendo a limitare le emissioni di gas clima alteranti e di sostanze inquinanti.

E le auto elettriche? che tempi si prevedono per vederle come unico mezzo di locomozione nelle città?

Nessuno ha la palla di vetro e non si possono azzardare previsioni, per quanto la capacità dei veicoli a trazione elettrica già oggi sia in grado di rispondere alle esigenze di mobilità cittadina. Certamente nei prossimi 5-10 anni assisteremo ad una progressiva ed elevata trasformazione del parco auto verso alimentazioni a bassissimo impatto, quali l’elettrico o l’idrogeno.

Auto storiche: è un fenomeno che resta, si è sviluppato o ha avuto una flessione?

Le auto storiche sono una straordinaria passione che coinvolge sempre più donne e uomini, non lo definirei un fenomeno perché è ormai una realtà consolidata nel mondo che vede l’Italia quale punto di riferimento europeo. Una passione che coinvolge molti giovani grazie anche alle cosiddette young timer, vetture costruite dagli anni ’80 in poi che permettono di avvicinarsi alle auto storiche con piccoli investimenti.

Nel settore della circolazione, diciamo pure dei Trasporti, l’ACI ha una voce autorevole: viene interpellata quando si deve nominare il ministro dei Trasporti, come avveniva una volta in altri ambiti (la Confindustria per il ministro dell’Industria, La Federconsorzi per il ministro dell’Agricoltura)?

No, ACI non viene e non deve essere coinvolta. ACI è un ente pubblico e in quanto tale non è una controparte semmai una parte terza rispetto alle tematiche legate alla mobilità individuale e il dialogo con il Ministero e il Ministro è sempre di grande collaborazione.

L’educazione stradale non dovrebbe essere inserita come materia obbligatoria nelle scuole, dato il ruolo pervasivo dei mezzi di locomozione nella vita quotidiana delle persone?

Certamente sarebbe opportuno. Già dalle scuole elementari fornire elementi di base per l’educazione stradale contribuirebbe a formare migliori automobilisti per il domani ma soprattutto a evitare alcuni gravi incidenti che coinvolgono bambini e ragazzi. Come ACI in collaborazione con gli Automobil Club delle singole Province promuoviamo costantemente corsi nelle scuole per sensibilizzare sui pericoli della strada e su come evitarli.

Ogni tanto s’incontra con i suoi omologhi di Paesi europei?

Assolutamente e costantemente, ACI è membro della Federazione Internazionale dell’Automobilismo, la FIA, e sono numerosi e costanti gli incontri e i progetti con gli Automobile Club degli altri Paesi europei, e non solo, in diversi ambiti: dalla mobilità al motorsport, dalla sicurezza stradale al rispetto dell’ambiente. Ad esempio, recentemente abbiamo lanciato insieme il Green NCAP, un modello di analisi e certificazione dell’impatto ambientale dei singoli modelli di auto nel corso complessivo della loro vita, dalla costruzione alla demolizione: uno strumento per aiutare gli automobilisti a scegliere l’auto, come già accade da anni sul lato sicurezza con l’Euro NCAP.

Incidenti stradali, fanno ogni anno vittime come una guerra. E c’è una certa assuefazione.  C’è una tendenza alla diminuzione?

Tra il 2010 e il 2020, in Italia gli incidenti con lesioni gravi o vittime sono diminuiti di oltre il 40%, un grande risultato. Ma chiaramente non basta! Auto più sicure, infrastrutture stradali migliorate, maggior senso di responsabilità degli automobilisti, obblighi e norme più severi sono le ragioni della diminuzione ma possiamo e dobbiamo fare di più, in particolare proprio partendo dal fattore umano, da chi è alla guida.

Quali, statisticamente, sono le principali cause degli incidenti?

Più che di cause parlerei di concause. Nella stragrande maggioranza dei casi gli incidenti gravi nascono da più cause contemporanee, la prima delle quali è la distrazione che è concausa in almeno l’80% dei casi. Poi certamente la velocità, il mancato rispetto della precedenza, la guida sotto stupefacenti o in stato di ebrezza.

Proporzionalmente, creano più incidenti mortali le auto o le moto?

Ogni anno ACI con ISTAT pubblica l’Osservatorio sulla Sicurezza Stradale che analizza tutti gli incidenti con feriti o vittime. Al di là di chi genera l’incidente, purtroppo in proporzione le vittime tra i motociclisti sono più alte come troppo elevate sono le vittime tra i pedoni e i ciclisti a cui si stanno aggiungendo i monopattini, tutti soggetti più vulnerabili rispetto all’automobilista.

Crede sia più efficace esercitare, da parte delle forze di polizia, la tolleranza zero col ritiro delle patenti e multe salate, o una continua campagna di educazione capillare?

Certamente l’effetto dissuasivo delle sanzioni è importante ma riteniamo che l’educazione ai corretti comportamenti alla guida, alla giusta cultura della mobilità, sia il dovere principale. Tutti sappiamo che passare con il rosso è vietato e che la multa è salata, eppure c’è chi lo fa perché non consapevole dei pericoli per sé e per gli altri. Occorre educarci al rispetto dell’altro sulla strada.

Il fenomeno dei monopattini  – ne accennava prima – che sfrecciano, specialmente, per le vie delle città non è sfuggito di mano a chi doveva disciplinarlo? Cosa si può fare per rendere più sicuro l’uso di questo mezzo in città?

Tocca un argomento complesso: da un lato l’uso responsabile del monopattino offre un’ulteriore alternativa per la una mobilità dolce e di basso impatto, dall’altro solleva nuove criticità alla sicurezza. Inoltre la natura stessa di questo micro-mezzo e del suo utilizzo (in gran parte attraverso lo sharing) rende complicata l’adozione di alcune protezioni, quali il casco, che a nostro avviso sarebbe da adottare. Sta di fatto che gli incidenti che coinvolgono i monopattini sono in allarmante crescita e che il rapporto tra incidenti e lesioni è quasi 1 a 1 come anche un loro utilizzo troppe volte quanto meno scriteriato.

I parcheggi sono diventati la dannazione degli automobilisti, non solo nelle città ma anche nei piccoli centri. Come si potrebbe risolvere questo problema che riguarda tutte le città?

La bellezza, la storia, la conformazione delle nostre città, grandi e piccole, vanno rispettate e questo complica naturalmente la vita dell’automobilista. Difficile quindi trovare un equilibrio, che comunque deve passare da un minor uso metropolitano dell’auto. Moltissimi veicoli vengono usati raramente e per pochi chilometri, ma ugualmente occupano parcheggi e spazio. La crescita dell’utilizzo di auto condivise, la diminuzione del numero dei veicoli e un maggiore uso del trasporto pubblico potenziato sono le soluzioni almeno parziali per migliorare le nostre città e la nostra vita.

Si ha un bel raccomandare agli italiani: lasciate l’auto in garage (per chi ce l’ha), prendete i mezzi pubblici. L’italiano all’auto e/o alla moto non rinuncia. Come se lo spiega? Abitudine? Mentalità? Pigrizia? Mezzi pubblici scarsi e poco funzionanti?

Le ragioni sono tante, certamente ci sono cattive abitudini, piccole pigrizie, ma non colpevolizzerei indistintamente. È oggettiva la difficoltà a spostarsi nel nostro tessuto urbano, anche per i mezzi pubblici, che come dicevo porta il senso di secoli di storia per successive stratificazioni. Quindi le ragioni sono un mix, diverso per ogni città, e deve essere un mix la ricerca della soluzione.

Se avesse poteri commissariali straordinari per affrontare i problemi della circolazione e del traffico, dall’alto della lunga esperienza che ha acquisito in tanti anni, che cosa farebbe? Ce ne dica almeno un paio, per dare l’idea

No, guardi, non mi permetto e non mi sento di salire in cattedra. Bacchette magiche non esistono, come facili soluzioni. L’unico suggerimento che mi sento di dare a tutti, a iniziare da noi, è di lavorare sodo e insieme, senza pregiudizi e tenendo sempre in considerazione le necessità di tutti.

Grazie presidente!

 

Mario Nanni – Direttore editoriale

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