Quella bambina si chiamava Liliana Segre.
Quella bambina 84 dopo, sempre in un giorno di ottobre, si è seduta su un altro banco, stavolta quello più alto del Senato per presiedere la seduta inaugurale della XIX legislatura. Toccava al presidente Napolitano, più anziano, ma non aveva potuto per ragioni di salute.
E così la senatrice Segre ha potuto fare un discorso che dovrebbe essere stampato e distribuito agli studenti delle scuole: dalle elementari all’Università: un modello di sobrietà, di alto valore civile, una lezione di stile e e di storia, un invito ai politici a smettere la politica urlata e a tenere un dialogo con gentilezza e mitezza (parole quasi fuori circolazione nel mondo politico italiano NdR)
Un discorso da vestale della Repubblica, che ha ricordato tre punti fermi su cui si deve reggere la convivenza democratica di un Paese:
1) la Costituzione non è un pezzo di carta ma il testamento di centomila morti caduti nella lotta per la libertà, una lotta – ha ricordato la senatrice a vita- che non è cominciata nel ’43 (con la Resistenza ma risale a Giacomo Matteotti, vittima del più grave delitto della Storia d’Italia della prima metà del Novecento.
2) le democrazie mature si reggono e si ritrovano in valori condivisi, istituzioni rispettate, emblemi riconosciuti. E ha simboleggiato tutto questo in tre date: 25 aprile, Primo Maggio e 2 giugno.
3) Rivolta ai senatori, ha detto: il Paese ci guarda. Bisogna servire le Istituzioni, non servirsi di esse.
Insomma, un discorso in cui è parso di sentire aleggiare lo spirito che animò i Padri Costituenti quando scrissero la Costituzione per una nuova Italia.
L’altezza di questo discorso è stata tale che il neopresidente La Russa, che le ha fatto omaggio di un mazzo di fiori, riferendosi alla sen. Segre non l’ha chiamata presidente provvisorio ma presidente morale.
Un riconoscimento venuto da un post fascista a una vittima delle infami leggi razziali fasciste. Non è solo un omaggio. Ѐ, oggettivamente, il riconoscimento e la rivincita della Storia.
Pangloss