Recita l’enciclopedia Treccani alla parola patriota: “Persona che ama la patria e mostra il suo amore lottando o combattendo per essa: i patrioti del Risorgimento; le persecuzioni dell’Austria contro i patrioti. Durante la seconda guerra mondiale, furono così chiamati i partigiani, specialmente nel primo periodo della lotta per la Resistenza”.
Ebbene, appena dopo l’elezione a presidente del Senato, l’on. Meloni si è congratulata con Ignazio La Russa, e tra l’altro lo ha appellato patriota. Una parola che nel gergo linguistico della Destra sovranista, specialmente nella declinazione più estrema, quella nazionalista, con la patria comunemente e tradizionalmente intesa ha poco o nulla a che fare.
Di grazia: quali battaglie patriottiche ha fatto il neo presidente La Russa?
Questo episodio suggerisce una osservazione: a certi livelli – per esempio quelli istituzionali, e qui stiamo parlando della seconda carica dello Stato – un certo armamentario linguistico, on. Meloni, andrebbe messo nel cantuccio dei ricordi di una militanza appassionata quanto si vuole ma sempre di parte. Per assumere un registro lessicale di sovrano distacco istituzionale.
La lingua, on. Meloni, glielo diciamo per consimili occasioni future, è come la frizione delle auto: può capitare qualche volta di slittare. E quindi seguitando di questo passo, c’è sempre il rischio che, magari pensando di parlare ai militanti della Garbatella, Lei rivolgendosi a La Russa finisca per chiamarlo “camerata”.
Pangloss