In tema di rapporto tra cattolici e politica

Non serve un partito unico e unitario di ispirazione cattolica, ma una unità sui valori che è trasversale agli schieramenti politici e che si appella ad una coscienza critica dei singoli che vogliano verificarsi nella ricerca del bene comune – obiettivi di una vera politica – alla luce del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa

Sul tema del rapporto tra cattolici e politica Ernesto Galli Della Loggia è tornato (Corriere della Sera, 29 agosto 2022) dopo circa un decennio per dire che niente è cambiato, parlando di «eclissi cattolica» perché «esiste un mondo cattolico che pensa, che scrive, che produce opere di ogni genere, ma nel discorso pubblico è pressoché assente». «[…] oggi il termine cattolico», egli ha detto, «può consistere in molte cose molto diverse tra loro: in un adepto di sant’Egidio candidato del Pd come in un innamorato della lezione di don Giussani militante nel centrodestra […] l’identità cattolica, lungi dal conservarsi, si è frantumata […]».

Per acquistare una iniziativa autonoma, ha concluso, i cattolici dovrebbero accettare due condizioni: «Innanzi tutto […] muoversi sul terreno della politica al di fuori di qualunque ispirazione/tutela/patronage da parte della Santa Sede o della Chiesa italiana […]; in secondo luogo accettare in modo esplicito di non ambire a rappresentare né un qualche movimento né il tutto […] ma di essere necessariamente solo una parte, di destra o di sinistra […]».

Circa la prima condizione, è chiaro che sugli interventi dei cattolici la Santa Sede non è legittimata – né altri sono legittimati a chiedere in merito – ad incidere in alcun modo; circa la seconda condizione, non emerge come può esprimersi questa «iniziativa autonoma», se Galli Della Loggia, intendendo esclusa la formazione di un partito o movimento cattolico, vuole intendere l’«aggancio» cattolico a questo o quel partito di destra o di sinistra perché in tal caso non appare nulla di nuovo rispetto all’esistente. A tal proposito ci si chiede: l’identità cattolica «frantumata» si potrebbe ritrovare solo al di fuori di ogni aggancio alla «parte» di destra o di sinistra che sia?

Al di là delle considerazioni di merito, è credibile la constatazione dell’«eclissi» fatta dal noto professore. Volendo fare un discorso in astratto, può accadere che un partito politico, o «movimento», abbia una presa di posizione corrispondente a un principio dell’etica cattolica e al contempo una presa di posizione contraria a un altro principio. Metti il caso che il cattolico, non riconoscendosi in alcuno dei partiti o movimenti, si chieda, al momento del voto, chi votare. In questo momento ci può essere una sensibilizzazione del cattolico da parte di una certa linea politica per la quale egli sia simpatizzante secondo i suoi personali criteri di bene comune. Il voto, allora, potrà andare a un partito o movimento che da una parte corrisponde, e dall’altra no, al principio in parola.

Sui partiti politici o movimenti si sono versati fiumi di inchiostro in considerazione dei criteri di gestione interni e governativi, ed è noto il triste fenomeno dell’astensionismo dal voto che, è stato detto, va aumentando. In Italia vi è un gran numero di cattolici e ci si chiede se gli interrogativi che si presentano in sede elettorale concorrano a motivare l’astensionismo.

Sorge la domanda: i cattolici uti singuli o in gruppi associativi quanto possono fare per un problema che investe l’intero corpo dei cattolici? Se la risposta non è esaustiva, ci si chiede: la cosa è fattibile con l’esistenza di un partito di ispirazione cattolica? Questo partito – che dovesse costituirsi ad opera di persone valide e degne – rappresenterebbe una soluzione «di parte», nell’ambito della previsione di cui all’art. 49 della Costituzione e, contestualmente, nel senso della indipendenza dalla Chiesa cattolica, salvo il rispetto delle determinazioni della stessa, conformando al suo magistero programmi e criteri, con libertà di adesione a detto partito da parte dei singoli cattolici.

In tal caso avrebbero un peso in Parlamento gli interventi in materia legislativa per il varo di leggi mirate all’affermazione dell’etica cristiana, molto di più di quanto sia possibile ora in ambito locale ad opera di cattolici che, per quanto di valore, non avrebbero certezza in merito alla sensibilizzazione dei parlamentari. Questi ultimi dovrebbero sempre fare i conti con il partito di appartenenza.

Lorenzo Ornaghi, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha ricordato che il rapporto dei cattolici con la politica si imposta sulla dottrina sociale della Chiesa, cosa non facile ma necessaria per un «nuovo modello di sviluppo più equo e soddisfacente per i cittadini» (2012). I criteri dei cattolici che vogliano impegnarsi in politica sono «coerenza con la fede professata, rigore morale, capacità di giudizio culturale e competenza professionale e, infine, passione di servizio per il bene comune». E ciò, di volta in volta, nelle «concrete situazioni politiche», ha detto Carlo Rossi in Segno del mondo n.2/2005: «il fedele laico è chiamato a individuare, nelle concrete situazioni politiche, i passi realisticamente possibili per dare attuazione ai principi e ai valori morali propri della vita sociale».

A proposito del laico cattolico nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes (1965) si è osservato che occorre un’adeguata valutazione delle circostanze e delle priorità, senza perdere mai di vista i principi della morale evangelica. Vittorio Bachelet nello spirito di tale Costituzione, con riferimento alle «grandi sfide dell’umanità di oggi» sui temi della vita, del pane, della pace e della libertà, ha ritenuto che per «laico» debba intendersi «membro del popolo», come tale impegnato nella vita politica attiva con il suo contributo nella fase preparatoria delle leggi, che infatti non è circoscritta all’ambito  istituzionale (parlamentare), ma abbraccia liberamente l’opinione pubblica che si forma sul territorio e che non sempre viene correttamente captata dai parlamentari di turno.

Per tale motivo, egli ha detto, le associazioni cattoliche «non possono cedere alle pressioni di una cultura che minaccia i fondamenti stessi del rispetto della vita e della promozione della famiglia», auspicando  «forme di mobilitazione» da parte dei cattolici.

Se si vuole rappresentare la nascita di un «partito cattolico», da parte istituzionale cala il sipario (ricordiamo l’esperienza storica del Proclama Liberi e forti e del naufragio del Partito popolare di don Luigi Sturzo). Quale il motivo? Questo «partito cattolico» sarebbe quasi l’alter ego rispetto alla struttura della Chiesa cattolica, e la sua esistenza apparirebbe inconcepibile in radice. D’altra parte, la doppia qualità nello stesso soggetto di privato laico (come «membro del popolo») e di credente-cattolico rimane per sua natura sul piano privatistico per non avere più senso e possibilità di coesistenza armonica nell’ambito pubblico in relazione alla presenza della Santa Sede e alla distinzione tra morale e politica (che se in altra sede – operativa – non confliggono, nell’assetto istituzionale riprendono, sia pure in astratto, la concezione machiavelliana).

Ma non c’è nulla di assoluto. A proposito dell’esperienza di don Luigi Sturzo, ci sono casi in cui la storia insegna e casi in cui la storia cambia, magari in melius, in relazione all’evoluzione dei tempi e delle idee, il che può accadere pure, salvo il dogma, per la Santa Sede. Nel discorso la Santa Sede è il soggetto cardine – e i cattolici portano rispetto – e, se non può interferire negli interventi, può esprimersi in merito alla «liceità» della formazione di un partito cattolico. Intanto il discorso stesso rimane nell’alveo della «mobilitazione» dei cattolici, la cui opera, speriamo bene, si attende più fruttuosa.

Si condividono, certo, le considerazioni di parte dottrinale e confessionale, e poi, sul piano concreto, quando affiorano i dubbi, per l’ottimismo che ci anima, facciamo a meno di chiederci: posta l’esistenza dell’«eclissi» (di lunga durata, rispetto alla Costituzione della Repubblica, in occasione della quale le tante forze politiche fondatrici si sono dimostrate tutte d’accordo, come mai, poi, è accaduto più),  «le risposte necessarie dei cattolici» e la loro «posizione autonoma» – di cui ha parlato il Segretario di Stato del Vaticano Pietro Parolin (intervista al Tg1, settembre 2022) – possono avere davvero sviluppi adeguati per far terminare l’«eclissi»?

È vero che non è cosa facile attuare «forme di mobilitazione» e intervenire «sul territorio» nella preparazione delle leggi. Tuttavia si auspicano nuovi impegni dei cattolici e un crescendo di sensibilizzazione degli addetti ai lavori tale da incidere in modo determinante sul sistema per arrivare a vedere realizzarsi le istanze etiche per una società più giusta.

Non serve un partito unico e unitario di ispirazione cattolica, ma una unità sui valori che è trasversale agli schieramenti politici e che si appella ad una coscienza critica dei singoli che vogliano verificarsi nella ricerca del bene comune – obiettivi di una vera politica – alla luce del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa. Tale coscienza critica assume i cosiddetti «principi non negoziabili» come bussola della propria azione e del proprio giudizio anche in fase di espressione del proprio voto.

 

Giuseppe Mario Potenza – Già Segretario Generale della Provincia di Imperia e di altri Enti

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