Eccellenze Italiane, a Elisabetta Belloni il Premio Intelligence

Dal 2021 Elisabetta Belloni è direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza

Dal 2021 Elisabetta Belloni è direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, che è il dipartimento istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e che ha compiti di coordinamento e vigilanza sulle attività dei servizi segreti italiani. Una delle strutture strategiche operative più importanti della Repubblica.

Elisabetta Belloni è stata la prima donna in Italia a ricoprire il ruolo di Segretario generale del Ministero degli Affari esteri e oggi è la prima donna nella storia del Paese a coordinare i servizi segreti nazionali.

Con lei, dunque, si tinge di rosa anche la storia più delicata della Società Italiana di Intelligence che ha come sua guida un giornalista calabrese illustre, Mario Caligiuri, che è prima di tutto professore ordinario all’Università della Calabria, Direttore del Master in Intelligence, e che in questi anni ha fatto della Società da lui fondata uno dei fari dell’intelligence in tutta Europa.

Come ogni anno -da tre anni a questa parte- il prof. Mario Caligiuri per ricordare la figura di un grande statista come lo fu il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che era anche suo amico personale, assegna il “Premio dell’Anno” a chi nel mondo dell’Intelligence ha lasciato un segno indelebile. E quest’anno toccherà appunto a lei, Elisabetta Belloni, lei diplomatica e ambasciatrice di vecchia scuola e di vecchia tradizione, traghettata poi dagli eventi della vita alla guida dei nostri Servizi Segreti. Storia di una eccellenza tutta italiana e con un peso istituzionale che è oggi davvero internazionale.

 

 

 

 

C’è una data ben precisa nella sua vita che ne fa una “donna della Repubblica” nel senso più bello e più completo del termine, ed è il 12 maggio 2021 quando il presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi la nomina Direttrice Generale del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, in sostituzione del generale di divisione Gennaro Vecchione.

Qui parliamo di una “stanza” quella dove lei trascorre almeno 14 ore della sua vita quotidiana da dove passa il meglio e il peggio della storia, e non solo italiana. Non a caso forse, in vista dell’elezione del presidente della Repubblica, gennaio 2022, ritroviamo il suo nome tra i possibili candidati al Quirinale perché indicata come “figura potenzialmente capace di unire le forze politiche che allora sostenevano il governo Draghi”. In realtà il suo trascorso professionale, sia alla Farnesina che al DIS, l’aveva portata a lavorare a stretto contatto con figure di tutti i diversi schieramenti politici. Ma forse nessuno aveva ancora messo in conto quella che sarebbe stata l’opposizione aperta di Matteo Renzi, e insieme a lui di altre forze politiche del centro e della sinistra, che ritenevano inopportuna l’ascesa alla massima carica istituzionale di un’esponente di punta dei servizi segreti.

 

 

 

 

Chi la conosce bene, e qui a Palazzo Chigi dove chiediamo di lei, sono davvero in tantissimi a parlarne oggi come di una delle icone della diplomazia italiana.

Pensate che lei inizia la sua carriera diplomatica nel 1985 presso la Direzione generale degli affari politici. Poi arrivano i primi incarichi di prestigio, nelle ambasciate italiane e nelle rappresentanze permanenti a Vienna e a Bratislava, oltre che presso le direzioni generali del Ministero degli esteri. Dal 1993 al 1996 è stata primo segretario della rappresentanza diplomatica italiana presso le Organizzazioni internazionali, e dopo essere rientrata a Roma ha lavorato per breve tempo presso l’ufficio Russia. Nel 2000 è alla segreteria della Direzione per i Paesi dell’Europa. Nel 2001 assume l’incarico di capo dell’Ufficio per i Paesi dell’Europa centro-orientale e infine, dal 2002, diventa capo della segreteria del sottosegretario di Stato agli esteri Roberto Antonione. Nel novembre 2004 il ministro degli Esteri Franco Frattini la chiama alla guida dell’unità di crisi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Una personalità di altissimo valore professionale e istituzionale.

E se c’è un dettaglio della sua esperienza diplomatica che va ricordato con grande attenzione è il ruolo che la Belloni fu chiamata a svolgere dopo la tragedia dello tsunami nel sudest asiatico, migliaia di turisti italiani in zona, centinaia di dispersi, il difficile compito di contattare le famiglie delle vittime e organizzare i rimpatri, lei in quella fase- usiamo qui una terminologia cara ai servizi segreti- fu davvero una “risorsa chiave”.

 

 

 

Ma torniamo al Premio Cossiga. L’appuntamento è per il prossimo 4 ottobre, Camera dei Deputati, Auletta dei Gruppi di via Campo Marzio 79, alle 10 del mattino.

-Prof. Caligiuri, ci spiega come nasce in realtà questo Premio?

Il Premio nasce per promuovere la cultura dell’intelligence nel nostro Paese. Oggi l’intelligence si pu considerare un’autentica necessità sociale poiché serve alle persone per fronteggiare la società della disinformazione in cui si è immersi; serve alle aziende per affrontare la competizione sfrenata della globalizzazione e serve agli Stati per garantire il benessere e la sicurezza dei cittadini. Il Premio è promosso dalla Società Italiana di Intelligence che ha come scopo principale quello di fare riconoscere l’intelligence materia di studio nelle università italiane, come accade in tanti altri Paesi.

-Perché  un Premio intestato al Presidente Francesco Cossiga?

Perché Francesco Cossiga è stato l’uomo di Stato e il politico che ha apertamente espresso la sua attenzione verso l’intelligence, considerandola un fattore decisivo per perseguire l’interesse nazionale. La passione di Cossiga per l’intelligence rispondeva a esigenze di trasparenza e non a logiche di segretezza, incompatibili con i sistemi democratici.

Chi saranno i relatori della cerimonia, e perché ha scelto loro?

Una scelta naturale. Gianni Letta è il presidente del Premio ed è un uomo delle istituzioni unanimemente riconosciuto. Giuseppe Cossiga è il figlio del Presidente emerito e ne coltiva l’eredità politica e istituzionale. Lorenzo Guerini è il presidente del Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica e quindi rappresenta il controllo dei cittadini sull’operato dei Servizi. Avrebbe dovuto essere presente anche Alfredo Mantovano, Autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica ma in quella data sarà impegnato fuori Roma. E poi c’è la premiata Elisabetta Belloni che ovviamente concluderà l’evento.

Posso chiederle cosa lascia ancora oggi al Paese il Presidente Cossiga?

Il senso delle istituzioni e la capacità di guardare lontano. Nel primo caso per rafforzare la democrazia e difendere la sicurezza dello Stato, nell’ambito delle alleanze internazionali. Ne sono un esempio, le dimissioni da ministro dell’Interno dopo l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse e l’impegno da presidente del Consiglio per la creazione delle premesse irreversibili relative all’installazione dei missili Cruise. Tale ultima azione, avvenuta anche in altri Paesi occidentali, rappresentò, secondo alcuni, una delle cause principali dell’imprevista implosione dell’Unione Sovietica. Nel secondo caso, Cossiga fu uno dei pochi a comprendere cosa avrebbe significato la fine della guerra fredda per il sistema politico italiano, dimostrando una straordinaria capacità profetica di “guardare oltre il muro”. La stagione delle “picconate” e dell’inascoltato messaggio alle Camere sulle riforme istituzionali si inserisce in questa visione di necessario cambiamento. Fu inascoltato, incompreso, contrastato.

E arrivò tangentopoli che spazzò via i partiti di governo, provocando l’avvento dell’attuale sistema politico.

Che rapporto lei ha avuto con Cossiga?

Di grande affinità intellettuale. Quando pubblicai nel 2000 un mio saggio sulla rivista del SISDE “Per Aspera ad Veritatem” sul rapporto tra comunicazione istituzionale e intelligence, mi telefonó per dirmi: “Non sapevo che ti occupavi di queste cose: siamo in due in Italia”. Da allora i nostri contatti sono stati costanti. Volle pubblicare con Rubbettino il suo testo sui Servizi dal titolo “Abecedario per principianti, politici e militari, civili e gente comune”, chiedendomi di scrivere la prefazione che titolai “Nome in codice Cesare”, che era il nome con il quale veniva indicato dall’intelligence di una nazione amica. Quando nel 2004 ebbi la notizia di avere superato il concorso di professore associato feci cinque telefonate: la prima a lui. Mi diede gli auguri e mi disse: “adesso devi pensare a diventare ordinario”. Ancora non sapevo quando avrei preso servizio come professore associato e lui già pensava al passo successivo. Guardava sempre avanti e per questo capiva prima degli altri. Nel 2007 mi sollecitò ad avviare il primo Master in Intelligence nelle università italiane e accettò di diventare il presidente del Comitato scientifico. Ci sentivamo spesso. Nel 2009 mi telefonò per dirmi di andare a trovarlo. Presi l’aereo e andai a Roma a casa sua in Via Ennio Quirino Visconti 77 e quando arrivai mi donó una sua foto con una dedica molto affettuosa, che conservo tra i miei ricordi più cari. Sono stato onorato della sua amicizia e ancora oggi rappresenta per me un punto di riferimento umano, politico e culturale: mi ha aperto la mente e mi ha fatto vedere il mondo con occhi diversi.

Professore, quanto conta l’intelligence in un Paese come il nostro?

L’intelligence è fondamentale per ogni Stato ma in particolare per uno come il nostro che è al centro del Mediterraneo, un mare di scontri e di mutamenti, di immigrazioni e di scambi. L’Italia è una indiscussa potenza culturale, una delle dieci economie industriali più importanti del pianeta. Non siamo affatto un Paese secondario, anche se spesso nella storia ci siamo comportati come se lo fossimo. La tutela dell’interesse nazionale è fondamentale più che mai, tenendo conto che, oltre ai temi ineludibili del contrasto al terrorismo, alla criminalità e alle azioni ostili di Stati esteri e multinazionali, per cui diventa decisiva la guerra normativa, dovremmo prestare sempre maggiore attenzione al disagio sociale, che può compromettere la stabilità delle istituzioni democratiche; al confronto tra intelligenza umana e intelligenza artificiale che sta modificando alla radice l’ordine mondiale; alla disinformazione che è una componente sempre più determinante nella lotta per il potere, dove l’obbiettivo finale è la conquista della mente delle persone che è il campo di battaglia definitivo.

 

 

 

Può anticiparci con quale motivazione verrà assegnato il Premio alla Direttrice Elisabetta Belloni?

Per la prima volta l’intelligence italiana ha al suo vertice una donna che è stata anche la prima donna a dirigere la Farnesina. La sua profonda conoscenza dello scenario internazionale assicura ai nostri Servizi una visione consona agli interessi del nostro Paese. Non a caso si è fatto anche il suo nome come possibile Presidente della Repubblica. In questi due anni alla guida del DIS si è concretamente adoperata per diffondere in Italia la cultura dell’intelligence, non come argomento specialistico ma di natura generale, che garantisce la sicurezza dei cittadini e l’efficienza delle istituzioni democratiche.

Ricordiamo per gli appassionati di questa materia che nella prima edizione il Premio Cossiga era andato a Carlo Mosca, prefetto e Vice Direttore del Sisde, e l’anno successivo a Paolo Savona, presidente della Consob e più volte ministro della Repubblica. Il vincitore dell’edizione 2022, Franco Gabrielli, è stato invece sottosegretario di Stato e Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, dopo essere stato direttore del Sisde, direttore dell’Aisi, Prefetto dell’Aquila, Capo della Protezione Civile, Prefetto di Roma e Capo della Polizia.

 

 

 

MA CHI È MARIO CALIGIURI?

Mario Caligiuri, Presidente e membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Intelligence, è professore ordinario di pedagogia all’Università della Calabria ed è considerato uno dei massimi studiosi europei di intelligence a livello accademico. Presso l’Università della Calabria, nel 2007 ha fondato il Master di II livello in Intelligence, su sollecitazione del Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga. Il Master, che continua a essere proposto con crescente successo, è stato il primo programma di studi dedicato all’intelligence in un ateneo pubblico italiano. In precedenza, nel 1999, il Prof. Caligiuri è stato tra i primi a introdurre lo studio dell’intelligence in università, nell’ambito dell’insegnamento di “Teoria e tecniche della comunicazione pubblica”. Nel 2008 ha fondato il Laboratorio scientifico sull’Intelligence. Nel 2009 ha creato una collana editoriale sull’intelligence con la Rubbettino. Nel 2018 ha contribuito ad attivare il corso di laurea magistrale in intelligence e analisi del rischio, anche questo primo in Italia. Nel 2018 ha fondato insieme al Prof. Alberto Ventura e al Prof. Domenico Talia la Società Italiana di Intelligence, che si prefigge di fare diventare l’intelligence materia di studio nelle università del nostro Paese. Insegna nelle Alte Scuole della Repubblica e ha tenuto corsi, seminari e presentazioni di libri in oltre cinquanta atenei. È autore di numerosi libri dedicati all’intelligence. Ha scritto la voce Intelligence nella X Appendice della Enciclopedia Italiana, edita dall’Istituto Treccani.

Pino Nano

 

 

 

 

 

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