La medicina non sarà divertente, ma c’è molta medicina nel divertimento, recita un adagio che aspira a tradursi in norma. Patch Adams, il medico che voleva curare la sofferenza con l’allegria e l’amore, potrebbe licenziarsi dal cinema e farsi assumere in ogni ospedale italiano.
Tra le ultime proposte di legge, depositate nei cassetti di Montecitorio, ce n’è una che punta proprio a piazzare camici bianchi con naso rosso e parrucca riccia ovunque ci sia un bimbo malato.
“L’obiettivo– spiega l’on. Giovanni Maiorano, di FdI, primo firmatario di una proposta di legge ad hoc presentata a Montecitorio – è garantire la presenza di personale competente in ogni unità organizzativa di pediatria di ogni azienda ospedaliera o struttura sanitaria”. Al ministero della Salute tocca “emanare ogni anno un avviso pubblico per la selezione e il finanziamento di progetti di clownterapia, al quale possono partecipare gli enti del Terzo settore”.
La filosofia alla base è semplice: lungi dal seppellire qualcuno, una risata può invece guarirlo. Il processo è invece complesso perché ridere – a dispetto dell’etimologia – è l’attività più seria che possa esistere: il cuore accelera il ritmo, la pressione arteriosa diminuisce e i muscoli si rilassano mentre il corpo si arricchisce di preziose endorfine. «La clownterapia – si legge nellla proposta di testo normativo – è una tecnica medica che mira a stimolare uno stato di benessere psicofisico, suscitando allegria nel paziente, attraverso l’utilizzo del “pensiero positivo”».
Arte antica, antichissima: se non Ippocrate, il padre della medicina occidentale, certo il carmelitano Angelo Paoli ne è precursore, allietando con il sorriso i malati dell’Ospizio dei convalescenti. Oggi la terapia del sorriso, uscita fuori dall’artigianato, richiede salde conoscenze mediche e psicologiche. “Il clown di corsia – si legge nel testo – è la figura che, utilizzando specifiche competenze acquisite in varie discipline, analizza i bisogni del paziente per migliorarne le condizioni fisiche e mentali, all’interno delle strutture ospedaliere, delle strutture sanitarie pubbliche e private e delle strutture socioassistenziali, affiancando il percorso terapeutico della medicina tradizionale”.
Non ci può essere spazio per l’improvvisazione.
“La nostra proposta– spiega Maiorano – prevede un percorso di formazione: corsi della durata di 200 ore di studio e 150 di tirocinio. Al termine, solo se si passa l’esame, sarà possibile conseguire un attestato, valido in tutto il territorio nazionale”. Quali saranno le materie dei corsi e come si svolgerà l’esame, ogni singola Regione invece lo disciplinerà come meglio crede. Sarà invece lo Stato a disciplinare i criteri per l’assegnazione dei fondi.
Il progetto è ambizioso, ogni anno si ammalano solo di tumore o leucemia oltre 1400 bambini e oltre 800 adolescenti, con periodi di ospedalizzazione anche molto lunghi. “I benefìci di carattere psico-fisico derivanti terapia del sorriso sono da tempo comprovati – afferma il deputato – oltre che da diversi studi scientifici anche da una prassi pluridecennale che ha portato a grandi risultati. Risulta necessario, quindi, che il nostro ordinamento riconosca l’enorme valore di questo trattamento, quale strumento di integrazione e supporto delle cure, ne delinei la disciplina e ne promuova la diffusione”.
Andrea Persili – giornalista