Centri storici in vista convegno Spoleto – Intervista prof. Trimarchi. Salvare i centri storici salvando tutte quelle attività di prossimità che li hanno abbandonati

Per rigenerare gli spazi urbani occorre ricorrere alla lettura visionaria e non prtegiudiziale degli artisti

Michele Trimarchi, tra i relatori del convegno sui centri storici e il futuro delle città, che si svolgerà a Spoleto il 2 e il 3 luglio, è professore di economia della Cultura nello IUAV di Venezia (Istituto Universitario di Architettura). Lo abbiamo intervistato.

C’è da restituire ai centri storici della città una nuova dimensione e un nuovo senso? Cominciando da dove?

I centri storici possono rispondere ai desideri di una società sempre più complessa e sofisticata, spesso multiculturale, ridisegnando le proprie dinamiche rispetto al resto del tessuto urbano: centrifughi quanto all’offerta culturale, che andrebbe decentralizzata e distribuita equilibratamente nel territorio, così da diventare realmente accessibile; centripeto rispetto ai flussi e alle pratiche sociali, mostrandosi accogliente e inclusivo costruendo spazi fruibili di socialità condivisa.

Uno dei temi del convegno è la necessità di evitare lo svuotamento dei centri storici, per la fuga di coloro che vi abitano, e di favorire il ripopolamento. Quali misure secondo lei sono tra le più urgenti?

La sfida si gioca su una nuova concezione dello spazio e del tempo, recuperando tutte quelle attività di prossimità che hanno abbandonato il centro a vantaggio di franchising e imprese generaliste. Il centro storico dovrebbe risultare la parte più eloquente della radice storica e identitaria di una città, mentre il resto dello spazio urbano e territoriale può esser la culla naturale di fermenti e talenti. In questo modo ogni area della città sostiene la vita e l’ebollizione delle altre.

Nei centri storici, da Lecce a Roma a Milano, i centri storici sono dominati dal fenomeno del cosiddetto tavolo selvaggio, che specialmente nelle ore serali e notturne provoca fenomeni che incidono sulla vivibilità, il decoro e l’igiene. Secondo lei si può risolvere e come la contraddizione reale tra le esigenze della vivibilità  e dell’appeal dei centri storici e le esigenze economiche degli operatori commerciali?

Fin quando il ‘tavolo selvaggio’ è soltanto una fonte di ricavo a buon mercato i costi superano di gran lunga i benefici. La socialità è per propria natura morbida e inclusiva; è l’affanno competitivo ad atrofizzarne il valore, finendo per costare a tutti e per rendere a pochi. La questione distributiva va affrontata con convinzione dall’amministrazione municipale, senza la consueta paura di perdere il consenso di breve periodo. Il governo del territorio dovrebbe guardare lontano, è la stessa questione che si è posta qualche anno fa per il tentativo di chiusura dei centri storici al traffico automobilistico.

La rigenerazione, la riqualificazione dei centri storici non dovrebbe essere anzitutto una rigenerazione culturale? E anche una riqualificazione degli spazi e degli arredi urbani. Qual è il suo punto vi vista di urbanista?

Assolutamente. Per rigenerare gli spazi urbani dovremmo ricorrere alla lettura visionaria e non pregiudiziale degli artisti, che sanno interpretare la temperie dei prossimi anni, e che sanno estrarre il sentire comune che la comunità urbana spesso ha difficoltà anche a mettere a fuoco. Non si tratta di paracadutare presunte imprese creative capaci di uscire sulla stampa, ma di interrogare la spina dorsale identitaria della città, portandone la memoria e i desideri in un flusso di azioni in cui la comunità possa riconoscersi e da cui ricavi una forte spinta al confronto critico: la città deve essere accessibile, ospitale e inclusiva; solo mescolandosi e ibridandosi il genius loci diventa solido ed eloquente.

Del destino è del rilancio dei centri storici debbono occuparsi solo le amministrazioni comunali o anche, come questo convegno del resto suggerisce, la società civile, le Regioni, il Governo.

L’amministrazione comunale è un interprete strategico di molte istanze che vanno combinate e composte in modo coerente ed efficace. Magari superando i protocolli formalistici dei bandi-fotocopia e attivando negoziati trasparenti e informali di mette sul tavolo l’impegno di ciascuno, le aspettative di tutti, e gli strumenti tecnici che possono rendere la rigenerazione urbana incisiva e sostenibile.

 

Mario Nanni – Direttore editoriale

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