Centri storici, in vista convegno di Spoleto: intervista al prof. Roma

"Nominare un ministro per le città, per i centri storici". Per evitare la fuga dai residenti dai centri storici, occorre evitare la loro musealizzazione

Cultura

Il professor Giuseppe Roma, uno dei relatori al convegno di Spoleto sui centri storici, è presidente del RUR (Urban Research Institute), vicepresidente nazionale del Touring, e ha insegnato all’Università Roma 3 Gestione urbana.

Prof Roma,  c’è da restituire ai centri storici della città una nuova dimensione e un nuovo senso? Cominciando da dove?

Credo che, per avere una giusta prospettiva, dobbiamo ricordare la traiettoria che ha cambiato i nostri centri storici nei decenni passati. Se torniamo agli ’70, quelli dell’industrializzazione diffusa italiana, dell’espansione edilizia e della modernizzazione, non possiamo che constatare come proprio allora avviene il drastico mutamento dei centri storici, che cambiano totalmente funzioni.

Da nucleo identitario delle città, specie di quelle più grandi, passano prima per l’abbandono e il degrado, poi per il recupero selettivo e lo sviluppo turistico-commerciale. Processo spontaneo che si è tentato di contrastare con le politiche di recupero e riqualificazione edilizia, con la salvaguardia, con le pedonalizzazioni.

Ma l’intervento pubblico non è stato sufficiente a regolare un’ondata di ritorno che ha fatto delle aree storiche quelle più appetibili e costose sotto il profilo immobiliare, quelle più attrattive come luogo di incontro diurno e notturno. Una “movida” che oltre a mettere a rischio il patrimonio culturale e artistico, crea disturbo ai residenti, sta mortificando profondamente la natura stessa dei centri storici.

E  la soluzione qual è?

Quella che ancora si ritrova nei centri più piccoli e nelle città intermedie. La parte della città che rende possibili le relazioni, che incarna lo spirito comunitario della rivoluzione urbana. Si esaltano i rapporti fra le persone, con chi ci lavora, con i negozianti, i baristi, i librai, i ristoratori. Il centro storico perde la sua funzione se sostituiamo a questa atmosfera i negozi in franchising, la pizza a taglio o gli intromettitori per catturare distratti turisti a consumare un cibo che non parla più di quel luogo.

Uno dei temi del convegno è la necessità di evitare lo svuotamento dei centri storici, per la fuga di coloro che vi abitano, e di favorire il ripopolamento. Quali misure secondo lei sono tra le più urgenti?

Per evitare l’emorragia di residenti bisogna evitare innanzitutto la cosiddetta “musealizzazione”. Se eliminiamo le attività ordinarie e le sostituiamo con attività legate al turismo, pure quelle che hanno validità culturale, inevitabilmente incidiamo su quella catena di eventi che porta i residenti a trasferirsi. E le cause sono note: aumento dei valori immobiliari, concorrenza di funzioni ricche dai B&B, ai negozi di massa, congestione persino pedonale o da monopattino.

Certo i centri storici restano popolati, ma di un altro popolo, quello del mordi e fuggi. Per me l’antidoto più forte è quello di conservare attività quotidiane, ovviamente sostenibili, ma che determino un ciclo di vita normale. Pensiamo alle università, al  terziario innovativo, ai centri di ricerca.

Poi agire sulle residenze, recuperando patrimonio degradato o aree abbandonate con nuove residenze che ricreino quel mosaico sociale caratteristico dei nuclei storici composto da giovani e anziani, da benestanti e ceti popolari, magari con un po’ di social housing.

Nei centri storici, da Lecce a Roma a Milano, i centri storici sono dominati dalfenomeno del cosiddetto tavolo selvaggio, che specialmente nelle ore serali e notturne provoca fenomeni che incidono sulla vivibilità, il decoro e l’igiene. Secondo lei si può risolvere e come la contraddizione reale tra le esigenze della vivibilità  e dell’appeal dei centri storici e le esigenze economiche degli operatori commerciali?                                                          

È uno degli effetti della pandemia.C’è stato un libera tutti anche per pedane e tavolini. In gran parte hanno occupato spazi in precedenza ingombri di auto vetture. I dehors sono molto apprezzati dai cittadini ma bisogna che siano compatibili sotto il profilo dello spazio e del tempo. Devono essere limitati a spazi pubblici non vitali per la circolazione pedonale (marciapiedi, strade pedonali..) e in zone residenziali devono consentire la quiete pubblica limitando le fasce orarie d’apertura. Naturalmente se recano disturbo.

La rigenerazione, la riqualificazione dei centri storici non dovrebbe essere anzitutto una rigenerazione culturale? Si certo, soprattutto di conoscenza effettiva delle meraviglie che contengono.

Un’attività che deve coinvolgere innanzitutto i residenti. Spesso pure loro conoscono poco la storia e i saperi che hanno generato tanta bellezza. Mi raccontava Francesco Cellini (già preside di architettura a Roma 3 e Presidente dell’Accademia di San Luca) che nel riqualificare tutta l’area del mausoleo d’Augusto a Roma ha avuto notevoli problemi a far passare una logica di rigenerazione culturale, rispettosa naturalmente delle preesistenze, ma capace di coinvolgere i cittadini nella comprensione di quel luogo.

Del destino e del rilancio dei centri storici debbono occuparsi solo le amministrazioni comunali o anche, come questo convegno del resto suggerisce, la società civile, le Regioni, il Governo?

La società civile, le associazioni sono il vero motore per suscitare attenzione ai problemi e suggerire soluzioni. L’Italia è sempre stata all’avanguardia in questo campo proprio grazie al ruolo svolto dalle associazioni e dai grandi personaggi che le hanno animate. Certo i Comuni hanno un ruolo fondamentale perché a essi spettano le competenze urbanistiche, ediliz e commerciali. Ma io ritengo che il governo centrale di un Paese come l’Italia non possa restar fuori dalla partita che riguarda il sistema territoriale.

Per questo suggerisco da molti anni di nominare un “Ministro per le città”, e ora che mi ci fa pensare, aggiungere “e pure per i Centri Storici”!

 

Mario Nanni Direttore editoriale

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