Il Caso Craxi non è vicenda familiare ma “ferita aperta che pesa nella vita del Paese”

Intervista alla figlia del leader socialista, senatrice Stefania Craxi: “Occorre una fase costituente. La “Grande Riforma” resta un’intuizione attuale. Su mio padre è in atto un ripensamento, ma a sinistra resta ancora un blocco. Il pensiero riformista minoritario nella sinistra italiana, autoreferenziale ed elitaria”.

Senatrice, entro in “medias res”: sono passati 22 anni dalla morte di suo padre. Quanto manca all’Italia e alla politica italiana una figura come Bettino Craxi?

Non sono la persona più imparziale per rispondere a questa domanda. Ma poiché giro l’Italia in lungo e in largo da due decenni posso constatare con mano, in special modo negli ultimi anni, come nel Paese sia maturata una consapevolezza su ciò che riguarda la storia umana e politica di Craxi. I cittadini non fanno discorsi complicati: guardano l’Italia di ieri e quella di oggi, quanto contava e come si viveva. Nulla a che fare con la nostalgia del passato! È il confronto con la realtà che fa la differenza. È il confronto è davvero impietoso…

Delle intuizioni politiche di Bettino Craxi che cosa resta valido oggi, secondo Lei?

Craxi è stato un leader globale, con un profilo e una statura internazionale. È su questo macro-terreno che si stagliano la lungimiranza e la validità delle sue intuizioni. Dalle disuguaglianze Nord-Sud che avrebbero provocato movimenti migratori inarrestabili, radicalizzazione, terrorismo e instabilità, con conflitti anche culturali, fino alle sue ultime intuizioni sul deficit democratico e solidaristico della costruzione europea – tuttora non sanate -, possiamo constatare come l’uomo abbia guardato ben oltre il suo tempo e le contingenze del momento. Poi, venendo agli scogli in cui è incagliata la nave-Italia, con il suo sistema politico ed istituzionale collassato, come non pensare alla “Grande Riforma”? Ha indicato, una via d’uscita ordinata alla crisi italiana, una strada per una rigenerazione sistemica, anche etico-politica. 

Ecco, la Grande riforma. 40 anni fa indicò questa via agli altri partiti per superare la crisi del sistema politico: quell’idea è ancora attuale?

È sufficiente riflettere sull’esperienza della seconda Repubblica, o, senza scorgere lo sguardo troppo indietro, all’ultima elezione del Presidente della Repubblica: in nove anni abbiamo avuto due rielezioni. Il nostro sistema politico-istituzionale non dà più segni di vita. Andava riformato già prima di “Tangentopoli” e, dopo la barbarie di “Mani pulite” si è avvitato ancor più, in una crisi profonda che si protrae fino ai nostri giorni. Eppure, non si vuole prendere atto di questo “stato di morte”, della necessità di un “nuovo” momento costituente. Si gioca con i meccanismi elettorali, come si tenta di fare anche in questo scorcio di XVIII legislatura, ma non ci si pone il problema di una profonda riforma del nostro assetto, in grado di rivitalizzare politica e istituzioni. Parlano di proporzionale… ma si immagini il proporzionale senza partiti e, soprattutto, senza cultura politica! Il pantano, la paralisi! 

Si parla di presidenzialismo…

Vedo che oggi, a destra e in parte anche a sinistra, se ne parla. Ricordo che l’idea semi-presidenziale – un sistema di governo efficace, moderno, democratico che costò a Craxi appellativi di ogni sorta – è un qualcosa di molto serio, presuppone un progetto di riforma complessivo… ma anche qui vedo molto fumo e tanta propaganda da vecchi e nuovi demagoghi.

Si spieghi…

Una vera riforma presidenziale va inserita in un contesto di riforma complessiva della nostra Carta e della nostra architettura istituzionale e, pertanto, va immaginata come modifica della forma di governo. Non è un fatto a sé stante, né tantomeno è sufficiente l’elezione diretta del Capo dello Stato che, da sola, non farebbe che comportare ulteriori storture al già minato equilibrio costituzionale. Su questo ha ragione il nuovo Presidente della Consulta, Giuliano Amato – che ha difeso anche l’importanza dei questi referendari sulla giustizia -: non può essere vista come qualcosa che da sola si innesta in un sistema lasciandolo così com’è. Una riforma in senso presidenziale non può non cambiare il ruolo, la funzione e i poteri del Presidente della Repubblica. È per questo che parlo della necessità di un “momento costituente”.

Lei che era molto legata a suo padre e lo conosceva bene: secondo Lei che cosa direbbe della situazione politica attuale? Che cosa gli darebbe più fastidio?

Non mi arrogo il diritto di dire cosa direbbe o penserebbe… sarebbe un’esegesi inutile e presuntuosa! Amava l’Italia e sarebbe preoccupato per la situazione in cui versa una realtà attraversata da turbolenze di ogni genere e, di certo, si porrebbe il problema di dare una “prospettiva d’avvenire” e restituire fiducia agli italiani con pragmatismo, competenza e serietà: tutti elementi che hanno caratterizzato la sua azione. Di certo non tollererebbe una politica debole, esposta alla mercé di poteri altri… Senza politica non c’è democrazia! Infatti in questi anni la qualità del nostro tessuto democratico è scemata in maniera preoccupante.

C’è ancora odio politico in Italia? 

Un Paese che si impoverisce, che perde status internazionale, in cui il sistema politico-istituzionale non dà – per modi e per tempi – le risposte che i cittadini si attendono, per giunta attraversato da grandi disuguaglianze e con un ascensore sociale bloccato, può essere un Paese in cui non montano odio e rabbia? C’è poi da dire che si è fatto molto negli anni, anche per precise responsabilità della stessa politica, per alimentare l’odio verso questa, verso le istituzioni e gli istituti democratici. Alcuni sembrano scoprire solo ora il giustizialismo, l’antipolitica ma questi mali hanno radici profonde, non semplici da estirpare…

Libri, film in cui peraltro Lei è una co-protagonista, dibattiti: non crede che sulla figura di Craxi  siano rimaste sul fondo le critiche pregiudiziali e limacciose per fare invece posto a una analisi più obiettiva e meno partigiana?

Direi di sì. Il tempo, ma mi perdoni la nota, anche la mia perseveranza e le mie battaglie, stanno restituendo alla figura di Bettino Craxi la giusta luce, la giusta prospettiva. Gli italiani, come detto in apertura, sono pronti a riconoscere a Craxi i meriti e gli onori che gli spettano, in un giudizio più equo e sereno. Noto solo che ancora a sinistra ed in alcune élite c’è un certo blocco…

C’è la possibilità secondo Lei di una rinascita di un Partito socialista, al di là dei tentativi modesti che ne sono stati fatti?

Guardi, hanno distrutto il nostro bagaglio materiale – il partito – ma non quello ideale. Penso che bisogni partire da quest’ultimo, dall’esperienza di questi decenni, per comprendere che sarebbe utile valorizzare un patrimonio fatto di cultura politica e di idee, piuttosto che sventolare vecchi simboli per qualche rendita. E poi, guardi, c’è un tema non secondario. Il PSI è stato tante cose nella sua storia. Bisogna capire di quale socialismo si parla. Io rivendico il pensiero riformista – a lungo minoritario anche nel PSI prima dell’avvento di Craxi – e da sempre minoritario nella sinistra italiana, una sinistra autoreferenziale ed elitaria i cui riferimenti e la cui azione non ha aspetti di vicinanza al socialismo riformista e liberale…

Quale partito oggi in Italia, se c’è, ha impugnato di fatto la bandiera dei valori del socialismo, della giustizia sociale, della libertà?

Non lo so… me lo dica lei….

Qualcuno di quelli che lei considerava nemici di suo padre, per cui decise di passare dall’altra parte dello schieramento politico, le ha mai chiesto scusa?

Alcuni sì, magari a modo loro. In privato, a mezza bocca, con imbarazzo, alcuni a mezza bocca o sorvolando su alcune questioni… Ma il tema non sono le scuse alla sottoscritta. Queste scuse devono rivolgerle al Paese, pubblicamente! Devono dire agli italiani la verità su quello che è stato e su quanto accaduto. Vede, non ho mai inteso la battaglia di verità che ho fatto su Craxi come un qualcosa di personale, nonostante in più occasioni abbiano provato ad affibbiarmi l’etichetta, per così dire, dell’orfana… Il “caso Craxi” non è una vicenda personale o familiare. È una questione nazionale, una ferita aperta che pesa sulla vita del Paese.

Nei suoi discorsi, nei suoi interventi salta all’occhio la sua irriducibile passione politica e la “vis polemica” contro l’ingiustizia e il destino politico e umano di suo padre. Com’è riuscita a tenere viva questa forza?

È la forza della ragione, l’ostinatezza nel ribellarsi ad una ingiustizia umana e politica, che ha distrutto la dignità e la vita di un uomo che aveva dato tutto per la sua patria, l’Italia. Non si fanno battaglie di sorta senza passione. Il problema della politica, per citare una canzone, è che per alcuni è davvero “solo un far carriera”… per giunta, da quando è venuto meno il suo ruolo guida nei processi della società non è neanche il terreno di confronto tra i migliori…

Se dovesse spiegare a uno studente che nulla sa della politica e della storia degli ultimi anni, cosa direbbe per spiegare chi è stato Bettino Craxi?

Che è stato un italiano fiero, un uomo libero, mai prono, animato da convinzioni profonde, che non conosceva opportunismi e che ha lottato per la libertà dei popoli di tutto il mondo contro le dittature tanto di destra che di sinistra, che ha servito ed onorato l’Italia, ne ha difeso la sua dignità, ne ha accresciuto il ruolo, il prestigio internazionale e che con la sua azione ha migliorato la condizione di vita dei suoi cittadini. Direi che sì, avrà anche commesso – come tutti – degli errori, ma non ha mai anteposto interessi e ambizioni personali al bene del suo Paese.

Mi può indicare, tra gli altri, una qualità speciale di Bettino Craxi, e un suo difetto?

Era una persona sensibile, amava il prossimo. Chi lo ha conosciuto davvero sa che era capace di gesti impensabili. Al contempo, non ci crederà, ma era un ingenuo. Questo suo “difetto” per così dire gli è costato caro.

Il politico in fondo è sempre un essere umano, soggetto a sbagliare. Qual è, visto, in una prospettiva storico-politica, l’errore più grave fatto da Craxi?

Guardi, è davvero inutile “il senno di poi”. Molte scelte sono figlie del momento, delle contingenze, anche delle convinzioni e delle sensibilità dei suoi protagonisti. La storia non si fa con i se e con i ma. Se proprio devo, però, penso che è stato un errore capitolare, non capire quanto odio ci fosse nei suoi confronti da parte dei comunisti. Parlo anche e soprattutto della base, che si sfamava ai festival con “la trippa alla Bettino”. Ma era un uomo del suo tempo, figlioccio di quel Nenni che diede vita al “Fronte Popolare”, e pertanto nutriva un senso di fratellanza unito all’idea dell’ineluttabilità della storia. Caduto il Muro di Berlino, sapeva di dover garantire una maggioranza per il governo del Paese ma pensava davvero di sanare la ferita del ‘21 e di dare vita ad una democrazia dell’alternanza.

Suo figlio Federico, il “comandante garibaldino” come lo chiamava suo padre nel film Hammamet, oggi quanti anni ha?

Federico ha superato i 30 anni. Esteticamente assomiglia davvero al nonno. È quello che tra i nipoti, per quanto possibile, ha dei ricordi personali del nonno.

Se le dicesse che vuole fare politica, sarebbe favorevole?

Non credo proprio sia interessato. Ma comunque non glielo impedirei.

Una volta scrissi che Craxi, nonostante le vignette di Forattini, era una persona capace anche di dolcezza e aveva anche momenti di timidezza. Qualcuno si meravigliò, restò incredulo. Mi può indicare qualche tratto del carattere di suo padre sconosciuto ai più?

Era un timido. Quel velo di durezza che molti, anche strumentalmente, hanno descritto come arroganza celava un carattere timido. Chiunque lo abbia conosciuto davvero le può confermare questo tratto che, solo apparentemente, può sorprendere.

Che cosa significa per lei fare politica?

Non avevo scelto e non avrei mai pensato di fare politica, pur essendo questa un convitato di pietra che ha scandito la mia vita fin dalla nascita. Ho deciso di intraprendere questa strada per portare avanti, come ho detto, una battaglia di verità all’interno delle Istituzioni, per combattere ingiustizie, soprusi, per provare a ripristinare il primato della politica e restituire al mio Paese libertà e capacità di autodeterminarsi, liberandolo da condizionamenti di ogni sorta.

Un politico che ammira? Un politico che non sopporta?

Non sono molto dedita ad affascinazioni. Ho avuto il privilegio di avvertire il respiro della storia e quindi il fiato della cronaca non mi appassiona. Ma ammiro e stimo coloro che hanno convinzioni profonde, idee, quanti hanno il coraggio di battersi e di spendersi per ciò che reputano giusto. Non sopporto, invece, saltimbanchi, opportunisti, demagoghi, ipocriti e falsi moralisti. 

Si occupa in particolare di politica estera. Come vede la situazione in Ucraina?

È una partita molto complicata. Allo stato, si intravedono spiragli di diplomazia che vanno coltivati e che spero possano portare ad una soluzione. È un conflitto che per l’Europa avrebbe un impatto drammatico, non solo per ragioni economiche. Ma la soluzione è davvero complicata, anche per ragioni interne alla politica americana e all’indiretta interferenza cinese volta a distrarre Washington dal quadrante indo-pacifico. In queste settimane si è parlato, con un chiaro riferimento ai tempi della Guerra Fredda, di “finlandizzazione dell’Ucraina”, una strada che potrebbe consentire a Kiev lo status di democrazia indipendente e sovrana, garantendo una sorta di “neutralità” fuori dalla Nato. Certo è che se i venti di guerra avessero la meglio, l’Europa non può balbettare e deve ricordare il valore storico e strategico delle sue alleanze. 

Domanda inevitabile: a 30 anni dal crollo di un sistema politico, dia una sua definizione di tangentopoli. Immagini di spiegarlo, secondo lo schema delle Lettere persiane, a uno straniero non prevenuto e non accecato dall’odio di fazione

Non voglio essere originale. La definizione la diede Craxi che la chiamò a più riprese “Falsa Rivoluzione”. Una rivoluzione mediatico-giudiziaria da cui è stato impossibile difendersi. Un’aggressione guidata, violenta e settaria, alla politica che ha prodotto un cumulo di macerie sotto al quale è finito il nostro Paese. 

 

Mario Nanni – Direttore editoriale

 

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