Cara Marta,
la conclusione di una lezione, a volte, diviene nuovo inizio per riflessioni, spunti di analisi per una ulteriore lezione della vita o sulla vita; così è accaduto ieri, dopo una tua domanda a margine di una lettura argomentata sull‘ Esseree Tempo di Heidegger.
Mi hai chiesto, con una semplicità tutta adolescente, tutta orientata all’attesa, priva di piena coscienza intellettuale:“traslando il rapporto tra l’idea e la realtà in quello tra l’essere donna e l’essere uomo: secondo lei, l’uomo può comprendere la donna, o è la donna che comprende l’uomo?”
(dove il termine comprendere non è significativo di comprensione intellettuale, ma di capacità di inglobare).
Ti ho risposto sinteticamente che è la donna, in quanto portatrice di vita a comprendere l’idea di uomo, più semplice espressione di esigenze concrete e reali.
Dalla I alla R, lì dove la I è espressione dell’Ideale, o dell’Universale e la R, del Reale, o del particolare.
Quante volte la nostra lavagna ha ospitato queste due lettere maiuscole in rapporto univoco e unidirezionale?
Tante, troppe per qualcuno!
Ma insisto con una schematizzazione per andare alla radice delle modalità del conoscere in senso deduttivo: dalla I alla R, per dare priorità alla astrazione con il suo conseguente completamento nel reale, o induttivo: dalla R alla I, per riassumere le esperienze in una legge universale.
Formule prive, queste, di possibilità di rielaborazione personale, e/o di utilità pratica?
Mi hai chiesto: può l’idea di uomo comprendere l’idea di donna?
Ed è come se mi avessi chiesto di reinterpretare in una delle due formule la comprensione del mondo, quello della realtà rispetto a quello della volontà o della necessità: l’essere o il voler o dover essere.
La categoria dell’essere, nella sua immutabilità, nella sua eternità e stabilità che sovrasta imperturbabile gli enti (uomini, cose, case, animali), richiama l’idea di essere donna; l’instabilità, la mutevolezza, la dinamicità richiamano, al contrario, l’idea di essere uomo, o ente.
Il punto della femminilità accogliente e generatrice, non contingente, ma universale perché eternamente accogliente e generatrice, consente di invertire il rapporto biblico fra uomo e donna, favola antica e fuorviante oltre che asettica e asessuata; dalla costola dell’uomo nasceva la donna: dunque dalla I alla R, dove l’uomo era l’universale e la donna il particolare.
Ma la vita, da sempre, nasce da un atto dell’attimo, raccolto da un ventre che accasa, scalda, consola, culla, nutre e partorisce come conclusione di una gestazione più o meno voluta, più o meno responsabile.
L’essere donna è un veicolo per l’eternità, in un circolo virtuoso che conduce dall’attimo alla storia, dall’ informe alla forma, dalla potenza all’ atto, dal concreto all’astratto, dal particolare all’universale, dalla non vita alla vita, alla morte, alla vita, dalla idea di uomo/donna all’ altezza dell’Essere donna.
Un circolo virtuoso poco riconoscibile e volutamente sconosciuto che apre, anche, ad un circolo vizioso atto a giustificare bassezze e povertà, violenze e atrocità, lì dove lo sguardo non è rivolto verso l’alto, ma verso i meandri dell’oscurità, verso il luogo del silenzio e della infertilità.
Mi hai chiesto: la donna può essere la rappresentazione della necessità e l’uomo quella della realtà? La donna può incarnare l’infinito verso cui si tende e l’uomo la concretezza che si sposa con la materialità?
Mi hai chiesto: può l’essere femminile riconoscere in sé un primato di superiorità sentimentale sull’essere maschile?
Nel traslato del rapporto fra Idea e Realtà, nelle schematizzazioni del sistema gnoseologico, a quello fra donna e uomo, ti ho risposto che sì, da donna, madre, essere umano che guarda da sé, ma non da una angolazione personale del sé, sì l’idea di donna ingloba e contiene l’idea di uomo, allo stesso modo in cui l’ideale può comprendere il reale e l’infinito il finito.
Ma questa, cara Marta, non è una conclusione a nostro vantaggio.
A tutte le “Marta” della mia meravigliosa esperienza scolastica
Rita Rucco – Docente, Direttrice della Collana editoriale Pluriverso femminile