Se l’Unità europea passa dalle farine di grillo… Cos’è rimasto del Manifesto di Ventotene?

CulturaMondoPolitica

Sì, il processo unitario degli Stati europei, nella concezione del primo Manifesto nato a Ventotene, tarda ancora ad affermarsi pienamente; si sostiene, infatti, da più parti che l’attuale Unione europea sia una mancata realizzazione dei principi fondanti elaborati dai padri e dalle madri del Manifesto, anche se si registrano opinioni contrarie nel senso di una utopia realizzata.

Bene, prima di addentrarci nelle novità che ci vengono offerte dal fronte europeo con urgente funzione omologante e unificante dei vari Stati in tema ad esempio alimentare, forse sarebbe il caso di ricordare dove, come, quando e con chi nasce la prima formula di Unione tra popoli europei; una proposta seria, elaborata da intellettuali di prim’ordine e ancora irrealizzata.

Credo sia necessario, dunque, ridare uno sguardo, se pur fugace, a quell’opuscolo divulgativo, denso e ricco di riflessioni colte che fu Il Manifesto di Ventotene, che presenta obiettivi concreti di altissimo profilo, nato in clandestinità e pubblicato per la prima volta nel 1944. Una lettura a noi utile per comprendere la profondità, le innovazioni e la reale condivisione di ideologie diverse e differenti professioni politiche, amalgamate in un unicum: quelle degli uomini e delle donne tutti antifascisti in condizioni di esilio politico, al confino su un’isoletta del Mar Tirreno, al largo tra Lazio e Campania: Ventotene.

Indispensabile soprattutto per comprendere la distanza siderale fra la struttura del pensiero operante e quella di ricette improvvisate.

“Immagina un mondo in una goccia d’acqua, un mondo su uno scoglio e tutti i partiti su di esso, con la possibilità di vedersi tutti i giorni e di incontrarsi quaranta volte al giorno.”

 

 

Ada Rossi

 

 

Con questa frase, l’antifascista partigiana Ada Rossi, laureata in Matematica, facoltà ai tempi quasi del tutto preclusa alle donne, e moglie di Ernesto Rossi, rappresentava poeticamente la condizione di isolamento condivisa con altri antifascisti esuli sull’isola di Ventotene, luogo in cui si avviò il progetto di unificazione degli Stati europei federati del Manifesto.

 

 

Ernesto Rossi

 

 

Fra gli intellettuali mandati al confino dal governo fascista ricordiamo Ernesto Rossi, militante di Giustizia e libertà, economista e liberale, definito il «democratico ribelle», di tendenza liberal-radicale, detto l’anticlericale. Egli operò nell’ambito del Partito d’Azione e del successivo Partito Radicale; Ernesto Rossi aveva cominciato a riflettere sul problema dell’unificazione europea nel corso del 1936. Trasferito al confino di Ventotene dal novembre del 1939, Rossi conobbe Altiero Spinelli, cofondatore del Movimento insieme a Eugenio Colorni.

 

 

Altiero Spinelli

 

 

Altiero Spinelli era un marxista che detestava Stalin e fu espulso dal Partito comunista italiano. A causa della sua visione del mondo, trascorse molti anni in carcere durante il regime fascista: dal 1928 al 1937 nelle carceri di Lucca, Viterbo, Civitavecchia. Dal 1937 al 1939 fu mandato in confino a Ponza, e dunque a Ventotene fino al 1943.

Eugenio Colorni, un filosofo socialista, dal gennaio 1939 all’ottobre 1941 fu confinato nell’isola di Ventotene, dove proseguì i suoi studi filosofico-scientifici.

Nel 1944, con una sua prefazione, Colorni pubblicherà a Roma il Manifesto di Ventotene.

Un’altra figura femminile importante, oltre ad Ada Rossi, fu Ursula Hirschmann, una politica e antifascista tedesca socialdemocratica, poi militante del Federalismo Europeo.

 

 

Ursula Hirschmann

 

 

Dice di lei Altiero Spinelli: “La sua tendenza a tradurre ogni impegno ideale in azione pratica, le fece percepire immediatamente dove risiedesse l’originalità della nostra posizione”.

La Hirschrmann sarà il messaggero del gruppo e grazie anche all’aiuto di altre donne, le sorelle Spinelli, Fiorella e Gigliola, contribuì a diffondere idee europeiste negli ambienti antifascisti, italiani prima e tedeschi poi.

Successivamente a Parigi lavorerà fianco a fianco con movimenti federalisti ed europeisti locali, contribuendo ad organizzare il primo congresso federalista internazionale del ‘45.

Dalla collaborazione giornaliera degli uomini e delle donne a cui abbiamo accennato, si struttura l’ architettura politica del Manifesto con ideologie diverse; in questa piccola isola, infatti, un liberale, un marxista, un socialista e due donne impegnate culturalmente e politicamente, si riunivano per un unico obiettivo: migliorare il vissuto dei popoli europei unificandoli in federazione.

Il Manifesto nasce come documento fondatore dei movimenti per la Costituzione dell’Europa federale e venne redatto nel 1941 nell’isola pontina con il titolo originario: Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto.

Rossi, Spinelli, Colorni, la Rossi e la Hirschman, prendono in esame la Crisi dello Stato nazionale, sostenendo la necessità di una organizzazione sovranazionale per contrastare:

1- gli assolutismi e i totalitarismi con l’obiettivo di una politica liberale

2- il capitalismo con l’obiettivo di una società di eguali

Libertà e uguaglianza si fondono, infatti, in un unico progetto perseguito dalle ideologie liberale, democratica e socialista, rispondenti alle differenti posizioni politiche dei padri in una originale confluenza delle ideologie liberal-moderata e marxista.

Il punto di partenza è la denuncia della Società delle Nazioni fondata nell’ambito della Conferenza di pace di Parigi, a conclusione della prima guerra mondiale, nel 1919 e in seguito alla quale erano rinati, rafforzandosi, i nazionalismi e gli imperialismi aggressivi delle potenze europee.

L’Istituzione sovranazionale e federalista è la soluzione per ridistribuire le ricchezze con un governo deciso sulla base del suffragio universale, attivo dal 1979; questi sono i principi e gli obiettivi cui mira il Manifesto.

Per molti osservatori, l’Europa attuale è un fallimento totale perché i padri fondatori volevano:

– attuare un mondo di Libertà e Uguaglianza nella Pace;

– realizzare una vera “unione di intenti” capace di superare le barriere ideologiche e populistiche;

– sviluppare un nuovo modello socio-economico;

– mettere al centro l’uomo e la sua felicità;

– smussare le disparità economiche fra i singoli Stati (ricchezza distribuita   anziché concentrata in poche mani);

– combattere i nazionalismi.

Un brevissimo excursus, questo, sulla nascita, sulla elaborazione concettuale e sugli obiettivi strategici per il cambiamento di una visione del mondo; un mondo che doveva divenire costruttore di Pace, uguaglianza e fraternità e che non si è realizzato ancora: le disuguaglianze, i sovranismi, le autonomie nazionali resistono ai tempi e agli intenti, l’Europa non parla ancora un’unica “lingua” e piuttosto che “combattere” per la Pace, si offre ora convinto sostegno alla guerra.

Resiste, però, la forte necessità di accelerare il compimento dell’Unione, e in questa prospettiva i nostri attuali padri e le nostre madri europei, accanto ai 17 punti dell’agenda 2030 sottoscritta il 25 settembre 2015, elaborata in funzione di uno sviluppo sostenibile per porre riparo alle gravissime questioni socio-ambientali, e da attuare in un solo decennio e mezzo dopo i disastri compiuti per secoli, stanno pensando a soluzioni di immediata attivazione come quella di tipo alimentare, a dir poco “originali”.

I paesi europei, e non solo, avranno a disposizione dal 2023 una alimentazione ricca di proteine, ma non di grassi, derivanti da insetti, tarme, larve, grilli e vermi vari la cui produzione, già iniziata, accolta positivamente da importantissimi marchi come Barilla, avrà in Europa una produzione di 260 mila tonnellate entro il 2030.

Siamo pronti a gustare torte, dolci, pizze, orecchiette e paste di ogni varietà con la farina di grillo per sentirci empaticamente e organicamente europei?

Probabilmente tutto ciò sarà in funzione dello sviluppo di un nuovo modello socio-economico, come richiama uno dei punti del Manifesto, forse si svilupperà una nuova “unione di intenti” di tipo alimentare, ma con quasi assoluta certezza non in Italia; probabilmente si combatteranno i nazionalismi  per uniformare gusti e palati, mettendo a punto una certa unitarietà in ambito culinario, ma certamente non si riuscirà a “mettere al centro l’uomo e la sua felicità” né nei grandi sistemi internazionali, né nelle piccole realtà quotidiane personali,  perché   “Se mai l’Europa si darà una vera costituzione, sarà quando avrà intrapreso una profonda riflessione su sé medesima, ancora una volta a confronto con l’America. Questa volta per rispondere alla domanda: chi davvero noi siamo, che cosa davvero ci distingue, sempre che si voglia essere qualcuno e qualcosa, e non una semplice propaggine.

“Il Tocqueville di cui oggi avremmo bisogno sarebbe quello che fosse capace di renderci consapevoli, nelle differenze, della nostra identità.”(Gustavo Zagrebelsky).

 

Rita RuccoDocente, direttrice della Collana editoriale Pluriverso femminile, Casa editrice Milella

Luigi Einaudi e l’ideale europeista

Sebbene il nome di Luigi Einaudi venga pronunciato con rispetto, ciò non sempre corrisponde a una reale conoscenza delle sue Read more

Astensionismo, capire il perché e come rimediare

L’astensionismo cresce ad ogni tornata elettorale, dovremmo cercare di capire il perché e trovare un rimedio a questo male. Alle Read more

Conservatori o sovranisti? La Destra è al bivio

È una questione che non pochi si pongono anche in relazione all'evoluzione della Destra italiana. Il presidente del Consiglio Giorgia Read more

Ursula, ultimo fronte o ultima frontiera per i duellanti Meloni e Salvini

Il leader leghista cavalca l’indebolimento dell’asse tra la premier e la presidente della Commissione. Ma "venti di cambiamento" potrebbero trasformarsi Read more

Articolo successivo
Che cos’è il Cristianesimo? Il libro postumo di Benedetto XVI. Un’analisi della crisi dell’Occidente e l’assenza di Dio nella sfera pubblica
Articolo precedente
Lo zelo e la politica estera. Zelensky, Lilli Gruber, Sanremo e i funamboli del putinismo

Menu