Il Tribunale di Taranto ci ha regalato l’ennesimo episodio della saga di Avetrana, questa volta in versione legal drama. Il giudice Antonio Attanasio, armato dell’articolo 700 del Codice di procedura civile, ha accolto il ricorso d’urgenza presentato dal sindaco Antonio Iazzi contro la Disney.
Il motivo? Un presunto “pregiudizio irreparabile” all’immagine della città causato da una serie tv. Perché si sa, dopo anni di dirette televisive, speciali e programmi di approfondimento, è proprio una serie su Disney+ a rappresentare la goccia che potrebbe far traboccare il vaso dell’immagine cittadina. Il tutto condito con i classici ingredienti del fumus boni iuris e del periculum in mora, che in questo caso suonano un po’ come quando si cerca di chiudere il recinto dopo che i buoi sono scappati. Ma tranquilli: come nelle migliori telenovele, la soluzione era dietro l’angolo, bastava semplicemente cancellare la parola “Avetrana” dal titolo della serie.
In un’epoca in cui qualsiasi cosa può diventare una serie tv, ecco che Avetrana ci regala un plot twist degno del miglior sceneggiatore: una battaglia legale per impedire… una serie TV. Perché evidentemente non c’è niente di meglio per proteggere l’immagine di un paese che intentare una causa che farà parlare tutti i media nazionali.
L’arte di scoprire l’acqua calda (in tribunale)
Dopo 13 anni di telecamere, dirette quotidiane, speciali TV e interviste a qualunque essere vivente nel raggio di 50 chilometri, l’amministrazione comunale di Avetrana ha improvvisamente realizzato che forse, ma proprio forse, l’immagine del paese andrebbe tutelata. Con tempismo impeccabile, ha deciso di farlo proprio quando Disney+ stava per mandare in onda una serie TV sulla vicenda. Perché si sa, meglio tardi che mai, soprattutto quando c’è di mezzo l’articolo 700 del Codice di Procedura Civile.
E qui arriva il colpo di genio: per salvare l’immagine di Avetrana, bastava togliere “Avetrana” dal titolo! Chi l’avrebbe mai detto? Disney+ e Groenlandia hanno così trasformato Avetrana – Qui non è Hollywood in un più sobrio Qui non è Hollywood. Problema risolto, come se bastasse nascondere la polvere sotto il tappeto per far sparire anni di sovraesposizione mediatica.
L’arte di raccontare l’ovvio con stile
Il regista Pippo Mezzapesa, con due Nastri d’Argento e un David di Donatello in tasca, ci tiene a precisare che volevano “esplorare la complessità del male”. Un’intuizione rivoluzionaria, considerando che stiamo parlando di un caso di cronaca nera che ha tenuto l’Italia incollata alla TV per mesi. Per fortuna ci ha pensato lui a spiegarci che non volevano essere “morbosi o voyeuristici”, proprio come non lo erano state le centinaia di ore di diretta TV con primi piani su pozzi, garage e cancelli.
Il produttore Matteo Rovere ha tirato in ballo addirittura la Costituzione, ricordandoci che garantisce la libertà d’espressione artistica. Un dettaglio che evidentemente era sfuggito durante i mesi in cui ogni angolo di Avetrana veniva trasformato in un set televisivo a cielo aperto. Ma si sa, la Costituzione è come il prezzemolo: non guasta mai.
Il gran finale: tutti felici e contenti (forse)
Alla fine, come nelle migliori commedie all’italiana, si è trovata una soluzione che accontenta tutti: la serie va in onda, il paese può dire di aver difeso la sua immagine, e il pubblico può finalmente vedere quella che probabilmente sarà l’ennesima rappresentazione di una storia che conosciamo già a memoria. L’unica differenza? Questa volta non c’è “Avetrana” nel titolo, il che evidentemente la rende molto meno dannosa per l’immagine del paese.
La morale della favola? In Italia si può trasformare qualsiasi tragedia in uno spettacolo televisivo, l’importante è non metterci il nome del paese nel titolo. E se qualcuno si chiede dove sia Avetrana, tranquilli: basta cercare “Qui non è Hollywood” su Google Maps.
P.S. Per chi se lo stesse chiedendo, sì, la serie andrà in onda dal 30 ottobre 2024. Giusto in tempo per Halloween, perché anche la programmazione ha il suo perché.
Vincenzo Candido Renna – Avvocato