Calcio e (in)civiltà, Paola Vella una giovane presidente nella fossa dei leoni

La presidente del "Gallipoli calcio" (maschile) racconta in questa intervista la sua esperienza, gli insulti sessisti ricevuti e ci offre uno sguardo ai fenomeni che ruotano attorno al mondo del pallone

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Signora Vella, lei è balzata agli onori della cronaca, anche nazionale,  per aver ricevuto pesanti offese sessiste da parte di tifosi della squadra avversaria (la Signora Vella è presidente della squadra di calcio maschile Gallipoli Football Club 1909 che milita in Eccellenza ndr). Ritiene questo un episodio circoscritto e tutto sommato isolato, oppure è portata a lanciare un allarme su una situazione che riguarda anche il calcio dilettantistico, con una squadra da lei sostenuta e della quale è anche presidente? Insomma, verrebbe da dire, ma chi gliel’ha fatto fare?

Dispiace che il mio nome debba essere ricollegato a cori sessisti e a uno striscione esposto e lì lasciato in mostra per tutti i 90 minuti della durata dell’incontro. Onestamente è la prima volta che mi trovo ad affrontare in prima persona una situazione così difficile da gestire sia a livello emotivo sia professionale. La domanda “chi me l’ha fatta fare” non me la sono mai posta, ma in molti tuttavia me l’hanno rivolta.

 

 

Signora Vella, questo vuol significare che si aspettava qualcosa di diverso? 

È così! Non nascondo che mi sarei aspettato una presa di posizione e di distacco da chi quel giorno era presente allo stadio (come anche la società ASD Gallipoli (l’altra società calcistica di Gallipoli coinvolta ndr), e delle scuse che non sono mai arrivate.

Ha ricevuto solidarietà più dagli uomini o dalle donne?

Da entrambi i versanti.

Ci parli di lei. Com’è nata la sua passione per il calcio, l’esperienza di consulente per diverse squadre di calcio (Toma Maglie, Nardò) oltre – bisogna dirlo – l’impegno nel mondo del volontariato. E oggi, alla testa di una squadra di calcio maschile! Beninteso, non è una novità assoluta, ma converrà che non sono poi tante le situazioni che potremmo enumerare. Tutto ciò per dire: come fa a conciliare lavoro, interessi, tempo a sua disposizione e impegno per la squadra?

La mia passione per il calcio nasce tra il 2016 e 2017, certo un po’ tardi. Avevo quindi 36 anni (ora 41) e con una bambina di pochi mesi, quando un mio amico, avendo assistito a un mio evento moda e spettacolo (ho organizzato per anni eventi gratuiti nel Salento), mi coinvolse nel progetto calcistico magliese (aggettivazione toponomastica, dalla città di Maglie ndr) per affiancarlo nella ricerca degli sponsor. Sapeva bene che mi autofinanziavo e facevo tutto da sola.

E, dunque, tutto è partito da quell’incontro?

Proprio così! La passione in me è cresciuta a tal punto da sentirmi pronta ad affrontare l’esperienza da presidente del Gallipoli calcio, essendo tra le altre una piazza da me conosciuta e amata. Peraltro, le sfide, come quella da ex giocatrice professionista nel circuito europeo di Texas Hold’em, mi sono sempre piaciute. Ma tutto si concilia se è vero amore per ciò che si fa: il volontariato nella Protezione Civile o la presenza in varie associazioni non è altro che il piacere di fare del bene alla comunità cui si appartiene. Se vogliamo, anche esempio e messaggio per la mia bambina, futura donna.

Sia sincera, nei giorni successivi al fattaccio (insulti irriferibili) è stata tentata di mollare tutto e tornare ai suoi interessi? E visto che non l’ha fatto, ci dice il motivo vero che l’ha spinta a desistere?.                                                                                                                                                                   Superati i primi giorni, stavo anche poco bene, poiché avevo subito da poco un intervento meniscale. Ho parlato con la mia famiglia e ho chiesto non senza fatica di supportarmi al fine di concludere il mio impegno. Ho desistito dal dimettermi proprio perché quattro poveri incoscienti non potevano fermare ciò che di bello si era creato in due anni. Lo dovevo anche a tutti gli addetti ai lavori che confidavano nella mia presenza in società e che con il loro calore mi hanno dato la forza per andare avanti. Qualcuno mi ha lasciata sola, ma oggi posso dire di avercela fatta e mi sento più forte.

La sua ferma reazione, da donna,  alle offese ricevute è stata molto apprezzata, come anche difendersi con forza nell’arena dei social. E tuttavia – le chiedo conferma – tra le pieghe di tanti interventi (persino della Procura Federale), a sostegno della sua onorabilità, qua e là è serpeggiato anche qualche pregiudizio. Come valuta questa situazione? 

Inizialmente non volevo denunciare, anche per lasciare alla Procura di fare il suo lavoro ( come anche alle Forze dell’Ordine, anche se…). Ho però presto capito che serviva una risposta a tutte quelle allusioni fasulle e meschine. Ero sì, turbata, ma non avevo motivo di dubitare dell’appoggio dell’opinione pubblica. Alla fine, i quattro commenti erano degli stessi quattro idioti accecati dall’odio sul mio conto, nella forma di screenshot offensivi, già in mano al mio avvocato. Si è trattato di un concentrato di ignoranza e cattiveria.

Parliamo di calcio. Il protagonismo femminile è sotto gli occhi di tutti. Donne segnalinee, ma da tempo anche arbitri già in serie C e B. Da quest’anno, poi, per la prima volta le donne arbitreranno nel massimo campionato di calcio. Non dimentichiamo, poi, le presidente (sse), La sua squadra milita nel campionato di Eccellenza. Ci dice in breve quanti sacrifici occorrano e quanto può costare un tale campionato. Come  si fa ad andare avanti? 

Questioni diverse. E anche scontate. Non capisco come nel 2022 faccia notizia che una donna arbitri una partita maschile (ma sino a qualche anno addietro ciò era impensabile; da quest’anno, poi, le donne arbitreranno in Serie A ndr). Forse già non succede che gli incontri di pallavolo femminile abbiano un arbitro uomo? Per quanto riguarda i sacrifici, sono tantissimi, soprattutto se si hanno ambizioni di promozione, quando i costi sono certamente più alti. Si tratta comunque di centinaia di migliaia di euro. Ripeto, però, dipende da tanti fattori, a cominciare dal fatto che si abbia un impianto disponibile oppure  un settore giovanile sul quale e dal quale investire o attingere. Si va avanti tra quote-soci o come nel mio caso mi affido alla fiducia che vari imprenditori ripongono nella mia persona e professionalità.

Cosa ha imparato dalle regole che governano il calcio? 

Che la serietà e la sportività pagano, ma a volte ci vuole più tempo perché si affermino questi lavori.

Si è fissata un termine per chiudere eventualmente questa esperienza di presidente del Gallipoli o pensa di continuare? 

Al momento sono in pausa…tatuante (uso questo aggettivo o participio presente, ma mi viene il dubbio se si possa dire).

Vuole significare che questa esperienza se la sente addosso come un tatuaggio psicologico, come in una canzone di Gino Paoli ( “Averti addosso”)? 

Più o meno è così

Le risulta che ci siano in Italia altre donne presidenti di squadre maschile di calcio o Lei è una rara avis?

Sì, ci sono, ma spesso sono figlie d’arte. Io, diciamo, sono una new entry, una outsider, diciamo pure una novità, se questa frase non sembra troppo autoreferenziale.

Lei insomma è attratta dalle sfide, e si lancia con entusiasmo…

Sì certo, le sfide mi sono sempre piaciute, l’importante è credere nelle cose che si fanno, dare un buon esempio e andare avanti incurante di eventuali idioti che si possono incontrare sulla propria strada.

Ma poi come fa a conciliare queste sfide con i suoi impegni di famiglia, di lavoro, di volontariato?

Tutto si concilia se c’è vero amore in quello che si fa: l’impegno nella protezione civile, il volontariato nel mondo dell’associazionismo. E poi grande è il piacere di fare del bene alla comunità a cui appartengo. Vorrei essere un esempio per la mia bambina e non vorrei mai dare un messaggio di resa essendo lei stessa una futura donna.

 

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