Cacciari e la povera Europa

Per Massimo Cacciari l’Europa da tempo ha perso direzione e capacità di decisione, anche riguardo ai propri stessi interessi. Mentre la destra mondiale fa finta di essere identitaria, e la sinistra fa finta di essere woke

“In Russia è esplosa la pace”, titola qualcuno in merito al lungo colloquio telefonico di ieri tra Donald Trump e Vladimir Putin, con un annuncio, più che altro di cortesia, anche al presidente ucraino Zelenskyy. La notizia, dopo tre anni non solo di sangue ma anche di totale smarrimento di un continente intero è senz’altro positiva. Ma bisogna rilevare che in questa svolta l’Europa stessa sembra non aver avuto alcun ruolo: è un’iniziativa diretta di Usa e Russia, con l’Europa che sta a guardare. Lo stesso, più o meno, accade con le reazioni europee agli annunci piroclastici di Trump su tutti gli argomenti dello scibile e dell’agibile umano: l’Europa alla finestra. “Ma sono anni se non decenni che i dirigenti europei sono in stand by totale” spiega Massimo Cacciari. Se c’è un conoscitore e interprete della cultura europea è il filosofo veneziano. Che ha indagato la krisis kultur europea, ha letto i filosofi dell’irrazionalismo in maniera originale, si è impegnato in una azione politica riformista che lui stesso considera fallita (esperienza è il nome che diamo ai nostri errori) ma che è stata essenziale. 

Dunque, professor Cacciari, bilancio negativo per il passato e paralisi per il futuro?

I fatti parlano da soli. Sono anni che rappresentanti dei paesi europei non esprimono nulla: nessuna linea politica, nessuna autonomia, non sono riusciti a intervenire con efficacia in nessun campo di azione.

L’Europa non paga lo scotto di una cultura forse troppo ripiegata su se stessa? Non abbiamo forse troppo corteggiato il nulla cullandoci con idee come “la fine della storia” mentre il mondo continuava a girare?

No, non penso ci sia stato un eccesso di pensiero, ma sicuramente c’è stato e c’è un difetto di azione. Certo l’Europa, nel corso dei secoli ha manifestato una straordinaria curiosità intellettuale verso il mondo. Poi che questa si sia espresso a volte in modo, diciamo “imperialistico”, non toglie niente al fatto che l’Europa, la cultura, la civiltà europea, è stata la sola tra le grandi culture e civiltà che abbiamo conosciuto che avesse (con quella greca, da cui deriva in gran parte, o anche con quella latina) questa sete di conoscenza nei confronti di altre culture e altri popoli. Altre grandi civiltà non hanno mai avuto questa curiosità di conoscere l’altro. Per esplorarlo e magari anche poi per dominarlo, ma questa è un’altra storia. 

Be’ al momento l’Europa non domina nemmeno se stessa. Si parla molto di riarmo, si alzeranno le spese militari. Ma alla fine questo fantomatico “esercito europeo” o questa Nato “potenziata” chi li guiderà?

Sempre gli Stati Uniti, figurarsi. Chiedono dall’Europa di aumentare le spese militari, appunto, perché sono interessati a  mantenere l’Europa in una situazione di debolezza qual è l’attuale. 

Ma…

Ma questo è l’elemento permanente della politica americana: dal Dopoguerra questa è sempre stata orientata nel senso di una più o meno esplicita contrarietà ad un’Europa politicamente unita.

Un’Europa davvero unita, magari in linea con la Russia, farebbe paura agli Usa?

Non si tratta di cambiare alleanze, per carità, nessuno di noi vuole allearsi a Putin. Ma certo, un’Europa che può usare liberamente l’energia russa sarebbe un concorrente commerciale per gli Stati uniti, e senza la Russia l’Europa è un tavolo con tre gambe. 

Un pensiero su questa strana tecnocrazia alla Elon Musk. È un problema del capitalismo, della politica, o della tecnica?

Non ci può essere nessun sviluppo tecnico se non portato avanti dai grandi monopoli economico finanziari, se non le risorse dove vai? È inevitabile che che questo progresso, diciamo così tecnico-scientifico, sia orientato in gran parte anche sulla base di interessi che tecnico scientifici propriamente non sono. Qui si tratta di di vedere se vi è un’altra voce a fare da controcanto, una voce politica. Se la voce politica scompare, rimane soltanto la voce tecnica, dominata dall’interesse economico-finanziario. 

Quindi la politica ha abdicato in favore del tech?

L’apparato tecnico è diventato globale, ha una potenza globale, cioè ha una potenza in sé infinitamente superiore a quella dei singoli Stati. Soltanto assetti imperiali possono entrare in interlocuzione con questo sistema tecnico-economico–finanziario, ma ma ormai è evidente che non è neanche più così, perché Cina, Russia eccetera non non presentano una politica forte nei confronti di un sistema tecnico economico forte. Presentano una simbiosi delle due dimensioni dei due elementi, una perfetta simbiosi.  

Esempi?

In Cina più della metà del Comitato centrale del Partito Comunista è fatta da da ingegneri, tecnici, fisici, biologi, scienziati. 

Ma per esempio negli Usa tutta la tecnologia digitale nasce dal potere militare, non è libera imprenditoria…

Fa parte del business economico militare, come già denunciato da Eisenhower. Che c’è di nuovo? Questi fenomeni si sono radicalizzati ed estremizzati con i processi di globalizzazione. Fino a 30 o 40 anni fa vi era un capitalismo che aveva ancora un radicamento territoriale, statuale. Con i processi degli ultimi decenni tutto questo è saltato.

Secondo lei gli Usa si stanno radicalizzando dal punto di vista anche religioso?

Guardi, in Occidente c’è una tendenza a radicalizzarsi in modi opposti. La destra (in particolare americana)in modo religioso. 

Sono mai stati laici gli Usa?

Sulle banconote hanno scritto “In God we trust”, veda lei?

E la sinistra che fa?

La sinistra perde tempo con questa storia del linguaggio inclusivo. Se dico fratello devo dire sorella, se dico fratello e sorella devo dire omosessuale, se dico omosessuale devo dire transessuale eccetera eccetera. 

E in tutto questo la Chiesa Cattolica, che resta una potenza culturale e diplomatica, che fa?

Ci sono anche qui diverse tendenze. Da un lato Papa Francesco è l’unico che che si sforzi di richiamare le grandi potenze ad una politica fatta non di pura potenza economico-militare. Dall’altra ci sono elementi demagogico populistici che dovrebbero essere assolutamente assenti all’interno della Chiesa. Che ci va a fare il Papa a Sanremo?



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