Legge elettorale, la maledizione di Tutankhamon | Ogni cinque anni ce n’è una nuova
È come in quei film della Hammer in bianconero degli anni Cinquanta, quegli horror così bonaccioni che potevano vedere anche i bambini, con mostri dei laghi, Frankenstein e mummie con arti protesi e bende penzolanti. Effetto, queste ultime, della maledizione di Tutankhamon che, dopo qualche millennio, destato il mostro mummificato, costringeva i posteri a fare e subire la qualunque, fino all’arrivo dell’eroe. Non so quale sarcofago abbiamo smosso negli anni novanta, quando in Italia cominciammo a manomettere la legge elettorale: di certo è che dal 1993 non abbiamo smesso più di fare leggi, algoritmi e formule elettorali. Coazione a ripetere soprannaturale. In 24 anni sono cambiate cinque leggi elettorali, passando dal proporzionale di partenza, al Mattarellum, poi al Porcellum, all’Italicum e infine al Rosatellum, nomi dalla desinenza maccheronica per le prime due a causa di quel genio sardonico di Sartori, che così canzonava il dilettantismo del legislatore, ma per le ultime due per desiderio del legislatore, pensando che quell’um finale fosse un segno di qualche nobilità. Alle leggi con le desinenze maccheroniche bisognerebbe aggiungere le due sentenze della Corte Costituzionale che puntualmente venivano bocciate producendo di fatto nuove leggi elettorali. Sono passati quasi 28 anni e sarebbe il tempo, per stare in media con il cronoprogramma dettato dal faraone trapassato, di una nuova legge. Perché, tra l’altro, l’eroe che ci deve liberare dalla maledizione non si vede ancora. Stavolta l’urgenza è posta dalla riduzione della platea parlamentare, che implica una rimodulazione del sistema di elezione del nuovo parlamento. Vero è nel 2020 il governo ha provveduto a far approvare dal parlamento una piccola legge di adattamento del Rosatellum vigente in base al principio “non si sa mai”, così, se si va al voto, almeno uno straccio di legge c’è. Ma sarebbe un ripiego, non una scelta, che tuttavia, con l’aria conflittuale