Assistendo ad accadimenti internazionali sempre più preoccupanti, ormai molti si chiedono a cosa serva l’Onu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Essa nasce dalla nobile esigenza di favorire la pace e di raffreddare i conflitti nascenti sino a facilitare la pace. Si sa, le guerre vengono sempre provocate da una nazione militarmente forte con aspirazioni a sottomettere un’altra nazione debole. Ci sono voluti secoli e secoli di ingiustizie e fiumi di sangue per pervenire alla civiltà dei trattati internazionali che riconoscono inviolabili le sovranità degli Stati, assegnando a questo assunto valore morale e giuridico essenziale per la convivenza pacifica tra popoli.
La seconda guerra mondiale, con i presupposti brutali che l’hanno originata, ha rappresentato il compendio più esemplare di come una potente forza militare incontrastata, guidata da autocrati, possa svuotare la civiltà del diritto internazionale cancellando la vita degli Stati.
Il potere di veto
Ed allora, se ogni potenziale decisione di intervento dell’Onu in situazioni drammatiche è condizionata dal potere di veto di Cina, Russia, Usa, Regno Unito e Francia, diritto ottenuto alla fine dell’ultima guerra mondiale, è certo che quando gli interessi generali di ogni Paese aderente non sono compatibili con uno solo di questi Paesi privilegiati, l’Onu non ha alcuna possibilità di dire o fare alcunché.
Ad esempio, la Federazione Russa vìola la sovranità ucraina invadendola, e dunque calpestando ogni trattato stipulato anche dai russi stessi, ma l’Onu non può inviare nessuna forza di interposizione per il rispetto della legalità internazionale, come si suole in tali drammatiche circostanze, solo perché la Russia non vuole.
L’altro esempio lo possiamo trovare nella situazione pericolosa ed infuocata nel Medio Oriente. Sappiamo che Hezbollah si è insediato a sud del Libano, ai confini di Israele, per combatterla. Questa formazione paramilitare spara da anni missili in continuazione verso lo Stato ebraico, finanziata e diretta dall’Iran, senza che l’Onu intervenga. I contingenti dell’ONU sono costituiti come forza di interposizione da 10 mila soldati, di cui più di mille italiani, provenienti da 50 paesi, ma di operatività di forza di interposizione per fermare chi scaglia missili e chi poi risponde non se ne vede.
Hezbollah e la risoluzione 1701
Ma è un bene mettere in rilievo alcuni punti che non vengono chiariti. Hezbollah non fa parte dell’esercito libanese ed anzi ha contribuito grandemente allo sfacelo del Paese dei cedri, eppure allestisce una moltitudine di rampe per missili in continua attività di bombardamento e cunicoli e postazioni militari sottoterra, ma i contingenti non li contrastano.
L’Onu interpreta la sua risoluzione n. 1701 che giustifica i contingenti di interposizione come presenza di mero monitoraggio di ciò che accade in quel territorio. Ed infatti sostiene che debba essere l’esercito libanese a disarmare Hezbollah. Cioè l’esercito del Libano, svuotato da Hezbollah, dovrà disarmare Hezbollah. Ed allora è chiaro perché gli israeliani hanno chiesto a Unifil di scansarsi quando sono stati costretti a rispondere agli attacchi dei razzi.
Insomma, negli anni il delicato equilibrio libanese è stato distrutto dalle formazioni organizzate da Teheran, le quali si sono organizzate militarmente al confine di Israele indisturbate.
Dunque la risoluzione precisa il sostegno all’esercito libanese per difenderlo dalle ingerenze di Hezbollah, per salvaguardare la sua piena legittimità a custodire il proprio territorio nazionale. Ma non vede cunicoli, gallerie in costruzione, allestimenti militari e posizionamenti missilistici, esautoramento dell’esercito legittimo ed anche delle stesse istituzioni, rendendo il Libano una colonia iraniana. Ed allora è quantomeno controversa la querelle tra Unifil e Israele sulla indisponibilità a spostarsi di qualche contingente per poter rimuovere gli attacchi di Hezbollah perpetrati nelle zone adiacenti all’insediamento delle forze Onu.
Quel che accade sottoterra
Ma anche la situazione a Gaza, gestita da Hamas a scavalco delle autorità palestinesi, con gallerie e postazioni missilistiche che sparano ogni giorno contro Israele, risulta una situazione anomala. Infatti l’Unrwa, organizzazione Onu presente a Gaza con 12 mila operatori, non ha mai denunciato nulla di ciò che accade sotto terra ed in superficie con ospedali e scuole che si sospetta siano scudi per evitare ritorsioni dopo i loro attacchi.
Dal suo canto, l’intelligence israeliana denuncia da tempo che circa mille e duecento dipendenti Unrwa hanno legami con Hamas o con la Jihad islamica; almeno la metà sono parenti di appartenenti a gruppi militanti islamici. A questi si aggiungono gli Houthi dello Yemen, ribelli contro il governo yemenita, assoldati ed armati anch’essi dall’Iran. Sappiamo che sparano missili su Israele e sulle navi occidentali in transito nel Mar Rosso e Suez, danneggiando l’economia mediterranea ed europea.
Il piede in due staffe
Ma l’Onu al massimo partecipa alla fastidiosa e reticente retorica corrente. Due più due in matematica fa quattro, e dunque si capisce a naso che in queste vicende l’Onu regolata dal diritto di veto non aiuta ad evitare le guerre, ma è usata palesemente dai paesi autocratici per creare difficoltà a quelli democratici. Sarebbe molto utile un’Onu che procedesse con decisioni assembleari a maggioranza qualificata, per registrare il massimo di consenso nelle operazioni di interdizione occorrenti per arginare azioni contro la legalità internazionale.
Ma queste vicende dovrebbero sollecitare più riflessioni. I pacifisti di intestarsi la riforma Onu, agli europei di svegliarsi, alle autorità italiane di non dare l’impressione di non capire quello che sta succedendo, pur di tenere, da italietta, il piede in due staffe.
Raffaele Bonanni – Docente – Già Segretario generale della CISL