Politica

Laicità dello Stato, diritto naturale e Grundnorm. Un alto magistrato, Tanisi, replica a Marcello Pera

In una recente intervista al quotidiano “La Verità”, il sen. Marcello Pera (già presidente del Senato), rispondendo ad alcune domande inerenti il disegno di legge costituzionale noto come “premierato”, si è lasciato andare a considerazioni di più ampio respiro sulla democrazia, la politica e il diritto, a margine di un convegno dal titolo quanto mai allarmante: “Il suicidio dell’occidente”.       Secondo Pera, l’arma che avrebbe provocato tale suicidio sarebbe rinvenibile nel concetto di laicità dello Stato. A giudizio del senatore ed intellettuale liberale, libertà e diritti fondamentali non possono essere giustificati in assenza del ricorso a Dio e alla religione, dal momento che – a suo dire – anche la laicità si fonderebbe in definitiva sui valori cristiani, adottati come norme fondamentali. E, per spiegare meglio il suo pensiero, Pera richiama il libro “Laicità”, di Augusto Barbera (attuale presidente della Corte Costituzionale), nel quale l’autore sarebbe incorso in una palese contraddizione, definendo la laicità come “separazione del diritto e della politica dalla religione”, ma poi ammettendo che “sopra il diritto di Creonte” (il diritto positivo) sta “il diritto di Antigone, quello religioso degli dei”. Da qui l’inferenza che la laicità non sarebbe sufficiente a fondare il diritto. Non ho letto il libro di Barbera e su questo non posso pronunciarmi, ma da tecnico del diritto (e da cristiano credente), reputo non condivisibile l’assunto del sen. Pera. Il tema che egli (ripro)pone è quello del rapporto (meglio: del conflitto) fra diritto naturale e diritto positivo. Il primo basato su una ‘legge’ per lo più non scritta, proclamata come valida al di là dei limiti di tempo e di spazio, radicata nella “natura” – divina o umana (secondo Pera, divina) – e collocata al di sopra della volontà e degli estri di legislatori e maggioranze; il secondo, al contrario, basato

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