“Il rispetto è una parola bella e difficile, è un diritto e un dovere. Non puoi farti rispettare se non sai chi sei”. La conferenza stampa con l’Associazione Stampa Parlamentare a Montecitorio nemmeno 24 ore dopo il rimpatrio di Cecilia Sala da Teheran è il giorno di Giorgia Meloni superstar. Applaudita in modo trasversale, ringraziata dai genitori della giornalista arrestata dal regime iraniano, lodata dalla stessa protagonista del caso diplomatico: “Mai pensato in questi 21 giorni che sarei stata a casa oggi”.
La premier sa benissimo chi è, e lo ribadisce – in oltre due ore di conferenza, con 40 domande, tra sorrisi e battute, qualche sarcasmo ma pochissime asprezze – ad elettori, opposizione ed anche alleati. Alternando la carota di toni dialoganti con punte ecumeniche, quasi andreottiane – i giudici che perdono l’occasione di apportare un contributo positivo alla riforma della giustizia, la stampa a cui propone di lavorare insieme per tutelare gli inviati sui fronti di guerra – al bastone di posizioni inflessibili: Matteo Salvini non andrà al Viminale, in Veneto l’opzione di un candidato FdI al posto di Luca Zaia è in campo, Elon Musk è meno pericoloso e ingerente di George Soros, i suicidi nelle carceri si risolveranno con 7mila posti in più previsti dalla normativa sull’edilizia carceraria, altro che indulti o amnistie.
Parte da quello che è indiscutibilmente un suo successo politico e personale: la liberazione di Sala è frutto di una “triangolazione” con Usa e Iran, un lavoro non “fatto da sola” bensì di squadra, ringrazia il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il potente sottosegretario di Chigi Alfredo Mantovano, oltre che intelligence e diplomazia.
È una risposta indiretta ai retroscena sulle dimissioni di Elisabetta Belloni dal Dis per attriti con entrambi: la premier le dichiara “stima e rispetto”, ma certo questo esito rapido la rafforza rispetto ai sospetti di aver messo in ombra una risorsa pregiata per gli apparati di sicurezza dello Stato (le succederà il prefetto Vittorio Rizzi, attuale vicedirettore dell’Aise). Allo stesso modo, negare che ci sia stato “un punto di svolta”, mira a togliere dai riflettori il viaggio da Donald Trump che in realtà è stato lo snodo decisivo: Meloni ha capito che doveva prendere in mano la situazione, e l’azzardo ha premiato.
L’ombra dell’accordo con Starlink
Molte le domande sull’interventismo di Musk e i suoi riflessi sulle democrazie: il prossimo ruolo nell’amministrazione Trump, gli attacchi a Olaf Scholz e Keir Starmer, da ultimo persino a Nigel Farage, ma soprattutto l’ombra di un accordo dell’Italia con Starlink per crittare le conversazioni militari. Meloni tiene il punto sul personaggio, derubricato a privato “facoltoso”, e frena sulla partnership. Nessun accordo firmato, si tratta di “normali interlocuzioni”: “Valuto gli investimenti stranieri solo con la lente dell’interesse nazionale, non delle amicizie”. Ma sull’imprenditore sudafricano, che persino Steve Bannon considera un pericolo, non c’è “nessuna lettera scarlatta”.
La premier cavalca con sicurezza l’onda dell’oggettiva difficoltà, in questa giornata, nell’attribuirle pecche anziché sottolineare la forza politica anche internazionale della liberazione della giovane cronista. Promette un allargamento del piano Mattei a cinque Paesi africani, notifica che il suo è il settimo governo più longevo della Repubblica e non pensa al rimpasto – Piantedosi è “un ottimo ministro”, su Santanchè si vedrà cosa decidono i giudici – , è contraria al terzo mandato per i governatori e impugnerà la legge della Campania pur consapevole che “non c’è un’unica posizione nella maggioranza” (tradotto: Salvini è nei guai con l’ala nordista della Lega).
In nome della sorella
Glissa sulle voci di un’inchiesta sulla sorella Arianna che pare non essere mai esistita: “Mai parlato di complotti, ma su Arianna troppe notizie false. O è cialtroneria o strategia”. E’ l’opportunità per rilanciare, con moderato slancio, l’ex madre di tutte le riforme, impantanata alla Camera: “Io vorrei arrivare alle prossime elezioni con la riforma del premierato approvato e una legge elettorale tarata su questo”. Quanto ai tempi del referendum, nessuna certezza. Maggiore freddezza sull’autonomia: la legge, per il governo, si auto-applica, ma si attende l’ultima parola della Corte Costituzionale sulla consultazione popolare.
Meloni stavolta pratica la politica del sorriso, anche se fa un lavoro “faticosissimo” che non le consente di leggere (tranne il Pnrr) o di guardare serie tv (su Mussolini). Non si scompone neppure quando le chiedono se Trump potrebbe annettersi Panama e Groenlandia: “Penso che sia escluso, era un messaggio ai grandi player che non lascerà zone di interesse per gli Usa alla Cina”. I dazi non sono nati con The Donald, il rapporto tra di loro è “solido”. E, se l’agenda consentirà, andrà all’insediamento del 20 gennaio. Un’opzione accarezzata da tempo, inedita per il premier di un altro Paese, che solo ora Meloni si sente abbastanza forte e salda da poter esplicitare. Con buona pace delle ambizioni di Salvini.
Scudo e camomilla
Clamorosa la copertura alla proposta di uno scudo penale per le forze dell’ordine che sparino in servizio: “Troppe volte temono un calvario giudiziario se fanno il loro lavoro”. Qualcuno le ricorda la vicenda di Torino, dove grazie all’inchiesta (che può ovviamente concludersi con un’archiviazione) sta emergendo una diversa ricostruzione dell’incidente che ha portato alla morte del 19enne di origine egiziana Ramy, schiantatosi con il motorino, e del comportamento dei carabinieri all’inseguimento.
Il resto è camomilla a profusione: “incoraggianti” i dati sul lavoro”, sul fisco priorità ai redditi bassi ma ora tocca al ceto medio, “risultati record” della lotta all’evasione (con stoccata a Ernesto Ruffini, direttore dimissionario dell’Agenzia delle Entrate: “Dispiaciuta da dichiarazioni ingenerose, non sono io la leader a cui creerà problemi”).
Da citare un momento di surrealismo. Quando il reporter dell’agenzia di stampa Vista Alexander Jakhnagiev le chiede se camminando calpesta le formiche, aggiungendo che secondo sua nonna nella deprecata ipotesi poi piove sempre: “Oddio, se ne me accorgo no… starò più attenta”.
Federica Fantozzi – Giornalista