L’11 novembre è stata inaugurata, a Baku (Azerbaigian) la 29esima edizione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. La Conferenza, che si prolungherà fino al 22 novembre, è il principale evento internazionale sul clima e, quest’anno, anche in seguito all’elezione di Donald Trump, si è aperta con non pochi chiaroscuri.
Numerosi, infatti, sono i leader mondiali che hanno deciso di disertare la Cop29. Le assenze più rumorose sono state quelle del presidente americano Joe Biden, del presidente Xi Jinping, della presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, del presidente indiano Narendra Modi e dei leader europei Olaf Scholz ed Emmanuel Macron.
“Ambizioni” ambientali alla Cop29
Nonostante l’assenza delle leadership degli Stati responsabili della maggior parte dell’inquinamento globale, alle quali si è aggiunto il ritiro della delegazione Argentina richiesto dal presidente Javier Milei, allineato alle posizioni di Trump; il summit, a cui partecipano 198 parti (197 Stati più l’Unione europea), si è aperto con la definizione dei pilastri promossi dalla presidenza azera. Nello specifico, volontà di Baku è quella di promuovere una strategia che possa “migliorare l’ambizione”, ossia agire affinché gli stati si impegnino con piani nazionali ambiziosi e trasparenti e “consentire l’azione”, ovverosia utilizzare la finanza quale strumento chiave per tramutare l’ambizione in realtà e, in tal modo, realizzare gli obiettivi prefissati e rimanere al di sotto della soglia di 1,5°C.
In questo quadro politico, l’Italia – insieme alla Gran Bretagna di Keir Starmer – è l’unico Paese del G7 che ha deciso di partecipare alla Conferenza di Baku. La strategia italiana, come sostenuto dal ministro Gilberto Pichetto Fratin, è quella di mostrare al mondo un Paese dinamico che agisce seguendo le linee guida promosse dall’accordo di Parigi e, in tal senso, può garantire un contributo reale alla gestione dei sempre maggiori e più frequenti danni dovuti ai cambiamenti climatici. Come espresso dal ministro Fratin, infatti, l’Italia si muove per ampliare la propria indipendenza energetica, puntando principalmente sulle rinnovabili e, prossimamente, sul nucleare.
Oggi, però, l’impegno più concreto è sulle rinnovabili dove il ministro conta di raggiungere e, altresì, superare gli 8 gigawatt.
Oltre all’impegno e alla presenza del ministro Fratin, l’Italia è stata rappresentata, al massimo livello, dall’intervento della presidente del consiglio Giorgia Meloni che, dal palco della Cop29, ha presentato la posizione italiana in merito alla battaglia per combattere il cambiamento climatico e, soprattutto, le modalità secondo cui Roma intende affrontare la sfida della transizione energetica.
La presidente Meloni ha ribadito l’impegno italiano a perseguire gli ambiziosi obiettivi prefissati a Dubai, ma ha tenuto, al tempo stesso, a sottolineare la necessità di considerare la sostenibilità dei sistemi produttivi e sociali nella transizione alla decarbonizzazione. Infatti, secondo Meloni il processo di transizione deve partire da un concetto: la natura va difesa con l’uomo al centro. Questo approccio – a suo giudizio -potrà permettere un giusto bilanciamento energetico e, di conseguenza, una transizione ispirata dal pragmatismo e non dall’ideologia.
Insieme alle rinnovabili, quindi, bisognerò contare su gas, biocarburanti, idrogeno, cattura CO2 e, in futuro, il nucleare da fusione che, potrà produrre «energia pulita, sicura e illimitata». Un progetto, quello del nucleare da fusione, che vede l’Italia in prima linea.
Il nucleare non sia un’arma geopolitica
Nelle more della presidenza italiana del G7, infatti, è stata organizzata la prima riunione del Gruppo mondiale per l’energia da fusione promossa insieme all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica e, al tempo stesso, il governo ha avviato i primi confronti con Leonardo, Enel ed Ansaldo Energia per costituire una newco a sostegno pubblico che possa lanciare il settore.
Le opportunità del nucleare, per la presidente Meloni, consistono principalmente nella possibilità di rendere l’energia non più un’arma geopolitica, bensì una “risorsa ampiamente accessibile” ed è per questo, ha concluso Meloni, che l’Italia sta lavorando su una diplomazia dell’energia che possa ampliare le occasioni di cooperazione tra nord e sud del mondo.