Tutta la storia di Stefania Battistini, la reporter che Putin vuole vedere in manette. Fenomenologia di un caso globale

Sull’inviata di guerra del Tg1 pende un mandato di arresto deciso dalle autorità russe. Oggi la giornalista è obbligata a vivere sotto scorta: un prezzo troppo alto da pagare sull’altare della professione

La notizia ha già fatto il giro del mondo. Il tribunale distrettuale Leninsky di Kursk ha accolto la mozione dell’ufficio regionale del servizio di frontiera russo di emettere un mandato di arresto per i giornalisti italiani Stefania Battistini e Simone Trainientrati illegalmente in Russia dall’Ucraina per girare un servizio televisivo sulla situazione ucraina”.

Lo riferisce il servizio stampa della magistratura della regione di Kursk, così come riporta l’agenzia di stampa russa Interfax. I due giornalisti per fortuna sono tornati in Italia, ma nei fatti vivono sotto scorta, guardati a vista dai servizi di sicurezza italiani per evitare possibili rappresaglie straniere. Una vita difficile, e forse anche un prezzo troppo alto da pagare sull’altare della professione che in questo caso è fatta di rigore e altissima professionalità.

“La giornalista Stefania Battistini e il cameraman televisivo Simone Traini, insieme ad alcune persone non identificate – precisa Interfax- sono entrati nella Federazione Russa dal territorio ucraino con l’intento di filmare un servizio televisivo sull’invasione del distretto di Sudzha nella regione di Kursk da parte di unità armate ucraine con l’ausilio di carri armati, artiglieria e mezzi leggeri, veicoli blindati, il 6 agosto 2024. Dopo aver oltrepassato illegalmente il confine russo, si sono recati a Sudzha, nella regione di Kursk, con un veicolo da trasporto di unità armate ucraine.

I due giornalisti italiani inseriti nelle liste dei ricercati della Russia, “sono accusati di aver oltrepassato il confine di stato russo. Saranno posti in custodia il giorno in cui verranno arrestati in territorio russo o estradati in Russia, prima di un eventuale processo”.

Stefania Battistini e Simone Traini
Stefania Battistini e Simone Traini

Il racconto

“Siamo partiti per Kyiv il 13 febbraio con una valigia leggera, senza elmetti né giubbotti antiproiettile. Io e i colleghi Simone Traini, Mauro Folio, e poi Badreddine Naceur, eravamo consapevoli dell’allarme dell’intelligence americana, ma non credevamo certo di assistere all’invasione di uno Stato sovrano nel cuore dell’Europa, a quasi ottant’anni dalla Seconda Guerra Mondiale. Pensavamo di restare una decina di giorni. È passato più di un anno e l’Ucraina è tragicamente diventata una seconda casa”.

Immediata in Italia la mobilitazione sindacale. Piena e concreta solidarietà ai due giornalisti è stata espressa  da Unirai Figec,  che ha denunciato “l’ennesima provocazione dello stato russo, in spregio delle normali regole di democrazia e del lavoro di un giornalista”.

“Unirai – ha spiegato il sindacato dei giornalisti Rai guidato da Francesco Palese – è al fianco dell’inviata del Tg1 Stefania Battistini e del suo operatore Simone Traini ai quali offre l’assistenza legale dopo la decisione del governo russo di inserire i due professionisti nell’elenco delle persone ricercate. Bene ha fatto il ministro degli esteri Tajani a convocare l’ambasciatore della Russia a Roma e bene fa la Rai a tutelare in ogni sede i colleghi”.

La sola colpa di Stefania è quella di aver fatto il suo mestiere e alla grande, come pochi altri al mondo, testimone del suo tempo e della guerra di cui lei è stata davvero protagonista di primissimo piano. Cercate il suo ultimo libro e troverete delle pagine di una straordinaria forza mediatica ed emotiva.

Battistini e Traini, la solidarietà dei colleghi

Ho sempre pensato che fare questo mestiere significasse – anche – farsi attraversare dal dolore delle persone; sanguinare un po’ con loro. Solo così si può restituire a chi ti ascolta un pezzo di quella verità, un pezzo di quell’esistenza. Per farlo, è però necessario non farsi travolgere dall’onda emotiva, mantenere la lucidità necessaria per cogliere gli eventi, in un esercizio di dentro e fuori dalle emozioni che è una palestra che si affina in anni di professione. Non significa affatto abituarsi all’orrore, diventare cinici per difenderci dalla sofferenza. Anzi. Significa imparare a bilanciare la dimensione emozionale – profondamente umana – con quella più razionale e analitica”.

Lo stesso segretario generale della Figec, Carlo Parisi, nel rinnovare la piena solidarietà ai due colleghi della Rai, ha sottolineato che “Stefania Battistini, insignita il 21 settembre scorso del Premio Internazionale Mozia, è il simbolo del giornalismo sul campo che racconta la guerra con la sensibilità e il rigore che ogni cronista dovrebbe avere”.

L'inviata del Tg1 Stefania Battistini
L’inviata del Tg1 Stefania Battistini

C’è anche una nota ufficiale di Usigrai: “La richiesta russa di estradizione e l’ordine di arresto per Stefania Battistini e Simone Traini sono una provocazione inaccettabile. L’Usigrai chiede una presa di posizione unanime del governo contro questa ennesima intimidazione nei confronti dei giornalisti italiani. Esprimiamo tutta la nostra preoccupazione per i contorni che sta assumendo questa vicenda, rinnoviamo piena solidarietà ai colleghi del Tg1 e ci auguriamo che l’ambasciatore della Federazione Russa in Italia venga convocato con urgenza per chiarire la posizione del nostro Paese a tutela del lavoro giornalistico e della libertà di informazione”.

I nomi di Stefania Battistini e Simone Traini da settimane ormai compaiono ufficialmente nel database dei ricercati del ministero dell’Interno russo sulla base di “un articolo del codice penale” non ancora ben specificato. Ma l’agenzia Tass ricorda che per l’ingresso illegale in Russia è prevista una pena fino a cinque anni di reclusione. Nella lista dei ricercati figurano altri inviati stranieri, Simon Connolly di Deutsche Welle, Nick Walsh della Cnn e le giornaliste ucraine Natalia Nagornaya, Diana Butsko e Olesya Borovik.

“Questo racconto, il racconto di un anno di guerra, non sarebbe stato possibile senza l’essere squadra. Simone Traini, Mauro Folio, Badreddine Naceur sono stati molto più che colleghi. Insieme abbiamo condiviso le scelte dei luoghi. Abbiamo affrontato le paure. Ci siamo reciprocamente obbligati a indossare caschi ed elmetti quando la stanchezza avrebbe spinto a liberarci di quei chili in più. Ci siamo guardati, in silenzio, per cogliere segni di malessere, magari nascosti, dopo aver visto tanto orrore, esattamente come fa un genitore con un figlio. Soprattutto, abbiamo condiviso un modo di intendere la professione: mettere davanti le persone, le vittime, a qualunque altra dinamica”.

Subito dopo le prime avvisaglie l’amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio, aveva richiamato in patria i due giornalisti “esclusivamente per garantire la loro sicurezza e tutela personale di ognuno di due”. La stessa Rai, ai suoi massimi livelli, parla oggi di “un atto di violazione della libertà d’informazione” e riconferma che “Stefania Battistini e Simone Traini hanno svolto in modo esemplare e obiettivo il proprio lavoro di testimoni degli eventi di questi mesi”.

La Rai, si sottolinea ancora da Viale Mazzini, “continua a svolgere il proprio ruolo di servizio pubblico anche grazie alla coraggiosa attività dei propri giornalisti e inviati e si riserva di operare in ogni sede per denunciare la decisione del governo russo a difesa della libera informazione e a tutela della propria giornalista e dell’operatore”.

Le devastazioni plurime della guerra

“Ho conosciuto questo popolo giorno dopo giorno, fermandoci per le strade, entrando nelle case che le persone ci aprivano per invitarci a bere una tazza di tè coi biscotti – o a mangiare un pezzo di lardo con la vodka! -nonostante avessero perso tutto. Persone ferite, sanguinanti, che, pure, avevano tra i primi pensieri anche quello della nostra sicurezza. Quei “grazie per essere qui, dite al mondo quello ci sta succedendo” hanno dato a tutti noi la benzina per continuare a testimoniare. Persone che davanti ai cadaveri dei loro cari consegnano al giornalista un pezzo della loro verità e una richiesta di giustizia. È una profonda responsabilità, ma è anche ciò che riempie di senso questo mestiere meraviglioso”.

Ogni giorno, ogni sera, ogni notte l’inviata del Tg1 racconta la tragedia immane del popolo ucraino, ma racconta soprattutto le devastazioni plurime della guerra, i dolori di intere città, le ferite profonde che il conflitto russo ucraino ha inferto a quel Paese. E lo fa con assoluta discrezione, con un rispetto quasi sacro per le persone che incontra per strada e che intervista, e per le tante storie di disperazione che ogni giorno da mesi ci propone.

Stefania Battistini durante un servizio
Stefania Battistini durante un servizio

Impeccabile, precisa, documentatissima, senza fronzoli, senza eccessi, un linguaggio asciutto, veloce, di forte impatto mediatico, ma soprattutto il dono della sintesi e il rigore delle notizie che dà. È questa l’immagine, solenne, austera e rassicurante insieme, che Stefania Battistini ci dà di sé stessa in televisione, storica inviata di guerra del Tg1.

Ci sono persone che ho disturbato a ogni ora del giorno e della notte per avere una loro opinione, una loro idea sui fatti, un consiglio, o anche solo per una chiacchiera o una confidenza: Loris Mazzetti, Guy Chiappaventi, Marco Caputo, Antonio Ferrari, Francesco Faranda, Maria Gianniti, Andrea Semprini, Claudia Loda, Claudio Chierici, Luigi Alfieri, Mara Pedrabissi. Il loro esserci sempre stati mi ha davvero aiutata nei momenti più complessi. Così come le tante persone che su Facebook, su Twitter, su Instagram hanno scritto per ringraziare, per partecipare, per condividere i sentimenti provati nel vedere l’aggressione terribile che stiamo raccontando. Questo idem sentire ha fatto sì che non mi sentissi mai sola, è stata una grande ricchezza”.

L’esordio professionale

Nata a Milano il 16 aprile 1977, Stefania Battistini si laurea in Scienze della comunicazione con 110 e lode e dal 2007 diventa giornalista professionista. La sua carriera in Rai iniziata come reporter per il Tg1 e per Speciale Tg1. Le affidano subito i primi servizi da zone di guerra come il Kurdistan e la Siria, e la sua esperienza sul campo la porta varie volte faccia a faccia col pericolo.

Nel 2017 la giornalista viene minacciata da un uomo armato, nel bel mezzo di un servizio, poi il 3 marzo di quest’anno in Ucraina, subisce un assalto vero e proprio mentre è in diretta con Uno Mattina, e che lei racconterà subito dopo con un self control fuori dal comune.

Hanno spalancato la porta urlando coi fucili spianati. Hanno buttato a terra i due operatori di ripresa Simone Traini e Mauro Folio, con il ginocchio premuto sulla loro schiena e il kalashnikov puntato a 2 cm dalla loro testa. Erano evidentemente molto nervosi, quindi poteva accadere qualunque cosa. Dopo circa un quarto d’ora è arrivato il capo della Polizia e siamo riusciti a spiegare chi eravamo e cosa stavamo facendo. Quello che è successo stamattina racconta il livello di tensione che sta vivendo il popolo ucraino, per cui qualsiasi attività considerata fuori dall’ordinario viene considerata un’attività nemica, una possibile minaccia. Quindi qualunque giornalista straniero, soprattutto chi si ferma diversi giorni, è considerato un possibile pericolo, un possibile sabotatore, una possibile spia”.

Stefania Battistini alla cerimonia del premio Mozio
Stefania Battistini alla cerimonia del premio Mozio, consegnatole da Gianni Letta

 Il 21 settembre scorso Stefania arriva a Mozia scortata dalla polizia, è qui per ritirare un Premio alla carriera, è in compagnia di tanti altre eccellenze italiane premiate, ma si coglie con mano l’attenzione e l’ammirazione che la platea del prestigioso Premio siciliano dedica a lei e alla sua storia. Che oggi grazie a lei- dice dal palco il presidente della giuria del premio Gianni Letta- è anche la storia di milioni di altre persone in tutto il mondo.

L’Ucraina ha già vinto, mi sono detta molte volte. L’aggressione russa ha prodotto un’unità senza precedenti nel popolo, diviso storicamente tra due mondi, l’ovest – l’Europa e gli Stati Uniti – e l’est, con la Federazione Russa che ha sempre fatto leva sul passato sovietico di relazioni, pensando di poter controllare il Paese. Oggi chi è rimasto su questa terra ha la profonda consapevolezza di cosa significhi essere parte di una Repubblica Indipendente, di un popolo unito da una storia e da valori condivisi”.

Tra popolarità e sobrietà

 Stefania Battistini e la guerra, dunque. Stefania Battistini e l’Ucraina, Stefania e il giornalismo, Stefania e il suo essere donna sembrano la stessa cosa. Le due facce della stessa medaglia. Addirittura, Stefania -dicono i sondaggi- è diventata così popolare nelle case degli italiani che non servirebbe neanche presentarla quando compare in televisione, la gente la conosce così bene, la vede ogni giorno, e ha imparato a seguirla e soprattutto ad amarla.

Stefania è la sobrietà assoluta. Appena un filo di trucco, quanto basta per nascondere le brutture di certe alzate improvvise, o per evitare i segni della paura e dello smarrimento, perché quando suona l’allarme che preannuncia nuovi attacchi aerei anche i giornalisti vivono le stesse emozioni e lo stesso terrore della gente che subisce la guerra. Tutti insieme, dentro lo stesso contenitore. Tutti insieme sotto la stessa cappa di paura e di rombi mortali.

La verità assoluta -scrive nel suo libro- non esiste, ce lo hanno insegnato i più grandi filosofi. Ma esiste il dovere professionale di avvicinarsi ai fatti il più possibile. Essere sul posto e verificare. Raccogliere testimonianze e confrontarle. Parlare con tutti, come ci ha insegnato Enzo Biagi: dal contadino che sta arando il suo campo, fino al consigliere del Presidente della Repubblica. Mettere in dubbio le proprie convinzioni, senza ignorare ciò che può scalfirle. È quello che cerco in ogni viaggio: qualcosa che possa confutare l’idea con cui ero partita. Per rafforzarla o per cambiarla”.

Donna elegante, preparatissima, mai banale, mai superficiale, sempre pronta a spiegare i tanti misteri del conflitto. È come la guerra fosse anche la sua guerra, eternamente vestita di nera con questo giubbotto antiproiettile che le regole aziendali giustamente spesso le impongono anche al chiuso. Ma una guerra è sempre una guerra, con i suoi morti e le sue rovine, e Stefania Battistini questa guerra in Ucraina l’ha raccontata dall’inizio fino alla fine con l’equilibrio dei grandi inviati speciali di un tempo.

Niente emozioni private, niente riflessioni soggettive, niente analisi azzardate, ma la serietà e il rigore assoluto del racconto e dei fatti da proporre al suo pubblico.

La copertina del libro Una guerra ingiusta (Piemme)

C’è un libro in cui lei racconta sé stessa sui fronti di guerra in Ucraina, Una Guerra Ingiusta-Racconti e immagini dell’Ucraina sotto le bombe, Edizioni Piemme, e in cui ricostruisce gli orrori della guerra in Ucraina. “Normal. Questa – scrive Stefania- è la reazione del popolo ucraino nel Donbass al suono delle scariche di colpi. “Ci siamo abituati”.

“L’Ucraina ha già vinto, mi sono detta molte volte. L’aggressione russa ha prodotto un’unità senza precedenti nel popolo, diviso storicamente tra due mondi, l’ovest – l’Europa e gli Stati Uniti – e l’est, con la Federazione Russa che ha sempre fatto leva sul passato sovietico di relazioni, pensando di poter controllare il Paese. Oggi chi è rimasto su questa terra ha la profonda consapevolezza di cosa significhi essere parte di una Repubblica Indipendente, di un popolo unito da una storia e da valori condivisi”.

In questo suo libro troviamo in realtà quelli che lei chiama “i ritratti delle città colpite, delle case sventrate, delle scuole che al posto delle cartine geografiche sulle pareti mostrano cartelli che illustrano le armi. E soprattutto le persone dalle vite spezzate che, nonostante tutto, non vogliono smettere di credere nella pace”.

In Una guerra ingiusta Stefania racconta, a un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, la vita sotto le bombe e lo fa accompagnando il suo diario con delle foto che lei stessa ha scattato nel corso di questi lunghi anni di guerra. Quando il 21 febbraio 2022 Putin ordina l’ingresso delle forze armate russe in Donbass per quella che chiama “operazione di mantenimento della pace”, erano infatti già otto anni che la regione più orientale dell’Ucraina viveva nel terrore di un conflitto iniziato in sordina.

Vladimir Putin

Ma ci si può davvero abituare alla guerra, al sapere di poter morire in qualsiasi momento?

Stefania Battistini questa volta – che tra i numerosi premi ricevuti, lo scorso novembre ha avuto l’onorificenza dell’Ordine della Principessa Olga da parte della presidenza della Repubblica d’Ucraina come inviata di guerra- ci prende per mano e ci accompagna nell’Ucraina sotto assedio raccontando un anno di guerra attraverso testimonianze e situazioni vissute in prima persona, raccontati con una sensibilità e una forza d’animo davvero fuori dal comune. Mi piace sottolinearlo, ma Una guerra ingiusta è un libro per ragazzi, certo, ma in fondo è un libro anche per noi adulti.

Abbiamo scelto quest’immagine istituzionale, lei che racconta la sua esperienza professionale al Parlamento europeo, perché mai come in questo caso abbiamo a che fare con una “donna di Stato”, a cui il giornale più seguito dagli italiani ha affidato il compito, assolutamente non facile, di raccontare una delle guerre più complicate di questo secolo, certamente uno dei conflitti più difficili da analizzare, soprattutto per le mille implicazioni possibili che il racconto della guerra potrebbe produrre sul piano internazionale. Un compito delicatissimo, che Stefania Battistini a nostro giudizio ha già svolto con il massimo risultato possibile.

A lei e a Simone Traini la solidarietà anche del nostro direttore Mario Nanni e del Gruppo Editoriale The Skill.

Pino Nano – Giornalista – Già caporedattore centrale della Rai

Previous slide
Next slide
Previous slide
Next slide
Previous slide
Next slide