Le furie di Venezia, un thriller nelle viscere del Novecento tra gli oscuri misteri di Hitler e Mussolini

Fabiano Massimi costruisce un giallo pieno di colpi di scena che illumina una storia umana eccezionale e una pagina buia della storia, grazie anche a documenti storici inspiegabilmente rimasti sotto il pelo dell’acqua

Adolf Hitler e Benito Mussolini a Monaco nel 1940 - Wikimedia Commons

È il 15 giugno 1934, piazza San Marco a Venezia è gremita di camicie nere: Benito Mussolini, allora uomo forte d’Europa, sta per incontrare per la prima volta Adolf Hitler, per discutere di un’alleanza tra i loro paesi. In mezzo alla folla elettrizzata c’è un pugno di antifascisti che vuole evitare a tutti i costi la saldatura di quei regimi presagendo le sciagure che avrebbe portato all’Europa. Appostato sul tetto della basilica c’è un cecchino ungherese, ma il colpo di genio è un altro: far suonare fuori orario le campane della Torre dell’Orologio, distraendo la gente e regalando ai congiurati quei secondi preziosi per sparare il secondo colpo. L’obiettivo, infatti, è “uccidere entrambi i tiranni”.

Spoiler: qualcosa è andato storto, la Seconda guerra mondiale non è stata evitata. Ma è tutto da leggere l’incipit de Le furie di Venezia (Longanesi), il nuovo libro di Fabiano Massimi, ultimo capitolo della trilogia ambientata negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso sull’asse Roma-Berlino. Narratore brillante e autore solido di gialli storici, Massimi – che è anche traduttore, consulente editoriale e insegnante alla Scuola Holden di Alessandro Baricco – ha una fascinazione per quel periodo che ripercorre romanzando una mole impressionante di materiale recuperato dagli archivi.

Lo scrittore Fabiano Massimi - Longanesi

Lo scrittore Fabiano Massimi – Longanesi

 

Nel primo libro – L’Angelo di Monaco indaga su un apparente delitto della camera chiusa, in stile James Hadley Chase, avvenuto nel 1931: Geli, giovane cantante, viene trovata morta nel suo appartamento, ma la situazione si complica quando si scopre che era la nipote prediletta di Hitler, zio Alf per lei. Nel secondo – I demoni di Berlino – Massimi fa muovere il suo protagonista, l’ex commissario della Kriminalpolizei Sigfried Sauer, intorno a un momento cruciale dell’ascesa del Führer: l’incendio del Reichstag, il Parlamento tedesco, di cui Hitler e Goering incolparono i comunisti e che per gli storici rappresenta uno dei gangli della presa del potere da parte del nazionalsocialismo.

Stavolta l’azione si sposta a Venezia. Ignaro di essere sfuggito per un soffio alla morte, il Duce svanisce nella notte lagunare, a bordo di un motoscafo nero che scivola tra canali e cupe isole immerse nella nebbia. I congiurati provano a seguirne la pista, imbattendosi in un nome nello schedario del manicomio femminile di San Clemente: Ida Dalser. Accanto solo una dicitura: regime speciale, guardata a vista come la più pericolosa delle sovversive.

Mescolando documenti storici inspiegabilmente rimasti sotto il pelo dell’acqua – carteggi privati, missive ufficiali, anagrafi, articoli di giornale – e fantasia narrativa, lo scrittore costruisce un giallo strutturato e pieno di colpi di scena che illumina una storia umana eccezionale e una pagina buia della nostra storia. Chi era davvero Ida Dalser: una povera pazza, un’imprenditrice ambiziosa e un po’ arrivista, o una donna libera e più moderna dei tempi che ha vissuto? Che cosa cercava: salvezza o vendetta? Ma soprattutto: quale pericolo rappresentava per il regime, tale da finire reclusa nell’isola dei fantasmi separata dal resto del mondo?

Toccherà a Sigfried e ai suoi sodali provare a caricare quest’arma, mentre l’Europa scivola verso la guerra. Pagina dopo pagina, Massimi restituisce a Ida vita e dignità, lasciando ai lettori ogni giudizio. E poiché, come diceva Ovidio, la letteratura è un monumento più duraturo del bronzo, le regala anche quel sepolcro che la realtà le ha negato.

 

Federica FantozziGiornalista

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