Solo un’Europa capace di coesione può resistere all’uragano Donald Trump. E solo se sarà in grado di affermare la sua voce il Vecchio Continente potrà contribuire alla stabilità geopolitica globale.
Da esperto e navigato osservatore delle cose del mondo Michele Valensise, in questo dialogo con BeeMagazine cerca di offrire prime chiavi di lettura sulle dinamiche geopolitiche globali che vorticosamente si sono messe in movimento con la vittoria dell’ex tycoon nella corsa alla Casa Bianca. Ambasciatore in Brasile, in Bosnia-Erzegovina e in Germania, segretario generale della Farnesina, editorialista sulle colonne di Repubblica e della Stampa, presidente del Centro italo-tedesco per il dialogo europeo Villa Vigoni e da pochi giorni presidente dell’IAI (Istituto Affari Internazionali), il diplomatico spera che non si spezzi il filo del dialogo tra l’Europa e gli Stati Uniti: “Occorre augurarsi che i prossimi passi dell’amministrazione americana, anche nei confronti di Cina e Medio Oriente, siano strettamente concertati, in particolare con l’Europa”.
Ambasciatore, il voto Usa segna una cesura, un cambio di scenario radicale. Ma ancora una volta i sondaggi ci hanno fuorviato…
Sì, la vittoria di Donald Trump è stata netta. I sondaggi che fino all’ultimo indicavano un testa a testa e possibili ritardi nella proclamazione del vincitore sono stati smentiti. Evidentemente Trump ha intercettato un ampio consenso, indice di un diffuso disagio e di un desiderio di cambiamento. Sono elementi sui quali il partito democratico dovrà ora riflettere con grande attenzione.
Ma è anche un fenomeno anche pre-politico, molto viscerale, quello che ha riportato Trump alla Casa Bianca. Forse i democratici americani, così come molta parte della politica europea, saranno costretti a rivedere le proprie priorità?
Il voto di martedì va letto soprattutto come una richiesta di protezione da parte di una fascia importante dell’elettorato che non si sente sufficientemente garantita sotto il profilo economico e della sicurezza. È verosimile che ogni nuova strategia debba partire da lì. E, certo, la comunicazione ha mostrato i suoi limiti. Il consenso si guadagna sui temi essenziali e con un rapporto diretto con gli elettori, più che con gli spettacoli di attori e cantanti. Inoltre, va anche detto che Kamala Harris è stata molto probabilmente pregiudicata dalla sua tardiva discesa in campo.
Trump promette di riportare la pace in Ucraina. Ma un eventuale appeasement con Vladimir Putin che impatto avrebbe sugli equilibri planetari?
Le intenzioni del presidente eletto non sono ancora definite. Dovremo anche vedere che ruolo avrà la sua imprevedibilità. Ma è evidente che un’eventuale scelta di disimpegno dalla linea di sostegno all’Ucraina comporterebbe conseguenze rilevanti per e con gli alleati occidentali. Occorre pertanto augurarsi che i prossimi passi dell’amministrazione americana, anche nei confronti di Cina e Medio Oriente, siano strettamente concertati, in particolare con l’Europa.
A proposito di Europa: cosa cambia per l’Ue? Trump ha sempre mostrato grande insofferenza verso gli equilibri e le alleanze, per di più minaccia di imporre pesanti dazi, rischiando di frenare pesantemente la crescita europea.
Sono convinto che fronte alle preannunciate misure commerciali l’Europa abbia un motivo in più per rafforzare la propria coesione interna e per avviare un negoziato con l’amministrazione americana, con l’obiettivo di difendere adeguatamente i propri interessi. E, in ultima analisi, di dimostrare gli svantaggi di eventuali nuovi dazi anche per gli stessi Stati Uniti.
Oggi assistiamo al terremoto dentro un terremoto: in Germania si è aperta una grave crisi di governo. A rendere il quadro ancor più inquietante, la crisi economica e l’ascesa dell’ultradestra dell’AfD. Da egemone riluttante degli anni di Angela Merkel alla Germania nuovo grande malato al centro dell’Europa?
La crisi di governo apertasi a Berlino ha radici profonde, che risalgono alla formazione della inedita e laboriosa coalizione di governo tripartita, il “semaforo” (dal colore dei tre partiti della coalizione, quello socialdemocratico, i Verdi e i liberali, ndr), di tre anni fa. Le divergenze in seno ai tre partiti di governo sono stata una costante. E la crisi politica si somma oggi con un andamento critico dell’economia. È vero che i sondaggi sono negativi per i partiti politici tradizionali, tranne che per l’unione Cdu/Csu: tuttavia, la Germania ha gli anticorpi necessari per affrontare e risolvere la congiuntura. Il che è necessario anche sotto il profilo dell’imprescindibile contributo all’azione dell’Unione europea. Alcune difficoltà sono innegabili ma, come già detto, penso che il sistema tedesco abbia in sé le capacità e la forza per riprendere un cammino di stabilità e crescita.
Roberto Brunelli – Giornalista