Massimiliano Panarari: “Negli Usa ha vinto il ‘Trump-risolvo-tutto-io’, la prima vittima sarà l’Ucraina”

Intervista al sociologo ed editorialista: "Tra gli elettori ha prevalso la scorciatoia, esasperata dalla disaffezione verso i processi democratici considerati troppo complessi. Kamala Harris? C’è stato un tratto di misoginia, sottostimato dalla bolla mediatica liberal. Elon Musk? Siamo nella dimensione dell'ego-politica, che è molto volubile"

Donald Trump

Massimiliano Panarari è professore di Sociologia della comunicazione all’Università di Modena e Reggio Emilia, docente di Comunicazione politica alla Luiss di Roma e di Storia del giornalismo presso la Bocconi di Milano. È editorialista per diversi quotidiani nonché consulente di comunicazione pubblica, politica e aziendale, e di scienza dell’opinione pubblica. Il suo ultimo libro è La credibilità politica. Radici, forme, prospettive di un concetto inattuale (con Guido Gili, Marsilio 2020). Con BeeMagazine parla della vittoria di Donald Trump, dei limiti di Kamala Harris e delle ambizioni di Elon Musk.

Professore, le chiediamo un’analisi del voto negli Usa. Kamala Harris è stata “tradita” dal voto delle minoranze: donne, afroamericani, ispanici. Gli americani non si sono fidati di un “commander in chief” donna o si sono affidati – anche fideisticamente – al “Trump will fix it”, il risolvi-problemi?

Di fronte a un fenomeno così complesso è verosimile che ci sia una concomitanza di spiegazioni. La prima è che in tempi di crisi tutti tendono ad affidarsi al “problem solver”, che qui diventa la personalità debordante e con tratti assolutistici di Donald Trump. Il ‘Trump will fix it’, risolvo-tutto-io, è il tratto tipico del businessman che scende in politica.

Ricorda Silvio Berlusconi?

Questo è sicuramente un elemento che hanno in comune. E che si ritrova anche in Elon Musk: la richiesta di una delega in bianco. C’è negli elettori la ricerca di una scorciatoia cognitiva, esasperata dalla disaffezione verso i processi democratici che sono troppo complessi per affrontare i periodi di crisi. La narrazione precisa e dicotomica, bianco o nero, in queste fasi sfonda.

Il sociologo Massimiliano Panarari su Trump

Il sociologo Massimiliano Panarari

Tra i motivi della sottostima del consenso di Trump nei sondaggi può esserci anche la diffidenza verso una potenziale presidente donna senza il coraggio di ammetterlo pubblicamente?

C’è stato un tratto di misoginia, Barack Obama lo aveva evidenziato come rischio durante la campagna elettorale. Ed è stato sottostimato dalla bolla mediatica liberal: l’elettore populista non dice per chi vota perché si sente respinto dal discorso pubblico mainstream o perché vuole deliberatamente boicottare i sondaggisti in quanto considerati anche loro parte del mainstream.

Che cosa hanno sbagliato i Democratici?

C’è stato un nodo: in un contesto di personalizzazione della politica Harris non era una personalità forte. Oltre al grande problema della piattaforma, intesa come programma e dimensione valoriale: se è troppo schiacciata sull’identity politics genera reazioni in chi ritiene penalizzante questa dimensione.

Un comizio di Kamala Harris In Pennsylvania con l'immagine di Donald Trump sul megaschermo

Un comizio di Kamala Harris con l’immagine di Donald Trump sul megaschermo

In soldoni, la battaglia per i diritti civili non ha pagato ?

Se è percepita come eccessiva diventa come agitare il drappo rosso davanti al toro. Che qui non è stato solo il “redneck” o l’elettore tipico trumpiano, bensì anche il maschio latino e afroamericano. Non a caso sono stati tutti pezzi persi della coalizione che si è sfrangiata in questa dimensione identitaria.

Si è detto che il programma di Harris era vago e distante dagli elettori. Ma non è una battaglia impari per la sinistra combattere contro slogan sexy quanto irrealistici come tolleranza zero, frontiere sigillate, nuova età dell’oro?

Il compito della sinistra in questa fase storica, in cui soffia un vento di destra, è drammatico. Ma un programma generico non attira voti in tempi di crisi. Non basta dire che Trump è fascista: il ricorso a elementi sub-politici non funziona in termini comunicativi né tecnici. Chiamare in causa la questione morale o additare Trump come nemico della democrazia non sposta voti. Il presidente, invece, ha vinto su due temi concreti: immigrazione ed economia, cui si aggiunge la guerra che agli americani importa se ci sono loro soldati coinvolti o se li tocca nel portafoglio.

Seguendo questa traiettoria, alla Casa Bianca nel 2028 potrebbe correre Elon Musk?

Formalmente non può perché è nato in Sudafrica e non negli Usa, a meno di una modifica costituzionale. Certo, Trump sembra riporre in lui grande fiducia, ma siamo nella dimensione dell’ego-politica che è molto volubile. Non ci sono dubbi che Musk abbia grandi ambizioni, si tratta di capire se sul terreno del narcisismo o del potere. In ogni caso, è l’ennesima evoluzione neo-liberista che vede business e politica a braccetto.

Musk spazio

Elon Musk, patron della Tesla

Questo binomio rappresenta un pericolo in prospettiva per le democrazie?

È stato compiuto un ulteriore salto quantico dell’economia grazie all’intelligenza artificiale, alla space economy e alla tecnologia dual use per obiettivi civili e militari. Lo Stato è in difficoltà nel tassare i giganti digitali che hanno gettato finalmente la maschera: altro che Silicon Valley progressista, le mega-corporation puntano al profitto. E Trump parla la loro lingua. Oggi le big companies mettono più soldi del Pentagono nella ricerca, e questo giova a Washington nello spostare la frontiera strategica verso il quadrante dell’Indo-Pacifico. È in corso un’evoluzione fantascientifica con le big corps che acquisiscono funzioni proprie dei poteri pubblici. In questa direzione di marcia Musk è un visionario pazzesco: SpaceX è il terzo soggetto lanciatore di razzi nello spazio dopo Usa e Cina, alla pari con l’Europa.

Proprio in un’intervista a BeeMagazine Corradino Mineo, prima del voto, aveva evidenziato come lo storytelling degli Usa oggi sia più Repubblicano che Democratico. È anche questa la chiave della vittoria trumpiana?

Trump è un grande cinico, capace di sostenere tutto e il suo contrario. L’obiettivo è tutelare i suoi interessi e magari sottrarsi alla giustizia. Ed ha cavalcato lo spirito dei tempi: lo storytelling globale è a prevalenza populista. I partiti americani sono sostanzialmente comitati elettorali, vuoti di ideologie e dotati di leader. E da questo punto di vista Trump ha un carisma mostruoso, ce l’ha dentro: lo si è visto a Butler dopo l’attentato, la sua reazione con il pugno alzato è stata davvero iconica. È un capobranco e chi non gli contrappone qualcuno di simile è destinato a perdere.

Trump attentato

Donald Trump subito gli spari al comizio di Butler – Creative Commons

E dove porterà il mondo questo capobranco?

È la grande domanda. In tempi procellosi il capo deve darsi da fare per il branco. C’è preoccupazione per la democrazia, che come molti capi azienda Trump non ama e che anche settori dell’opinione pubblica trovano irritante, mentre parecchi elettori lo asseconderanno nella corsa. Verso dove, non si sa. Di certo ci sarà più protezionismo che innescherà una guerra di dazi in cui l’Europa rischia la fine del vaso di coccio tra quelli di ferro.

Cosa cambierà nella politica internazionale?

Ipotizzo un irrigidimento verso l’Iran con mano libera a Israele. Ma la vera vittima sarà Kiev: Trump garantirà a Putin l’amputazione territoriale dell’Ucraina. Mentre l’Europa è paralizzata e non riesce a reagire. L’effetto slavina della vittoria trumpiana è già cominciato con la crisi di governo in Germania.

 

Federica FantozziGiornalista

Ucraina, cartina di tornasole per Usa e Ue nel tempo di Trump
Ucraina: scene di distruzione a Kurakhove, nel Donetsk, dopo un raid russo - AP Photo/Anton Shtuka/LaPresse

L’ondata di soddisfazione, che ha travolto gli estimatori di Donald Trump, è giustificata dal successo elettorale superiore alle previsioni della Read more

Quale America ci attende con la vittoria di Donald Trump? Tra rischi e possibilità, il valore cruciale dei rapporti transatlantici
Trump Europa America

Dopo una campagna elettorale fatta di colpi appuntiti, alti e bassi, e staffilati con coltelli a stelle e strisce, dopo Read more

Michele Valensise: “Trump imprevedibile, è necessario che l’Europa rafforzi la propria coesione interna”
Donald Trump, presidente eletto degli Stati Uniti

Solo un’Europa capace di coesione può resistere all’uragano Donald Trump. E solo se sarà in grado di affermare la sua Read more

Dirty Politics of America: tutto quello che (non) volevamo sapere sulle campagne presidenziali Usa
Donald Trump Kamala Harris

Per anni abbiamo vissuto in un sogno, un sogno chiamato American dream. “Il sogno di una terra in cui la Read more

Tags: , , , ,
Articolo successivo
Dirty Politics of America: tutto quello che (non) volevamo sapere sulle campagne presidenziali Usa
Articolo precedente
Muro di Berlino, 35 anni fa il crollo e il sogno del migliore dei mondi possibili. Oggi la Germania vive un incubo

Menu