I recenti fatti di cronaca in Italia che hanno registrato un ennesimo tragico caso di femminicidio [1], hanno scosso l’opinione pubblica e mobilitato spontaneamente migliaia di cittadini unanimi nel condannare la carenza di politiche atte a contrastare la violenza di genere. Cittadini comuni, molti ragazzi, uniti in un moto di commozione collettiva, emotiva.
Ci si interroga soprattutto sulla capacita della collettività di contenere il fenomeno criminale ed analizzare le matrici anche culturali che lo sostengono e sulla capacita delle istituzioni di mettere in atto misure preventive del fenomeno [2].
In realtà, i dati inerenti i femminicidi mostrano un andamento stabile negli anni e ci si domanda cosa abbia fatto indignare la popolazione in questo momento culturale.
Sicuramente un aumento della sensibilità collettiva al tragico fenomeno. Affetti, emozioni, che non si possono insegnare e che la maggior parte della popolazione possiede come nucleo fondamentale di identità umana.
Un sentire che si interroga sulla violenza di genere e penso sulla tutela della qualità di rapporto fra i sessi.
È infatti interessante notare come i casi complessivi di omicidi di donne in Italia sia minore della media europea ed è pari nel 2021 a 0.38 omicidi per 100mila donne, (0.66 la media europea).[3]
D’altronde, moti spontanei di indignazione collettiva tali da suscitare estesi dibattiti, manifestano una vitalita della societa civile italiana che non è registrabile, al momento, in altri paesi come il Regno Unito dove attualmente risiedo.
Qui, l’attenzione della collettività per questi fenomeni è meno accentuata e riflette la poca attenzione che la stampa offre ai casi drammatici di femminicidio.
Possiamo quindi studiare i dati offerti dal femicide consensus britannico che analizza le circostanze drammatiche dei femminicidi e fare delle riflessioni [4].
Scopriamo infatti che dei 177 omicidi di donne in Gran bretagna nel 2020, 110 donne vengono uccise da uomini, 10 vengono uccise da altre donne ed in 58% dei casi non c’e un sopetto.
Chiaramente l’omicidio di donne è un omicidio di genere che pone dei problemi di carattere culturale sulle radici di questo fenomeno criminale.
In piu, il 52% delle donne è stata ucciso dal vecchio od attuale partner e nel 13% dei casi dal figlio maschio.
Nell’8% dei casi la donna è uccisa da uno sconosciuto, lasciando cadere l’opinione comune che il problema sia di ordine pubblico che richieda piu presenza di polizia per le strade o che abbia addirittura una matrice razziale.
Infatti il 70% dei casi degli omicidi accadono nelle loro case o nelle case dei loro assassini.
Un aspetto raccapricciante di questi omicidi, cui la stampa non risparmia dettagli, è l’uso gratuito ed eccessivo di violenza cha va oltre quella necessaria per provocare l’omicidio (49% dei casi).
Questo aspetto in particolare apre la considerazione sull’assenza di un movente nell’assassinio e sulla malattia mentale come causa di esso. Ma, in sede giudiziaria l’imputato di omicidio viene comunemente considerato capace di intendere e di volere, tanto capace da premeditare l’assassinio, come sempre accade, facendo cadere le ipotesi di malattia mentale sottostante nella maggior parte dei casi, nonostante le perizie psichiatriche. L’aspetto della premeditazione è prevalente in questi casi confutando l’ipotesi che l’imputato abbia commesso il reato in un raptus omicida.
Chiaramente le caratteristiche di questo atroce crimine apre un dibattito sulle capacità della magistratura di perseguire tali crimini, su cui non ho ulteriori competenze per commentare. Infatti, i dati delle statistiche inglesi mostrano un’inadeguatezza del sistema giudiziario di perseguire gli assassini. Solo il 53% degli incriminati viene, poi, trovato colpevole.
Ma piu drammaticamente, la natura e le caratteristiche dei femminicidi appena esposte, apre un problema di carattere medico e piu squisitamente psichiatrico che si ripercuote sulle decisioni della magistratura in sede processuale.
Drammaticamente, la letteratura a riguardo è molto scarsa e le poche analisi retrospettive sulle caratteristiche dell’omicida sono basate sull’evidenza di patologie pregresse.
Un recente studio svedese che compara le caratteristiche di omicidi maschili di altri uomini con omicidi di donne, quest’ultime, durante relazioni “sentimentali”, conclude, nonostante la bassa presenza di casi di malattia mentale psichiatrica grave fra gli assassini (11%), che la nozione di precedenti tentativi di suicidio ed ideazione suicidaria fra gli autori del crimine, rappresentano fattori di rischio che potrebbero essere predette e possibilmente prevenire i femminicidi. Inoltre, approssimativamente un terzo dei perpetuatori ha ricevuto una diagnosi di patologia mentale, escluse le patologie relative all’uso di sostanze d’abuso [5].
Nel complesso circa il 40% degli asssasini ha ricevuto un trattamento per salute mentale nella loro vita e la diagnosi prevalente è un disturbo dell’affettività. Altre diagnosi importanti da considerare sono i disturbi borderline di personalità che sono difficili da diagnosticare in setting psichiatrici perche i pazienti, in genere, non si espongono a processi diagnostici.
Le dinamiche di coppia sono spesso precedute da anni di violenze. Le dinamiche di separazione poi, scatenano la furia omicida da parte dell’uomo, chiaramente incapace di elaborare l’evento.
I dati a disposizione circa la natura e le caratteristiche dell’azione efferata nei feminicidi, i dati a disposizione dalla letteratura internazionale circa le caratteristiche patologiche mentali degli assassini pongono gravosamente domande sull’attuale stato della prevenzione psichiatrica e dalla capacita di cura.
Molto piu drammaticamente, dal punto di vista strettamente medico, si pone in dubbio la capacità della psichiatria di diagnosticare ed affrontare disturbi profondi dell’affettività che potrebbero non facilmente manifestarsi ad un’analisi superficiale del comportamento manifesto. L’impianto giuridico che motiva le scelte della magistratura sulla capacità di intendere e di volere dell’imputato potrebbero non essere sufficienti in questi casi efferati a valutare le patologie psichiche profonde della sfera affettiva. [6]
Da un punto di vista politico generale, vista l’attuale crisi dei servizi sanitari nazionali, delle carenti politiche sanitarie nazionali, ed in virtù dei reali progressi della psichiatria e della psicoterapia, e’ necessario, a mio parere, uno sforzo di miglioramento dell’accesso alle cure delle patologie mentali e di prevenzione. D’altro canto sia, credo, necessario fare uno sforzo di ricerca e analisi psichiatrica del profondo per approfondire le dinamiche sessuali e affettive dei colpevoli di questi efferati crimini per capire lo stato della loro salute mentale.
La società lo chiede con ansia e le conseguenze delle malattie mentali nel complesso, anche lievi o non trattate, sono importanti sulla qualità della vita anche fisica delle persone coinvolte, nonché sull’economia in generale (In inghilterra, per esempio, 2 milioni di cittadini in età lavorativa sono fuori dal lavoro per malatiie mentali o complesse mattie psicofisiche, inclusi i dolori cronici e l’abuso di farmaci).
Ci si associa, allora, all’onda di indignazione che ha invaso le piazze italiane e che richiede una risposta, certo complessa, dal settore medico e della giustizia sulla questione della violenza sulle donne e dei femminicidi.
Le domande sono molte, il tessuto culturale in cui viviamo è inadeguato ad offrire delle risposte valide. L’attuale cultura religiosa e razionale, richiede una revisione dell’impianto ideologico a partire dalla visione della donna, del bambino e con questa dell’umanità stessa ed un a critica concreta durante l’insegnamento nelle scuole per offrire agli studenti degli strumenti di critica sulla questione femminile.
Infatti, nella maggior parte dei casi, i femminicidi sono preceduti da anni di violenze ed abusi sulle donne, comunemente caduti inascolati dalle istituzioni competenti e spesso dai cari. Un’attenzione sui segni premonitori degli abusi richiede una condivisione educativa per tutti [7].
L’assenza di una tutela reale della donna rappresenta paradigmaticamente l’incapacità dello stato di promuovere la qualità affettiva delle relazioni nella società e con questa il benessere psico-fisico delle persone.
Rimane cogente l’urlo disperato dei familiari delle vittime la cui voce è ora finalmente moltiplicata dall’indignazione della societa civile.
“In memory of the women killed in 2019 and 2020, for their family and friends, this work is for you. We will not forget. We will continue to commemorate. We will not be silenced. We will continue to fight to make visible the extent of men’s fatal violence against women and to demand action from the state.” [8]
[1] Il caso dell’omicidio di Giulia Cecchettin perpetuato dal suo fidanzato l’11 Novembre 2023. [2 ]Incontro, dialogo: “Violenza contro le donne: domande per cercare, capire, reagire. Ma e’ veramente amore?” Roma 2 Dicembre 2023. Fondazione Massimo Fagioli. [3] Istituto nazionale di statistica 24/11/202. Report: Vittime di omicidio anno 2021. [4],[8] Feminicide Census 2020, UK. www.femicidecensus.org. [5] Front Psychiatry. 2022; 13: 844807. Published online 2022 Mar 21. doi: 10.3389/fpsyt.2022.844807 PMCID: PMC8977448 PMID: 35386515 Mental Disorders and Intimate Partner Femicide: Clinical Characteristics in Perpetrators of Intimate Partner Femicide and Male-to-Male Homicide. Shilan Caman, corresponding author Joakim Sturup, and Katarina Howner. [6] Massimo Fagioli, “La psichiatria esiste?” L’asino d’oro edizioni, Roma, 2023. [7] Int J Legal Med. 2019 Jul;133(4):1295-1307. doi: 10.1007/s00414-019-02061-w. Epub 2019 Apr 23. The medicolegal, psycho-criminological, and epidemiological reality of intimate partner and non-intimate partner femicide in North-West Italy: looking backwards to see forwards. Georgia Zara, Franco Freilone, Sara Veggi, Eleonora Biondi, Dario Ceccarelli, Sarah Gino.
Luigi Vincenzo De Michele – Medico, Direttore di un servizio di diagnostica oncologica nel King George Hospital di Londra