Mi piace riportare, in apertura della presente riflessione, un proverbio africano che recita: “Se le donne abbassassero le braccia, il cielo cadrebbe”. Le braccia, in questa meravigliosa metafora, reggerebbero il tetto del cielo, ma realisticamente le donne africane portano ancora i pesi del quotidiano vivere, con le ceste sul capo ricolme di tutto, vincendo le leggi della gravità e del dolore.
Così le ricordiamo e le immaginiamo nella immediatezza del nostro pensiero, gravate da responsabilità familiari e sociali, ben lontane dalla acquisizione di diritti primari e dei diritti di parità di genere. Poi ci rammentiamo della lunga storia di matriarcato che ha interessato e ancora abita alcune società materlineari in cui, come sostiene lo studioso Bronislaw Malinovski, antropologo sociale, “il marito non è considerato consanguineo dei figli che continuano ad appartenere al villaggio e la discendenza è tracciata soltanto attraverso la linea femminile”.
Gli indigeni della Melanesia e delle isole Trobriand, in Nuova Guinea, non conoscono nemmeno l’esistenza di un “padre”. La società materlineare non conosce la competitività, le ambizioni familiari sono limitate alle donne che, poiché non combattono, realizzano effetti più modesti di quelli maschili; la scoperta della paternità ha probabilmente reso la società più competitiva, più energica, aggressiva e agguerrita limitando i ruoli delle donne alla cura familiare e sociale.
Questi i prerequisiti per il nostro ragionamento che rendono evidente la differenza tra modelli di società matriarcale e patriarcale che fin dalle origini, anche nelle società occidentali certamente con espressioni e modalità formalmente altre ma sostanzialmente simili, si sono succedute. Nonostante il Tempo abbia reso molto più agevole il percorso della formazione e crescita sociale del mondo femminile, siamo qui ancora a discutere delle applicazioni delle leggi a favore della parità di genere e dei diritti fondamentali già sanciti dalla Carta Costituzionale italiana, art. 3 e dalla Convention on the Elimination of all forms of Discrimination Against Women (CEDAW), l’atto normativo più importante e vincolante a livello internazionale che nasce dalla necessità di porre in rilievo l’importanza dell’inclusione delle donne in tutti gli aspetti della vita sociale, politica, lavorativa, giuridica.
Siamo dell’avviso che le questioni ataviche di mancato o sottostimato riconoscimento della qualità del pensiero e dell’azione femminile abbiano bisogno di una applicazione coerente e immediata delle norme, di una formazione culturale adeguata che risponda alle esigenze dei buoni sentimenti, ma anche di una riprovazione sociale nei confronti di chi si rende soggetto attivo contro i diritti delle donne, di tutte le donne.
Ci auguriamo una riforma intellettuale e morale di ciascun individuo per poter ripensare dalle fondamenta questa società ancora gravemente afflitta non solo da discriminazioni, ma dai delitti, dai femminicidi che insanguinano le nostre strade, le nostre case; efferatezze agite da uomini, partner, ex mariti o compagni, dunque non da estranei.
Molto significativa, a questo proposito, l’Intesa Meloni-Schlein per l’approvazione alla Camera della legge anti-violenza discussa a ridosso di un evento drammatico che, come abbiamo già avuto modo di sottolineare in queste pagine, ha costituito uno spartiacque tra il prima e il dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, la 105esima vittima nel 2023 del disamore e dell’odio maschile. Un delitto atroce come tutti gli altri, ma che ha scosso l’opinione pubblica e l’intero Parlamento consentendo di accelerare il processo di approvazione del D.D.L . del Consiglio dei Ministri del 7 giugno 2023 con cui erano previste norme più rigorose per contrastare il dilagante fenomeno dei femminicidi.
Governo e opposizione, inoltre, concordano sulla necessità di dare vita a una campagna informativa nelle scuole di ogni ordine e grado per l’educazione dei nostri giovani all’affettività, al rispetto, all’inclusione. Ci auguriamo, dunque, per gli anni a venire, già dall’appena nato 2024, un intervento massiccio del pensiero politico femminile per limitare l’aggressività, la competitività portata agli eccessi, la violenza di cui si sono resi sempre più protagonisti i poteri maschili con pochissimi esempi di natura opposta.
Continuiamo a tenere viva l’immagine delle donne con le braccia alzate che reggono il tetto del cielo, come un conforto per tutti. Ci vogliamo, allora, augurare un ritorno alla civiltà materlineare, oppure la costruzione di una società della cura e non della sopraffazione, dell’ascolto e non dell’indifferenza? Il nostro auspicio è la realizzazione di un progresso “gentile” con l’apporto significativo anche di quegli uomini consapevoli di un cambio di passo attraverso una responsabilità condivisa con l’altra metà del mondo.
Ci auguriamo che la presenza della nostra Premier Giorgia Meloni nelle stanze del potere, quarta tra le cinque donne più influenti al mondo del 2023, secondo la classifica di Forbes stilata annualmente (prima di lei la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, la Presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde e la vice Presidente degli Stati Uniti, Kamala Harris), non rimanga un caso isolato in Italia.
In verità non ci sono mai state così tante donne al potere nel mondo, anche se con grandi differenze regionali. Secondo dati ufficiali delle Nazioni Unite il 2023 ha registrato un traguardo positivo per le donne e la leadership politica. In 13 paesi europei più del 50% delle posizioni ministeriali sono ricoperti da donne. È un trend positivo che ci consola, ma sento di voler condividere una personale speranza: che le donne di potere di cui abbiamo fatto i nomi, e quelle che verranno, non ricalchino i cattivi modelli maschili perché, altrimenti, le parole fin qui dette non avrebbero motivo di essere espresse.
Concludo facendo mie le parole di un Uomo, di un Grande Uomo, Papa Francesco, che nella 57esima Giornata Mondiale della Pace ha dedicato l’intera omelia alla donna: “Ogni società ha bisogno di accogliere il dono della donna, di ogni donna: di rispettarla, custodirla, valorizzarla, sapendo che chi ferisce una sola donna profana Dio, nato da una donna”. Da quella donna che, come le donne africane su ricordate, ha alzato le braccia al cielo in ringraziamento.
Rita Rucco – Docente –Direttrice di collana editoriale Pluriverso femminile, Edizioni Milella