Canto del Gallo/Lungo. Conto del presente

Una riflessione su memoria e storia, e sulla cosiddetta contemporaneità

A parte la differenza, inesistente, sul piano della diacronia e della cronologia, tra modernità (che è originalità, progresso, sperimentazione) e contemporaneità (che è tutto ciò che appartiene alla mente umana, in termini di affinità elettive), si può scrivere di storia di tutto, tranne che del nostro stesso tempo, del presente in cui viviamo, perché esso è divenire continuo, ignoto che sì dipana e che si può prestare a previsione, anche ad oracolo e non già ad una narrazione, che sia completa, multivisionante, oggettivante.

Si pensa che il modo di vedere, sentire, vivere, ciò che è vicino, sia più puntuale, analitico, veritiero, ma dobbiamo constatare che esso è motivo, rapsodico, unilaterale, fatto più di discontinuità frammentaria che non di una visione organica, che né l’informazione che ci avvolge, né la cultura di massa possono darci, in un senso, sempre più ampio, di isolamento e solitudine, circondati da media, social, virtualità e materialità indistinta.

Dobbiamo coltivare, ragione e sentimento, per non essere in deriva della metamorfosi continua, che caratterizza e sempre più lo farà, il tempo dall’istantaneità, del presente – presente alimentato da un inavvertibile presente futuro.

Dobbiamo coltivare la memoria di quello che ci accade, che non é, però, storia, perché la prima è pensiero sintetico, poetico, innamorato, la seconda è analisi critica, razionale, illuminante, capace di riconoscere il valore degli altri e di discutere gli errori, anche di quelli che si ritiene essere della propria parte.

Insomma, la storia non può e non deve essere di parte, anche se questa è una condizione difficilissima, per qualunque storico; però necesse est. Per questo non si può scrivere storia del presente, chiamata superficialmente contemporanea, ma si può farne cronaca, documentazione, narrazione, sociologia, psicologia, studiarne le mode, le abitudini, le usanze, le tendenze, spettacolarità, comportamenti, accadimenti, biografie, per la storia che qualcuno scriverà domani.

Senza narcisismi, senza denigrazioni, senza schizofrenie e fissazioni.

Per lo storico di domani che speriamo somigli a Tito Livio, a Diodoro Siculo, a Francesco de Sanctis, a Benedetto Croce, a Marc Bloch e a Lucien Fabre. E per dirla con Sciascia: se la storia avrà un domani e se un domani avrà una storia.  Io sono ottimista.

 

Francesco Gallo Mazzeo – Docente emerito ABA di Roma. Docente di Linguistica applicata ai nuovi linguaggi inventivi delle arti visive in Pantheon Institute Design & Technology di Roma e Milano

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