L’Europa, ma anche l’Unione Europea, appare divisa dopo che la Russia ha riconosciuto l’indipendenza delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. C’è chi, come i Paesi Baltici, preme per sanzioni più dure, mentre Francia, Germania e Italia frenano. Le decisioni di Putin possono destabilizzare i Paesi membri dell’Ue? Risponde Gabriele Natalizia, docente di Relazioni Internazionali nell’Università “La Sapienza” di Roma e coordinatore del centro studi Geopolitica.info.
L’ingresso delle truppe russe in Ucraina quali effetti avrà sull’Unione Europa?
Tra i risultati certi che la Russia e Putin hanno conseguito c’è la fidelizzazione del Donbass, fornendo la legittimità del riconoscimento agli indipendentisti, la destabilizzazione dell’Ucraina, che diventa un ostacolo per l’ingresso nella NATO, e la rottura del fronte Occidentale, perché poche volte come in queste settimane è emerso che all’interno della NATO e tra i Paesi dell’UE ci sono posizioni divergenti.
In che senso?
Da un lato, abbiamo la Polonia e i Paesi Baltici che sono per una posizione oltranzista (e non dubiterei che abbiano favorito le schermaglie in Donbass, che poi hanno dato il pretesto ai russi per entrare con le loro forze armate nella regione indipendentista). Dall’altro, ci sono Paesi più cauti, come Francia e Italia; ma quello più ambiguo è la Germania. Scholz è l’unico leader europeo che è andato a trovare Putin ed è l’unico ad aver detto che la candidatura dell’Ucraina alla NATO non è neanche in discussione. Parole che penso che abbiano fatto cadere dalla sedia Biden e gli altri uomini della Casa Bianca.
E sulle sanzioni alla Russia qual è il ventaglio delle posizioni?
Anche sulle sanzioni le posizioni sono diverse. Tradizionalmente il nostro Paese, pur avendo sempre aderito alle sanzioni, ha chiesto che venissero verificate semestralmente le condizioni di rispetto degli accordi Minsk 1 e 2. Ad oggi, Minsk, è invece totalmente saltato. E stanotte è saltato il Formato Normandia, perché il segretario per la sicurezza nazionale della Federazione russa ha detto che vuole trattare solo con gli Stati Uniti. Uno schiaffo sia all’Ucraina sia all’Europa.
L’escalation in Ucraina può avvicinare l’Inghilterra all’Unione Europea?
L’Inghilterra ha posizioni quasi da “falco” insieme agli Stati Uniti e diverse da quelle delle grandi capitali europee. Sono stati i primi a lanciare nuove sanzioni.
C’è pericolo di attacchi cyber per l’Europa?
Sappiamo come per la dottrina Gerasimov la nuova generazione di guerre comprende nuovi strumenti che hanno anche la dimensione cyber. Che nelle ultime settimane sono stati effettuati contro le agenzie governative dei ministeri ucraini. Non possiamo escludere che vengano attaccati anche paesi membri della NATO, come era successo nel 2007 contro l’Estonia. Ma negli ultimi summit NATO gli attacchi cyber sono stati equiparati a quelli convenzionali e interpretati come una violazione dell’articolo 5 della NATO.
Il pericolo di un blackout energetico, e delle conseguenze economiche, non è solo per l’Europa, ma anche per la Russia: visto che il 50% delle entrate provengono dal gas. Come può influire sulle decisioni di Putin?
La Germania ha un grosso problema. Se continuasse l’escalation con la Russia, si pone un problema geopolitico. Russia e Germania sono fortemente interdipendenti dalla dimensione energetica. Al Nord Stream 1 è stato associato il 2, che sarebbe dovuto partire in questi mesi. Ma tra le sanzioni previste per la Russia c’è il blocco del 2. Entrambi i Paesi, quindi, non sarebbero contenti. E non solo per una ragione economica, ma anche geopolitica. Perché la Germania sarebbe diventata il grande hub nord europeo dell’energia, da contraltare a quello sud europeo che è costituito dall’Italia.
Quali conseguenze potrebbero arrivare nel breve periodo?
Un incentivo alla diversificazione da parte dei Paesi europei. Aspetto che può essere sfruttato dall’Italia nel medio lungo periodo per una transizione, e non rivoluzione, energetica. Mentre nel breve periodo colpirà tutti, con l’aumento dei prezzi a causa della destabilizzazione dei mercati. La Russia, quindi, potrebbe esserne danneggiata nel medio lungo periodo, per la diversificazione delle fonti e sulla natura delle stesse (con una spinta alle rinnovabili).
La crisi in Ucraina non finisce per avvantaggiare sia Biden sia Putin?
Se finisce così, come in Georgia, con la Russia che non si ritira, Putin ne trae legittimità interna. Però, nel medio termine, al di là del problema dell’energia, si hanno due Stati completamente dipendenti dalla Russia (una delle malattie che colpì l’Unione Sovietica e che la portò al tracollo). Dalla parte di Biden, non mi sembra ne stia beneficiando, non c’è il cosiddetto Rally ‘round the flag effect. Non sta alla guida del fronte occidentale e non sta minacciando guerre: i cittadini difficilmente vanno a votare Biden perché minaccia sanzioni. Eventualmente farebbe una guerra: ma vai a spiegare agli statunitensi che le loro tasse sono state impiegate per un conflitto in Donbass. Il presidente americano sta al 30% del gradimento, uno dei più bassi. Quanto tocchi il fondo, è facile crescere.
Alessandro Rosi – Giornalista