Tenera è la notte, il buio è un patrimonio: ecco i santuari per salvarci dall’inquinamento luminoso

Essere esposti alla luce continua è un problema serio. Che produce effetti negativi che vanno ben oltre il non vedere le stelle nei centri urbani. Dunque sono stati individuati quei (pochi) “luoghi” – certificati scientificamente – lontani da ogni tipo di luminosità artificiale, dove il buio è veramente buio

Per decine di migliaia di anni, nell’esperienza dell’homo sapiens, la notte è stata il momento del buio, e della paura, e dell’impressionante presenza delle stelle nel cielo, a ricordarci che cos’è l’infinito e che cosa piccola siamo. Poi è arrivata l’illuminazione a gas per le strade, poi l’elettricità, e poi… eccoci nell’anno del Signore 2024 in un mondo in cui il buio è praticamente scomparso, in cui le stelle non si vedono, in cui si è dovuto inventare un neologismo come “inquinamento luminoso”.

Un mondo in cui si è costretti a individuare dei veri e propri “santuari del buio”, ovvero dei posti lontani da luci artificiali in cui il buio è veramente buio, e le stelle si possono vedere davvero. Sono i Dark Sky Sanctuaries, li certifica la International Dark Sky Association (https://www.darksky.org/) al termine di un processo di verifica che dura ben quattro anni, e in tutto il globo terracqueo ce ne sono 21, in Europa soltanto due, nelle isole Ebridi al largo della Scozia e sul mare del Galles (https://darksky.org/what-we-do/international-dark-sky-places/all-places/?_select_a_place_type=international-dark-sky-sanctuary), in Italia non ce n’è nessuno.

Le ombre del Sagittario

Sarà il caso di fare una puntualizzazione: i “santuari del buio” sono solo 21, ma naturalmente sul pianeta di posti dove il buio notturno è di valore 1 sulla scala di Bortle (che è una scala di nove livelli ideata nel 2001 dall’astronomo John E. Bortle, e misura la luminosità del cielo notturno, gli oggetti che sono visibili in cielo e il livello di interferenza dell’inquinamento luminoso), sono molti di più, per fortuna.

Ci sono ancora molti posti da cui si vede perfettamente la Via Lattea, e addirittura le costellazioni dello Scorpione e del Sagittario proiettano ombre sul terreno, anche se non sono stati censiti già dall’International Dark Sky Association. Peraltro, sul nostro pianeta il buio totale non può esistere, per effetto del cosiddetto airglow, cioè la luminescenza emanata dall’atmosfera ionizzata.

Fatte queste premesse, è un fatto acclarato che l’inquinamento luminoso sia un problema molto serio, e che produce effetti negativi ben superiori alla semplice impossibilità di vedere le stelle nei centri urbani, che sono al valore 9 della scala di Bortle. L’inquinamento luminoso sta aumentando in modo esponenziale, con una crescita del 10% annuo, e raddoppia ogni otto anni. È una minaccia per l’astronomia, ma ha impatti negativi sugli ecosistemi, sulla biodiversità, sulla salute umana e persino sul cambiamento climatico.

L'illuminazione notturna di Los Angeles - Wikimedia Commons - buio
L’illuminazione notturna di Los Angeles – Wikimedia Commons

Inquinamento rapido

A mettere ordine sulla questione è stata una ricerca pubblicata nel 2023 sull’autorevole rivista Science. Utilizzando le oltre 50mila osservazioni del progetto di citizen science Globe at Night, il tasso d’incremento dell’inquinamento luminoso è rapidissimo, 10 per cento l’anno, e superiore a quello previsto sulla base delle immagini dai satelliti, che non “vedono” la luce blu emessa via LED e orizzontalmente da facciate dei palazzi e display pubblicitari stradali.

Più dell’80 per cento della popolazione terrestre vive sotto un cielo inquinato dal punto di vista dell’illuminazione. In più per gli astronomi c’è una conseguenza ulteriore legata all’inquinamento luminoso orbitale generato dalle migliaia di oggetti che ruotano intorno al Pianeta (guardate qui: https://www.space.com/light-pollution-serious-threat-astronomy-skywatching?itid=lk_inline_enhanced-template). Per non parlare del contributo al riscaldamento globale dei circa 400 Terawattora di energia elettrica necessaria per alimentare queste luci notturne.

Intensità luminose

E c’è anche un problema, per così dire, “evolutivo” che riguarda la vita sulla Terra. Che si è sviluppata in milioni di anni seguendo un ciclo in cui la notte era buio, luna e stelle a parte. Cambia il comportamento di molte specie animali (predatori, uccelli migratori, impollinatori) e della stessa flora; , a cominciare dai predatori, la luce artificiale riduce la produzione di melatonina, causando disturbi ormonali e problemi di salute, inclusi rischi di malattie croniche.

Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Frontiers in Neuroscience (https://dx.doi.org/10.3389/fnins.2024.1378498), l’esposizione alla luce notturna altera i ritmi circadiani, promuovendo malattie infiammatorie, e aumentando il rischio di malattie quali la sindrome di Alzheimer, oltre a quelle per cui già questa correlazione è provata, come disturbi del sonno, obesità, depressione, ansia, disfunzioni della memoria, aterosclerosi e cancro. Per le persone con meno di 65 anni l’intensità luminosa è un fattore di rischio Alzheimer più rilevante rispetto all’obesità, la depressione o l’alcolismo (ma meno del diabete e dell’ipertensione).

Gli scienziati della Rush University Medical Center di Chicago, che hanno incrociato i dati satellitari sull’intensità luminosa notturna con i dati medici degli Usa, invitano a ridurre l’esposizione alla luce artificiale, specie quella cosiddetta “blu”, emessa da schermi video, display led, smartphone e alcune lampadine.

La Via Lattea vista dal lago di Turano - Wikimedia Commons
La Via Lattea vista dal lago di Turano – Wikimedia Commons

La Via Lattea negata ad un terzo del pianeta

Qualcuno non ci crederà, ma la luce delle città si vede da lontanissimo. C’è una famosa foto (https://www.nps.gov/subjects/nightskies/lightpollution.htm?itid=lk_inline_enhanced-template ) fatta in California al Sequoia National Park, in cui si vede benissimo la luce di Los Angeles, a oltre 300 chilometri di distanza. Un terzo della popolazione mondiale, circa 2,5 miliardi di persone, non riesce più a vedere la Via Lattea. E c’è anche chi ha inventato una parola nuova per spiegare il dolore collettivo per la perdita del cielo notturno: la noctalgia (https://www.science.org/doi/10.1126/science.adi4552).

Un bel pasticcio. Che si può fare? Certamente si può illuminare di meno e in modo più intelligente l’esterno. La luce va puntata verso il basso, evitando anche un inutile riflesso, ove possibile va tenuta spenta e attivata via timer o sensori di movimento, bisogna usare led con luce più calda. Non guasterebbero leggi e norme di regolamentazione dell’illuminazione. E naturalmente possono essere utili delle “riserve di buio”, come i santuari con cui abbiamo cominciato questo racconto. Come dicevamo, in Italia di santuari di buio “eccellente”, non ce ne sono, ma luoghi di buio “buono” ce ne sono, con valori 2 o 3 sulla scala di Bortle.

I cieli più limpidi d’Italia per osservare le stelle si trovano in Sudtirolo (sullo Stelvio e le Cime di Lavaredo), nel Parco Nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu in Sardegna, nei parchi della Sila e del Pollino in Calabria. Per avere un valore 3-4 si può andare a Manciano, in Maremma. I posti peggiori? Le città, naturalmente, e in generale la Pianura Padana.

Roberto GiovanniniGiornalista

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