Le anticipazioni del libro di Enzo Carra, L’ultima Repubblica hanno evidenziato i dialoghi con Gherardo Colombo. Quasi un confronto senza rancore sulle idee di diversa formazione tra il fine giornalista e il letterato, intellettuale magistrato ex membro del Pool Mani pulite, seppure a distanza di un tempo lontano, ma non cancellato, della stagione della politica messa sotto scacco dalla magistratura, con una profonda rottura dell’equilibrio dei poteri costituzionali con la complicità dei media che hanno alimentato il furore giustizialista. Enzo Carra divenne la tragica vittima di quella “ultima Repubblica”.
Sono stato colpito, nelle anticipazioni e poi, nella lettura delle pagine conclusive, dai riferimenti ad un nome, quello di Zangrandi.
Ma chi è Ruggero Zangrandi? Un nome certo sconosciuto ai giovani e ai meno giovani ma non ai lettori più attenti alle vicende Democristiane. Era un comunista, intellettuale, scrittore, storico, fondatore del Partito Socialista Rivoluzionario poi confluito nel PCI. L’ultimo sua opera postuma fu L‘Italia tradita del 1971.
Nel 1952 ci fu una vivace polemica tra Franco Maria Malfatti e Ruggero Zangrandi sul ruolo e l’autonomia della cultura e il comunismo.
Lo fecero con un aspro confronto dialettico, attraverso scambi di lettere pubblicate in un triangolo che vedeva la rivista San Marco di Nicola Pistelli, Rinascita e Per l’Azione del movimento giovanile Dc. Di ciò troviamo riscontri sia all’Istituto Sturzo sia negli scritti di Franco Malfatti.
Per Malfatti la cultura non poteva essere ridotta a propaganda. Per Zangrandi la cultura era il modo per giudicare le ingiustizie del mondo. Noi comunisti – sosteneva Zangrandi – neghiamo l’autonomia della cultura e sosteniamo che anche la cultura è legata alla società in cui nasce e si sviluppa e trasforma connessa e serve ad essa.
Negava dunque l’autonomia fino al punto che se appare autonoma in realtà è influenzata dalla ideologia e dai concreti interessi della classe dominante che cosi come organizza e dirige la sua società, organizza e amministra la cultura che le è propria; sosteniamo che gli intellettuali i quali si proclamano indipendenti dalla politica e negano di far politica, fanno in realtà la politica della classe che li esprime e li conserva.
Malfatti replica con l’autonomia della cultura per rispettare il principio secondo il quale non la politica, ma la cultura, cioè la filosofia, la morale, il diritto la scienza, l’arte sono le componenti del progresso della società civile. Per Malfatti riducendo tutta la realtà alla politica si uccide la possibilità di sviluppo della realtà, la possibilità di nuovo, il pensiero, e con ciò la stessa azione.
Per Malfatti la soluzione comunista era illusoria. Perché fin quando sono comunisti hanno poco da discutere con noi perché credono di avere la soluzione in tasca. E se vogliono discutere con noi e tra noi è solo per collocare la loro soluzione.
Come si può vedere c’è uno scontro ideologico che persevera tra quanti si ritengono i detentori della verità e interpreti dei destini del mondo.
Gherardo Colombo nel suo dialogo conclude con un dubbio assillante relativo ai meriti della Prima Repubblica. Lo scambio di opinioni prosegue sul momento iniziale di vicende oscure tra chi lo fa risalire al 1969 e chi allo sbarco degli USA in Sicilia.
Forse un contributo potrebbero darlo quanti hanno propugnato le doppie verità il doppio Stato e tutte le teorie che in questo mezzo secolo hanno intossicato la vita del nostro Paese. Dunque Carra ha spostato il confronto sul terreno letterario e culturale per ricordare quelle vicende che lo hanno tragicamente ferito, rialzandosi però con coraggio e con la fede cristiana come è stato ricordato nella cerimonia funebre.
Poi però non ho resistito e ho voluto leggere il libro, grazie a Kindle, nella sua interezza, per meglio capire il senso dei ragionamenti di Carra e intrecciandoli con quello del libro Andrea Spiri, The End 1992-1994, uno storico che ha lavorato sui documenti desecretati del Dipartimento di Stato USA vengono fuori muove Verità con le note di SEMBLER console USA che prova la collaborazione con i magistrati della procura di Milano.
Sono carte certamente idonee a definire una linea di lettura storiografica diversa da quella fin qui narrata.
Sul piano più strettamente politico e relativamente alle vicende Dc due questioni meritano grande attenzione: l’incontro di Ciampi con Clinton, il 17 settembre del 1993, quando viene anticipato che si voterà in primavera! Quindi la fine anticipata della legislatura, pur in presenza di una maggioranza, era tutto già deciso e da chi? E il Parlamento?! E le auto convocazioni all’alba di Marco Pannella all’Auletta dei gruppi parlamentari per impedire lo scioglimento anticipato della legislatura in presenza di una maggioranza parlamentare? È il parlamentarista presidente Scalfaro?
Poi le visite di Martinazzoli con alcuni esponenti Dc all’ambasciata USA di Via Veneto. Li viene anticipata la divisione e la successiva cancellazione della Dc, di cui la legge elettorale sarà lo strumento.
Questi libri non alimentano dubbi, ma offrono certezze.
Maurizio Eufemi – Già senatore nella XIV e XV legislatura