Europee, intervista a Valeria Ronzitti, Segretaria generale di SGI Europe

Una delle nostre principali missioni, che svolgiamo quotidianamente con i nostri associati, è quella di far comprendere che i maggiori risultati si ottengono essendo presenti in Europa. L’Ue ha bisogno di personalità come Enrico Letta e Mario Draghi. l’Europa può sopravvivere solamente a fronte di un profondo cambiamento, un cambiamento radicale

“È importante che le aziende comprendano che l’80% delle normative nazionali nascono da input europei. Essere presenti in Europa, non è solo doveroso, ma è fondamentale se non si vogliono solamente subire le decisioni altrui”. Valeria Ronzitti, Segretaria generale di SGI Europe, nel corso di questa intervista ha rappresentato le ragioni per cui è giusto essere attivi nei palazzi di Bruxelles ed ha sottolineato il valore storico delle prossime elezioni europee.

Segretaria, SGI Europe è un’associazione europea che rappresenta i servizi di interesse generale e che favorisce azioni tese alla coesione sociale e territoriale negli Stati membri dell’Unione e promuove politiche di economia sociale. Quando nasce la vostra realtà?

SGI Europe è un’organizzazione che ha una lunga storia. È stata fondata nel 1961, epoca in cui il panorama delle aziende pubbliche era molto diverso rispetto a quello attuale. All’origine di questa iniziativa ci sono state aziende francesi ed italiane (Eni ed Enel su tutte) e, nel corso del tempo, si sono associate altre importanti realtà che operano a tutela dei servizi di interesse generale, sia a livello nazionale sia a livello locale. Oggi, tra le principali realtà italiane associate a Sgi Europe, abbiamo, solo per citarne alcune, Poste Italiane, il Gruppo Hera ed il Gruppo CAP. La nostra realtà è una realtà transnazionale che ha associati in quasi tutti i paesi europei ed il minimo comune denominatore dei nostri membri è la missione di interesse generale che devono espletare.

Qual è il ruolo di SGI nella tutela di questi servizi nel contesto europeo?

La nostra organizzazione ha un ruolo molto importante nel contesto europeo, infatti siamo una parte sociale, insieme a BusinessEurope e alla Confederazione Europea dei Sindacati. Nello specifico cerchiamo di rappresentare ai decisori europei l’importanza dei servizi di interesse generale e, quindi, agiamo in favore della promozione di questi servizi all’interno delle politiche europee e, al contempo, concludiamo accordi con i sindacati a livello europeo.

Riuscire a mediare tra tutte queste diverse anime deve essere un lavoro complesso.

Sì, è un lavoro complesso anche perché è giusto specificare che noi non rappresentiamo solo le imprese di utilities, per esempio acqua, energia e trasporti, ma anche sanità, servizi sociali, edilizia popolare ed educazione. Oltretutto, essendo una realtà transnazionale, non tutti gli Stati hanno la medesima attenzione ai servizi di interesse generale e, tra i nostri obiettivi, c’è proprio quello di sensibilizzare quegli Stati membri dove non c’è o diminuisce la coscienza della necessità di garantire i servizi di interesse generale.

In che modo la collaborazione tra Stati membri e l’Unione può generare pratiche virtuose a tutela degli interessi generali?

Una delle nostre principali missioni, che svolgiamo quotidianamente con i nostri associati, è quella di far comprendere che i maggiori risultati si ottengono essendo presenti in Europa. Molto spesso, anzi troppo spesso ancora, vi è una tendenza a reagire alle iniziative europee. Una reazione tardiva che si intraprende quando ormai si è giunti alla fase di trasposizione del dettato normativo a livello nazionale. Per noi è fondamentale far capire che si può essere presenti a livello nazionale o locale, ma non si può non essere attivi a livello europeo in quanto l’80% della legislazione nazionale deriva da iniziative europee. Per qualsiasi azienda è vitale essere attiva a livello europeo.

 

Valeria Ronzitti

 

Colgo l’occasione, visto che ha sottolineato il ruolo dell’Unione Europea, per chiederle cosa aspettarsi da questa tornata elettorale che, in virtù anche dell’attuale contesto geopolitico, è il momento elettorale più importante del recente passato.

Non so quanto vi sia una reale coscienza a livello nazionale e, relativamente, anche a livello europeo del valore delle prossime elezioni. La macchina di Bruxelles continuerà, senza dubbio, a girare e funzionare, le infrastrutture non subiranno immediatamente, qualsiasi saranno gli esiti, dei sostanziali cambiamenti. E di questo sono ben contenta poiché sono infrastrutture che danno delle garanzie. Ciò detto, concordo sul fatto che questa tornata elettorale sia differente dalle altre. In questa campagna elettorale, più che in altre, si discute di due idee di Europa molto distanti. Da una parte c’è chi ancora crede ad un modello alla Jacques Delors, ovvero un’Europa che può veramente dare una spinta ed essere un plusvalore nella vita quotidiana dei cittadini; mentre dall’altra c’è una idea che interpreta l’Unione Europea come la somma di stati sovrani. Quindi, ecco, si stanno contrapponendo due opposte visioni e, penso, che mai come prima questa contrapposizione sia netta. Siamo in una condizione estremamente polarizzata.

In considerazione di questo importante appuntamento e in virtù del ruolo di SGI nel contesto europeo, la vostra organizzazione sta promuovendo qualche attività in favore della partecipazione al voto?

Sì, è la seconda volta che SGI Europe raccoglie l’invito del Parlamento Europeo a promuovere una maggiore partecipazione al voto. La prima attività svolta risale alle elezioni del 2019 quando la DG Comunicazione del Parlamento Europeo, seguendo le direttive del presidente David Sassoli, si è sentita in dovere, considerando la bassa partecipazione alle urne delle elezioni precedenti, di mettersi in prima linea per cercare di incoraggiare i cittadini ad andare a votare. La nostra organizzazione all’epoca sostenne la campagna di comunicazione “This time i’m voting” cercando di sensibilizzare le aziende sul tema elettorale. Quest’anno, sempre insieme alla DG Comunicazione del Parlamento, invece abbiamo deciso di costruire un network più solido e permanente di aziende che volessero spendersi per il concetto di democrazia e il modello di riferimento è stato Brands for Democracy, un’iniziativa statunitense.

Molto interessante, qual è il nome della vostra iniziativa e quali sono i vostri obiettivi?

Il nostro progetto si chiama Companies for Democracy ed è, principalmente, una iniziativa di responsabilità civica. In sintesi, invitiamo le aziende tutte, non solo le nostre associate, ad usare il proprio potere di comunicazione verso i clienti, i propri dipendenti e chiunque si interfacci con loro per sostenere il valore della democrazia e delle sue procedure. Questo perché vogliamo che le aziende siano sempre più consapevoli, e lo sono già, che un buon business si può fare soltanto quando c’è una democrazia e uno stato di diritto forte. È giusto ribadire che la democrazia è qualcosa che fa bene alla produttività, al sistema economico e non solo a quello sociale. Per questo credo che spendersi per sostenere un elettorato attivo sia una scelta vincente non solo per la società civile ma anche per le aziende. 

Sono molte le realtà che hanno aderito al vostro invito?

Abbiamo avuto delle adesioni, tra le principali realtà italiane che hanno scelto di sostenere questa iniziativa ci sono la Fondazione Rubes Triva ed il Gruppo Veritas, ma devo condividerle che, con mia grande sorpresa, abbiamo riscontrato grande difficoltà nell’ingaggiare le aziende. Infatti, confrontandoci soprattutto con i nostri associati francesi, è emerso che la forte polarizzazione che sta caratterizzando queste elezioni ha indotto le aziende a scegliere di non esporsi per evitare qualsiasi strumentalizzazione. Quello che mi spaventa, e su questo dovremmo ragionare con attenzione, è il fatto che si possa relativizzare il concetto di democrazia al punto tale che esso possa essere visto come valore di una parte e non di tutti. 

Condivido il suo timore, la democrazia dovrebbe essere un patrimonio comune e la base su cui costruire un futuro collettivo.

Esatto, è questo il motivo che rende basilari queste elezioni. Perché, se si arriva a relativizzare il concetto di democrazia, questo ci dà la consapevolezza che i valori fondanti dell’Unione sono in pericolo.

In conclusione, l’Unione Europea si trova ad un bivio, sono molti gli studi e le proposte per aiutare una maggiore coesione e uno sviluppo sostenibile e coordinato, penso per esempio al report “Much more than a market” pubblicato da Enrico Letta e al prossimo rapporto di Mario Draghi, secondo Lei quali sono le sfide da vincere nel prossimo futuro?

I rapporti Letta e Draghi sono una luce che rischiara la foschia che stiamo attraversando. L’Unione ha bisogno di personalità come quella di Enrico Letta e Mario Draghi, due convinti europeisti che, seppur con stili dissimili, vedono nell’Europa la loro casa. Il rapporto Letta è, per noi, è molto interessante in quanto Enrico [Letta] ha dedicato un ampio paragrafo a quella che lui ha voluto definire “la libertà di restare” intesa come la possibilità, per chi vuole, di continuare a studiare, lavorare e vivere nel territorio di appartenenza poiché in quel territorio sono garantite quelle infrastrutture fisiche e sociali che permettono di prosperare. E i servizi di interesse generale sono al centro di questa libertà di restare.

E il rapporto Draghi?

Draghi durante la conferenza de La Hulpe ha rappresentato i grandi temi su cui verterà il proprio rapporto. Tra questi ho accolto con estremo favore la volontà di creare dei beni pubblici europei, obiettivo che SGI sostiene da moltissimo tempo. Questi beni, che i singoli stati membri non possono creare o far prosperare da soli, sono, per esempio, beni che interessano il settore energetico ed il settore sanitario. In definitiva dal rapporto Draghi mi aspetto molto coraggio perché, come ha detto chiaramente l’ex primo ministro, l’Europa può sopravvivere solamente a fronte di un profondo cambiamento, un cambiamento radicale.

 

Lorenzo Della Corte

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