Roberto Alesse, il suo nuovo libro è una sfida aperta alla vecchia politica

“Il declino del potere pubblico in Italia. Come salvare la classe dirigente nell’era della globalizzazione e delle pandemie”. Parterre delle grandi occasioni a Roma per il lancio dell’ultimo libro di Roberto Alesse, Direttore Generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Grand Commis di Stato, uno tra i massimi esperti del settore delle Pubblica Amministrazione in Italia

L’incontro si è tenuto nella sala Giacomo Matteotti di Palazzo Theodoli – Bianchelli, Camera dei Deputati, presenti giornalisti, economisti, ricercatori, rappresentanti dello Stato e delle Istituzioni.

Prendono la parola in tanti, dal vice ministro dell’Economia e delle finanze Maurizio Leo, a Luigi Fiorentino, Capo Dipartimento per l’Informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dall’avvocato generale della Corte di Giustizia europea Giovanni Pitruzzella, al prof. Beniamino Quintieri, economista e prossimo Presidente dell’Istituto del Credito Sportivo, e poi lui, il vero padrone di casa, Luigi Tivelli, presidente dell’Academy Giovanni Spadolini.

Parliamo di un saggio di grande interesse ed attualità sociale, “scritto di getto”, confida Roberto Alesse, durante la prima e durissima fase della pandemia da Covid-19 e pubblicato nel dicembre del 2021.

Splendida e complessa la prefazione del professor Agostino Carrino.

Il libro fornisce al lettore riflessioni stimolanti su come oggi si possa impedire il declino delle classi dirigenti “in un’epoca – spiega Roberto Alesse– dominata dall’eclissi dei meccanismi di selezione meritocratica e dall’affermazione del qualunquismo populista”.

Un insieme di ricette culturali, insomma, che fanno comprendere molto bene come l’autore -uno dei più noti “Civil Servant” della Repubblica- abbia maturato nel corso della sua lunga esperienza professionale idee e convinzioni che costituiscono oggetto di attento dibattito nazionale.

La premessa con cui Roberto Alesse ha aperto la presentazione del suo volume è di carattere strettamente personale e privata: “Consentitemi, in primo luogo, di ringraziare Luigi Tivelli, amico di vecchia data che ha organizzato questo evento e che assunto, da poco tempo, la presidenza dell’Academy Giovanni Spadolini, che ha come obiettivo quello di rilanciare la figura di questo grande statista e straordinario uomo di cultura che io stesso ho avuto l’onore e la fortuna di conoscere, quando, a metà degli anni ’80, in tempi di prima Repubblica, mi iscrissi, con convinzione, al movimento giovanile del Partito Repubblicano”.

Un passato importante alle spalle per il numero uno dell’Agenzia delle Dogane, che ha ricordato come “Fu un’esperienza politica molto formativa che rafforzò in me il convincimento che la politica e la cultura sono la faccia della stessa medaglia, era quello che diceva sempre Spadolini, e che, senza adeguati progetti culturali, non si possono guidare i processi decisionali per farli poi approdare verso una tendenziale stabilità dell’ordinamento giuridico, premessa indispensabile per la creazione di uno Stato di diritto, sicuro ed autorevole e, al contempo, vicino ai cittadini”.

Direttore ma come nasce questo saggio dedicato alla crisi del sistema?

“Il libro nasce dall’esigenza di fare un “primo” bilancio della mia ormai lunga e variegata esperienza professionale al servizio esclusivo dello Stato. Ho lavorato, nel corso del tempo, in dieci amministrazioni pubbliche diverse fra loro, compresa l’attuale, tenendo conto di quello che è sempre stato il mio bagaglio culturale ispirato, anche per una certa inclinazione caratteriale, a principi illuministici, a principi rigorosamente laici, a principi, se vogliamo, di natura “guicciardiniana”.

In che senso Direttore?

“Si tratta di principi che ruotano intorno ad un duplice e sintetico assunto: da un lato, secondo me, il popolo, soprattutto nella sua accezione non giuridica, non va idolatrato oltre misura, per incensare falsamente i riti liturgici della democrazia, anche perché il popolo, ricordiamocelo sempre, ha un piccolo difetto di origine: tra Gesù e Barabba non ebbe alcuna esitazione a scegliere quest’ultimo. Dall’altro, il potere pubblico deve essere gestito da élite illuminate, dai cosiddetti “optimates”, direbbe il sociologo ed economista Vilfredo Pareto, dotati di  dotati di un fortissimo e moderno sapere di ufficio da mettere al servizio della collettività”.

Roberto Alesse riscopre in questa occasione il gusto èlitario dei grandi filosofi del passato, educati alla mediazione e alla ricerca del meglio, per assicurare al Paese un minimo di serenità sociale.

Non si rischia l’utopia?

La risposta del Direttore dell’Agenzia delle Dogane è quasi iconica: “Per avere successo, una Nazione deve far collaborare insieme popolo ed élite, lo scrivevano già i greci nel quinto secolo avanti Cristo, e questo è il tema di fondo del mio libro, che, attraverso una riflessione eterogenea di più argomenti, fa emergere soprattutto come in Italia, negli ultimi 30 anni, per una serie infinita di cause, sia entrato in profonda crisi il meccanismo di selezione meritocratica della classe dirigente, intesa nel senso più ampio del termine, se è vero che ogni giorno stiamo a lamentarci giustamente per l’inefficienza di un sistema politico, istituzionale, economico, ordinamentale che non risponde a logiche sistematiche, precise e razionali”.

Roberto Alesse punta il dito contro “certo passato politico”, per via dell’evanescenza delle classi politiche e dirigenziali degli ultimi decenni “che non hanno saputo riformare a fondo la società che, indubbiamente, anche qui da noi, evolve a ritmi tumultuosi, ma che è stata guidata, mi riferisco sempre alla società, secondo criteri, non autenticamente liberali, anche per colpa dell’ostruzionismo interessato delle singole “corporazioni”.

Ma c’è ancora dell’altro per il manager di Stato: “Basta con la logica del “cittadino qualunque” che, senza avere la più basilare formazione ed esperienza, si è trovato improvvisamente catapultato all’interno di processi decisionali di estrema complessità”.

Direttore, come se ne esce da una situazione così articolata?

“Semplice, se ne esce rimettendo in ordine le cose secondo un duplice criterio guida. Da un lato, bisogna mettere da parte le posizioni dogmatiche, perché, come dicevano sempre gli illuministi, chi è dogmatico “è spinto a commettere il delitto senza rimorso”. Dall’ altro, è solo con l’ottimismo della ragione che si possono fare le rivoluzioni culturali, alias le riforme lungimiranti, in nome e per conto del progresso umano.

Per Roberto Alesse è una standing ovation, il Grand Commis questa volta li ha convinti davvero tutti; anche la sua sfida culturale –dicono però i suoi collaboratori più fidati- è solo appena all’inizio.

 

Pino NanoGiornalista, già capo redattore centrale Rai

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