Ho spesso pensato che i Maestri che la vita e la fortuna ci fanno incontrare, abbiano in comune con i nostri genitori una caratteristica: pensiamo che siano immortali, che per loro le Parche non debbano tagliare mai il filo dell’esistenza.
Anche per questo, è arrivata inaspettata e triste la notizia della morte del professor Mario Capasso, papirologo di fama internazionale, promotore di campagne di scavi archeologici in Egitto, fondatore dell’Istituto di Papirologia. A questa sua attività scientifica e di ricerca, univa la curiosità militante dell’intellettuale, e la passione dello scrittore di gialli ambientati nel mondo dell’archeologia e dei papiri scomparsi, o dei testi trafugati: aveva dato vita al personaggio del Dr. Cavendish una elegante e ironica figura di investigatore britannico che si muoveva con successo alla ricerca di papiri perduti o per smascherare testi contraffatti e spacciati per originali nel sottobosco dei mercati antiquari.
Su queste pagine avevo poche settimane fa recensito l’ultimo volume della saga, Dr. Cavendish alla ricerca delle tragedie perdute di Euripide. E mi risulta avesse in cantiere altri volumi della serie.
Del professor Capasso mi hanno sempre colpito l’affabilità e la generosità intellettuale, un senso dell’ironia tutto partenopeo, ma soprattutto il rigore e la eleganza del tratto umano. Pubblicai un articolo di un giudice costituzionale emerito che ripeteva un po’ acriticamente le tesi di Oswald Spengler sul “tramonto dell’Occidente”. Mi scrisse una mail: Ma finiamola con questa giaculatoria della fine dell’Occidente e dei valori della civiltà occidentale. Le manderò un articolo per ribattere queste tesi.
Se la prendeva anche con un altro fenomeno in voga, quello della cancel culture, che aveva preso piede in nome di una omologazione di modelli culturali affidati al pensiero unico. E il suo articolo sulla cultura classica e sostenibilità, diventò un autorevole motore di avviamento di un dibattito sulle “due (tre) culture”, seguito da contributi di accademici, sociologi, scrittori.
Di recente i suoi allievi, in particolare Natascia Pellé, Paola Davoli e Alberto Buonfino, hanno allestito un volume, edito da Milella, in onore dei Maestri, dedicato al professor Mario Capasso. Un libro in cui egli raccontava la sua formazione, il suo itinerario di ricerca, i debiti contratti con il suoi maestri, per es. Marcello Gigante, la fiducia riposta nei suoi allievi, in qualche caso – raccontò con amarezza – ripagata da delusioni e perfino da tradimenti.
Ne parlava con chiarezza ma senza toni troppo severi, con l’atteggiamento bonario e critico di chi ha profonda consapevolezza della Storia, e il professor Capasso, vichianamente, aveva il senso della Storia e la scienza anche della vita.
Per l’Università del Salento che egli, napoletano, aveva scelto come il suo luogo di magistero, e per la comunità scientifica mondiale, è una grave perdita.
Di lui, oltre all’insegnamento trasfuso in alcuni dei suoi allievi migliori, le realizzazioni compiute (Centro di papirologia, il Muso il Laboratorio di restauro), l’immensa produzione saggistica (471 testi), i sei romanzi con protagonista il Dr. Cavendish, resta anche una visione alta del fare ricerca, un alto senso del dovere e il rigore dello studio. Virtù, queste, che erano facilmente percepibili da parte di chi lo ha avuto Maestro o, come me, semplicemente era in rapporti epistolari e lo ha avuto come interlocutore in uno dei seminari organizzati all’UniSalento, nel 2018, dalla professoressa Sondra Dall’Oco ( sui 70 anni della Costituzione e su Moro Costituente e docente).
Ma sono virtù che avevano radici antiche, e si possono far risalire al Capasso studente. Illuminante, a questo proposito il commosso ricordo del cognato Marcello Rosario Caliman, che ha raccontato questo aneddoto: Mario Capasso si laureò con venti 30 e lode e un solo “striminzito” 30. Singolare la vicenda di questo 30 senza lode: Capasso lo voleva rifiutare, lo considerava una “macchia” sulla tela dei 30 e lode che aveva diligentemente tessuto in tutto il percorso di studente; ma il professore si impuntò, anche i cattedratici hanno le loro fisime: o lo accetti o ti boccio. Addirittura! Alla fine Capasso dovette accettare.
Sembrano cronache surreali. Ma sono comunque un inno alla severità degli studi e un monumento a chi ama lo studio.
Mario Nanni – Direttore editoriale