Rettore Università di Foggia: i nostri impegni, le nostre sfide

Intervista a Pierpaolo Limone, il più giovane Rettore di Università in Italia. Il territorio è una forza ma non deve diventare un limite. Tra le nostre sfide: formazione, progetti innovativi, apertura anche all’estero.

Tra le università pugliesi, Foggia è quella di più recente istituzione (ha compiuto vent’anni l’anno scorso). Come si caratterizza rispetto agli altri atenei regionali, quale è la sua specificità?

Il talento dell’Università di Foggia consiste nella freschezza, nella rapidità e nella leggerezza di chi ha poco passato alle spalle e può innovare. Abbiamo raggiunto molti traguardi nonostante la giovane età. La Puglia è una regione ampia e caratterizzata da territori molto diversi tra loro, questo rende necessaria la costituzione di presidi culturali e di formazione che rispondano alle esigenze delle singole territorialità. Inoltre, è bene ricordare che l’Università di Foggia si rivolge a una utenza ampia, ben al di là dei confini regionali. Noi siamo nati vent’anni fa, come una costola dell’Ateneo barese. L’acquisizione dell’autonomia e poi la crescita costante sono la dimostrazione della necessità che ha questo territorio di avere una sua Università, che dia lustro alle sue potenzialità e ai giovani che decidono di investire nella città in cui nascono. Ogni Ateneo ha come compito quello di dialogare con il territorio, raccoglierne le istanze e le esigenze.

Ma c’è anche l’obiettivo di allargare la platea e la provenienza degli studenti…

L’Università di Foggia si impegna fortemente nel dialogo con il territorio, ma al tempo stesso ambisce ad attrarre docenti e studenti da tutta Italia e anche dall’estero. Stiamo infatti attivando un’offerta formativa online e in inglese, ogni anno reclutiamo molti docenti stranieri e riteniamo che il territorio sia una forza, ma non debba diventare un limite.

Attraverso quali politiche scientifiche e con quali programmi un ateneo giovane e collocato al sud sta guadagnando posizioni nelle classifiche nazionali?

Didattica, ricerca e terza missione sono i tre obiettivi su cui ogni università deve lavorare e sui quali, quindi, viene valutata. L’ampliamento dell’offerta formativa e il lavoro sulla qualità della didattica si accompagnano ad un’azione profonda sulla crescita della ricerca e sulla sua qualità del reclutamento dei giovani studiosi. Finanziamo molti progetti innovativi, che puntano alla formazione costante dei nostri docenti e alla creazione, quindi, di una didattica che sia sempre aggiornata e di qualità, basata anche sul rapporto diretto con gli studenti. Puntiamo poi moltissimo sulla ricerca internazionale. Lavoriamo per vincere bandi competitivi, soprattutto di dimensione europea, ma recentemente anche il PRIN (progetti di rilevante interesse nazionale) ha premiato sei delle nostre idee di ricerca. Abbiamo triplicato le borse di ricerca e di dottorato; facciamo in modo che didattica e ricerca siano integrate e a disposizione non solo dell’Ateneo, ma dell’intero territorio. 

Il terzo obiettivo?

Ultimo aspetto, di primaria importanza, è la terza missione, ovvero la capacità di un ateneo di rapportarsi con il territorio, favorendo il cambiamento sociale. Ci tengo a segnalare che l’impegno per una buona didattica trova riscontro nella capacità di UNIFG di offrire concrete opportunità lavorative. Lo scorso anno, una classifica del Sole24Ore sull’occupabilità ha collocato i nostri corsi di studio tra i migliori del Sud e anche questo ci rende particolarmente fieri. Vorremmo permettere ai nostri studenti di costruire il loro futuro anche al Sud per trasformare il meridione e favorirne la crescita. Cerchiamo, attraverso innumerevoli iniziative di placement e favorendo l’imprenditorialità, di essere un vero e proprio ponte con il mondo del lavoro. Una scommessa difficile e seppure le classifiche siano fonte di soddisfazione, sappiamo che non possiamo smettere di correre perché le sfide aumentano costantemente.

Come l’ateneo foggiano si rapporta a un territorio economicamente e socialmente difficile come la Capitanata?

Ignorare i problemi di questa terra è impossibile, come Università siamo consapevoli di avere un compito complesso e gravoso. Quello che però fa la differenza sono i nostri studenti, è attraverso loro e con la loro forza che l’Università di Foggia si rapporta alle problematiche di Capitanata. I vuoti culturali possono essere colmati solo con la formazione e con la volontà di cambiare le cose formando menti aperte e facendo cultura. 

Ci fornisce qualche dato sulla composizione sociale degli studenti di UniFoggia?

L’85 % dei nostri iscritti viene da famiglie dove nessuno dei due genitori ha un titolo di studio universitario, due terzi degli iscritti è esente o paga tasse minime perché il reddito pro-capite è estremamente basso. I nostri studenti non saranno i più ricchi d’Italia, ma abbiamo studenti seri e estremamente motivati. Sono culturalmente preparati e non hanno paura di affrontare una dura gavetta, quindi quando entrano in azienda sono apprezzati e richiestissimi. UNIFG, come forse ogni università, sente inoltre il dovere di essere parte integrante del territorio, contribuendo alla vita sociale e animando iniziative civiche. 

Lei ha questa certezza Rettore.

Noi siamo certi che favorendo la formazione, facendo in modo che sempre più giovani decidano di investire al Sud, magari scegliendo questa città per studiare, si possa offrire un contributo concreto allo sviluppo del Paese. Non mancano, quindi, attenzione e confronto sui temi più complessi, come la povertà educativa, di cui abbiamo parlato durante l’Inaugurazione dell’Anno Accademico alla presenza del Presidente della Repubblica, o la lotta alla criminalità organizzata. I dialoghi sull’antimafia e le azioni, anche concrete come quelle messe in atto dagli studenti con il progetto “La città che vorrei”, sono sintomo di una voglia di questa Università di fare della cultura il motore di crescita a tutto tondo di questa città e della Capitanata tutta.

Come e con quali metodi o iniziative l’ateneo foggiano ha affrontato le difficili modalità di frequenza imposte dalla pandemia?

L’emergenza sanitaria ha colto di sorpresa tutti, noi fortunatamente abbiamo potuto puntare su una consolidata competenza nella formazione a distanza per affrontare i lockdown nel migliore dei modi. UNIFG è tra le università che ha saputo gestire meglio la transizione digitale, sia della didattica che dei processi amministrativi, e questo è stato certamente possibile grazie all’azione del Centro E-learning di Ateneo, ma soprattutto grazie alla fattiva collaborazione dell’intera comunità accademica. Sin dai primi giorni di confinamento i nostri esperti di e-learning, hanno incontrato i docenti in apposite virtual room per istruirli e spiegare loro il corretto utilizzo delle nostre piattaforme di didattica a distanza. Docenti e studenti, quindi, hanno potuto contare su un supporto costante e continuo, anche tramite appositi tutorial, che ha permesso lo svolgimento regolare della didattica e delle attività pratiche, senza interruzioni o disagi di ampia portata. 

Riuscite dunque a garantire didattica ed esami in modalità duale….

Ancora oggi riusciamo a garantire didattica e svolgimento degli esami in modalità duale, ovvero in presenza e a distanza, permettendo a tutti gli iscritti di rimanere in corso e avere a disposizione tutti i mezzi per portare avanti la carriera accademica. Anche gli eventi e gli incontri extracurriculari non si sono mai fermati grazie al lavoro costante e all’attenzione di tutti i membri della comunità universitaria. Un aspetto che abbiamo ritenuto non secondario, durante questa emergenza sanitaria, è quello del supporto psicologico. Affrontare un percorso accademico in una situazione sanitaria così complessa e farlo senza potersi confrontare con compagni e docenti non è semplice. Tra le molte attività volte al benessere della comunità accademica, abbiamo attivato, proprio durante il periodo di maggior emergenza, uno sportello telematico di Counseling psicologico gratuito per gli studenti.

I metodi e le iniziative con cui UniFoggia ha affrontato l’arrivo della pandemia hanno messo l’ateneo in condizione di attrarre un numero maggiore di studenti dalle altre provincie pugliesi, da altre regioni, o anche dall’estero?

Sicuramente la possibilità di affrontare senza problemi un percorso accademico anche a distanza ci ha consentito di essere attrattivi anche per chi, pur volendo studiare ma non potendo spostarsi, vuole scegliere il nostro Ateneo. Ritengo sia molto importante consentire ad uno studente di scegliere il modo migliore di formarsi e fornirgli tutti gli strumenti per farlo. La pandemia ha messo in difficoltà molte famiglie, oltre ad aver reso complessi e a volte impossibili gli spostamenti, noi abbiamo quindi cercato di rispondere a queste esigenze nel migliore dei modi e siamo fieri del risultato raggiunto. Oggi possiamo affermare che un buon numero dei nuovi iscritti proviene anche da altre regioni italiane, moltissimi sono poi gli studenti originari delle province pugliesi.

Lei è il più giovane rettore delle Università in Italia. Che effetto le fa?

Sono consapevole dell’enorme responsabilità che spero di onorare nel migliore dei modi. La differenza la faranno le azioni più che l’età, quindi spero di essere stato un buon rettore in questi primi anni di mandato e mi auguro di poter fare ancora meglio. Il mio lavoro si basa sull’ascolto e sulla partecipazione delle scelte. Ascolto innanzitutto gli studenti e poi ho la fortuna di coordinare una squadra di delegati, docenti, dirigenti che rendono possibili anche le sfide più difficili. Questo spirito, l’idea cioè che l’ateneo sia una comunità nella quale ciascuno deve avere cura dell’altro, credo che alla lunga possa fare la differenza.

Giovane il Rettore, ancora più giovane l’Università.

Io sono relativamente giovane come rettore perché ho un po’ meno di cinquant’anni, ma è la nostra Università ad essere giovanissima e ha un luminoso futuro davanti. Noi che la governiamo pro-tempore condividiamo l’ambizione di costruire una nostra via alla formazione superiore, sperimentando, mettendoci in discussione e costruendo alleanze internazionali. La scommessa è che in un luogo difficilissimo come la capitanata si possa sviluppare un ateneo al tempo stesso eccellente e attento al territorio.

In che modo pensa che l’Università di Foggia possa essere anche motore di sviluppo del Mezzogiorno?

Penso che ogni università sia il motore di sviluppo del territorio in cui opera. Questo è vero in ogni continente. Indubbiamente nel Mezzogiorno, ancora troppo martoriato e sottovalutato, l’università fa la differenza perché permette al territorio di crescere offrendo lavoro, cultura e crescita economica. Oggi siamo fortemente impegnati anche in un progetto di espansione del patrimonio immobiliare dell’Ateneo, l’intento è anche riqualificare i luoghi inutilizzati della città per farla crescere e dare nuovo lustro a Foggia. L’Università lavora su temi di frontiera come la blu economy, l’agritech, la robotica e l’intelligenza artificiale in medicina, nuove terapie, la salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale, gli interventi sociali e la rimozione delle povertà educative, le scienze sicurezza, ecc.. Ogni dipartimento coltiva progetti, forma studenti, produce sperimentazioni, attrae finanziamenti e genera opportunità di impresa. Gli atenei sono motori naturali del cambiamento e nel mezzogiorno tutto questo serve forse più che altrove.

Quali difficoltà incontra il Suo Ateneo, avendo a operare in un territorio che notoriamente è afflitto da gravi fenomeni di criminalità organizzata?

Le difficoltà sono tante, ma proviamo a interpretarle come sfide. Oggi ci troviamo a fare cultura in un territorio che è afflitto da fenomeni che sono davvero complessi da raccontare e ancora di più da affrontare. Sicuramente è complesso incentivare il fare impresa in una città in cui gli imprenditori onesti sono costretti a vivere sotto scorta, come è difficile parlare di cultura mentre fuori, di notte, si sentono esplodere bombe. Noi ce la stiamo mettendo tutta per tenere i riflettori puntati sulle soluzioni al problema, che sono tuttavia complicate. 

Ma dov’è la difficoltà?

La cosa difficile sta tutta nel mettere i nostri giovani di fronte alla dura realtà che a volte rischia di offuscare i loro sogni, ma alla fine sono loro stessi che ci permettono di affrontare la difficoltà di questa terra. Negli ultimi mesi di dialogo costante con le autorità sono stati gli stessi studenti a scegliere di scendere in campo, hanno messo in pratica un progetto, con veri e propri tavoli tecnici, confrontandosi direttamente con i massimi vertici delle istituzioni antimafia. Questo ci rende orgogliosi, perché se da un lato siamo consapevoli che il compito di un’università qui è forse più gravoso che in altri territori, dall’altro troviamo la forza per non mollare la presa.

Il Rettore è un po’ come il direttore di una grande orchestra dove i suonatori sono i docenti: sente qualche volta la nostalgia dell’insegnamento e del contatto diretto con gli studenti.

In realtà no, perché non ho mai smesso di essere a contatto con gli studenti. Non ho lasciato i miei insegnamenti, cui tengo moltissimo. Anzi francamente insegno anche il sabato e la domenica nei corsi di formazione per gli insegnanti, perché la psicologia, la mia disciplina, è centrale in quei corsi. Poi, per mia fortuna, l’Università di Foggia vanta una comunità studentesca molto attiva, con cui si instaura un dialogo costante e proficuo. Non smetterò mai di dire che loro sono il nostro vero investimento e il cuore di questa Università, dal dialogo con loro imparo moltissimo e la loro azione permette a UNIFG di crescere ogni giorno di più. Sono orgoglioso di questo Ateneo, in particolare della diffusa percezione di appartenenza alla nostra comunità; docenti, studenti e personale hanno un rapporto di scambio costante.

La visita del ministro dell’Interno Lamorgese e l’incontro con gli studenti sono stati molto importanti  anche per l’Ateneo. Quali auspici trae per il futuro?

Sono d’accordo, è stato un momento molto importante per l’Università e per l’intera città. Abbiamo bisogno di sentire vicino istituzioni, il governo e i rappresentanti politici che per la nostra terra possono fare moltissimo. Io stesso ho chiesto all’on. signora Ministro di rimanere concretamente vicina ai nostri giovani e sono fiducioso che accadrà. L’istituzione dell’associazione antiracket e tutto il movimento cittadino si sta sviluppando con il supporto delle istituzioni rappresenta un passo avanti importante e io credo che, con la collaborazione di tutti e la formazione di una cultura dell’antimafia che parta anche dall’università, le cose cambieranno. In futuro vedo una città nelle mani dei nostri studenti, di una nuova classe dirigente onesta e illuminata che saprà costruire una città diversa.

 

Mario Nanni – Direttore editoriale

 

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