Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? In un Paese che naviga a vista in un’Europa immersa nella crisi che lotta per non naufragare, l’italiano medio descritto dal Rapporto Censis 2024 è un individuo pieno di insicurezze, che afferma la sua identità in competizione con gli “altri” per diritti evidentemente percepiti come un bene troppo scarso da poter essere condiviso.
Povero e pronto all’espatrio, l’italiano medio è insoddisfatto, ma incapace di lottare per ottenere il futuro che desidera. Ossessionato dall’idea di dover trovare nemici a cui attribuire la responsabilità dei suoi mali, si abbandona a comodi stereotipi, segno di un malcelato e preoccupante ritorno di una diffusa ignoranza.
Il 38% degli italiani si sente minacciato dall’ingresso nel paese dei migranti, il 29% prova ostilità per chi è portatore di una concezione di famiglia alternativa a quella tradizionale. Il 22% vede il nemico in chi non professa la sua religione, mentre il 21,5% in chi appartiene a una differente etnia.
Per il 14% il nemico ha un diverso colore della pelle, per il 12% ha un diverso orientamento sessuale.
Prigionieri di una sindrome che paralizza l’Italia
Viene descritto dal Rapporto come “sindrome italiana” quel particolare fenomeno che porta il nostro Paese a non compiere né “capitomboli rovinosi nelle fasi critiche e recessive, né scalate eroiche nei cicli positivi”. Un “galleggiare” perpetuo, dove tutto viene coperto da una coltre di ovattata mediocrità.
L’opinione pubblica si raduna in “movimenti del rimprovero”, ma non si rivolta. Nonostante il diffuso malcontento, prevale un sentimento di antalgica rassegnazione. “Siamo bravi nelle crisi, ma lenti nelle ripartenze”, ha affermato Giorgio De Rita, segretario generale del Censis.
Il Paese non avanza né arretra
I dati del Rapporto Censis 2024 mostrano effetti della sindrome allarmanti. Alle ultime elezioni europee si è astenuto il 51% degli aventi diritto. La partecipazione diretta alla vita della democrazia è percepita sempre meno come un valore mentre sempre più diffusa è l’avversione verso europeismo e atlantismo.
Il 71% degli italiani ritiene l’Unione europea destinata a sfasciarsi in assenza di riforme radicali. Il 68% ritiene che le moderne democrazie liberali non funzionino più.
Paradossi: cresce l’occupazione, il Pil cala
Molti conti non tornano. Il 2024 si chiude registrando un record nel numero degli occupati – anche se soprattutto tra gli over 50 -eppure il Pil si riduce. Il turismo aumenta, ma la produttività dell’industria italiana ed europea continua a perdere punti. Gli omicidi volontari nel paese sono diminuiti del 31%, le rapine quasi del 36% e i furti nelle abitazioni sono il 41,6% in meno, eppure il senso di insicurezza è aumentato al punto che il 43,6% degli italiani pensa che “sparare a un malintenzionato che si introduce in casa per rubare dovrebbe essere considerato un atto legalmente legittimo”.
L’Italia ha raggiunto in Europa il primo posto per numero di cittadinanze, totalizzando da sola il 21,6% di tutte le acquisizioni di cittadinanza registrate in Europa quest’anno. Eppure per il 57% degli italiani l’italianità non è una conquista sociale, bensì un dato immutabile, determinato dalla discendenza diretta da progenitori italiani.
La storia dimenticata
Per il 36% l’italianità è legata alla fede cattolica, mentre il 14% la ricollega a determinati tratti somatici. Ben pochi la ritengono un costrutto culturale, anche perché i cosiddetti “veri italiani” sono privi di una conoscenza di base della storia della patria: il 55,2% non sa che Mussolini è stato destituito e arrestato nel 1943, il 30,3% (il 55,1% tra i giovani) non sa dire chi fosse Giuseppe Mazzini, il 30,3% non conosce l’anno dell’Unità d’Italia e il 28,8% ignora quando sia entrata in vigore la Costituzione.
Non ci sono mai stati così tanti laureati, eppure il rapporto descrive un “paese degli ignoranti”, in cui è facile che si diffondano stereotipi e pregiudizi. Il 21% degli italiani pensa che gli ebrei dominino il mondo tramite la finanza, il 15% ritiene l’omosessualità una malattia, mentre il 13% crede che l’intelligenza delle persone dipenda dalla loro etnia.
Una popolazione in crisi
Il Paese è fragile e sempre più povero, la scala sociale è stagnante e 8 italiani su 10 sono convinti che sia quasi impossibile cambiare la propria condizione sociale. Mentre gli spazi della socialità si riempiono e aumenta la partecipazione a fiere e concerti, dilaga la solitudine tra le mura domestiche.
Cresce il disagio psicologico tra i giovani e si consolida la certezza per molti (il 90%) di non poter raggiungere una pensione adeguata in Italia.
Sempre più scelgono la via dell’espatrio: circa 352.000 tra i 25 e i 34 anni negli ultimi dieci anni, di cui il 38% era in possesso di lauree. Nel solo 2024, segnala il Censis, la percentuale di giovani laureati che ha lasciato il paese ha raggiunto il 51%.
Il Rapporto dipinge un Paese chiuso e aggrappato al presente, che fatica a crescere, non valorizza l’istruzione e rinuncia ai suoi giovani. Una situazione grave che, secondo Giorgio De Rita, segretario generale del Censis, si può superare solo affrontando il rischio “sociale e politico” del nuovo, superando egoismi e diffidenze che non possiamo più permetterci perché non possiamo fare a meno del futuro.