Breve “Codice sul ‘regalo'” tra propria sponte e ricerca di utilità. Un gesto immemorabile, quello di regalare qualcosa a qualcuno che “conta” (pubblica amministrazione). Oggi persino la Cassazione ci mette naso e tenta di regolamentare. Disamina “popolare” di un fenomeno che d’un colpo ha assunto rilevanza sociale e anche giuridica, attraverso esemplari ma anche curiosi fatti di cronaca.
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Nel rapporto personale (ma anche giuridico) tra le parti, irrompe da tempo il “dono”, o “regalo” che sia, al “potente” di turno, o ritenuto tale e dal quale, si presume, si voglia poi ottenere qualcosa in cambio, un favore, una facilitazione.
Oggi, con tanti occhi addosso, viene meglio specificato e regolamentato, connotandolo con la locuzione “ricerca di utilità”, nel contatto che si instaura con chi rappresenta la pubblica amministrazione.
Si potrebbe pertanto rappresentare la situazione di chi voglia realizzare un disinvolto e pratico “do ut des”, messo in atto da qualcuno con “grilli per la testa”; eppoi ci sono i casi in cui si possono ravvisare “utilità” per entrambe le parti. Detto così, alla buona, il “potente” di turno potrebbe meravigliarsi del gesto ( di aver ricevuto un regalo), e a quel punto regolarsi di conseguenza: respingendo il dono, stizzito, non sapendone che fare, oppure accettarlo di buon grado. Ma anche chiedersi per quale motivo quel Tizio/a si è scomodato a farlo. Finanche può accadere che quel “benefattore”, a tempo debito, possa ricevere dal beneficiato poi il suo, di regalo. D’accordo, tutto teorico, quasi inverosimile, in questo pari e patta.
Alla fine, chissà, anche un gesto elegante, amichevole e nient’altro da aggiungere, se non l’osservazione: “dobbiamo essere in tempi difficili, se “anche fare un regalo” ( o riceverlo) è diventato complicato, persino pericoloso!”.
E comunque, a fare un po’ di storia, la domanda che subito viene in mente è chiedersi per quale motivo si dona qualcosa, si fa un regalo; non all’amico di vecchia o nuova data, al vicino di pianerottolo, ma a qualcuno che “conta”. Una domanda che, tutto sommato, abbiamo ascoltato soltanto negli ultimi tempi. Questo potrebbe significare che “prima” non c’era tutta questa attenzione? Chissà quando s’è cominciato! A interessarsi della cosa. É certo, comunque, che si tratti di uno di quei gesti immemorabili di cui s’è persa memoria. Regali che, poi, a seconda delle circostanze, sono stati poi variamente coniugati, con gentilezza, cortesia, inclinazione, stato d’animo, amicizia, aiuto, anche interesse.
S’intende, nella quasi totalità dei casi, il regalo è fatto in maniera disinteressata, senza secondi fini, nemmeno a metterlo sotto la lente d’ingrandimento. Un gesto spontaneo. E chi insiste ad avere dubbi è soltanto una persona inutilmente sospettosa. É chiaro che c’è anche dell’altro (sic!), quando il regalo non è proprio innocente, per l’appunto fatto al “potente” di turno, a colui che rappresenta la pubblica amministrazione. Si può dire, è il tema della puntata.
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Classicamente, da una parte il pubblico ufficiale, l’amministratore pubblico o altra figura similare, dall’altra chi ricerca “utilità”, per l’appunto con un “regalo”. Il fenomeno deve essere pervasivo, se persino la Cassazione si è immischiata nella materia per dire (però, quasi inutilmente), quando un regalo si può fare e quando astenersi, quanto si può dare e quanto non superare, per non incorrere nel reato di corruzione. Vale a dire: Tizio che regala qualcosa al “potente” (esempio: l’amministratore pubblico che sta seguendo l’istruttoria di un procedimento), questi accetta di buon grado il “regalo” e l’affare è fatto con quel che segue. All’incirca è quello che normalmente succede. Invece, del caso inverso: pubblico ufficiale che corrompe un privato ( chiede denaro a imprenditore o altri), dando la stura al reato chiamato concussione. Se ne potrà parlare una prossima volta. La materia non fa certo difetto.
É certo, però, che anche la Cassazione già citata, qualcosa e anzi molto lascia nel vago, nell’indimostrabile, e sembra quasi dire: “comportatevi bene!” Soprattutto quando (sempre con riferimento al regalo, all’ammissibilità) indica che il regalo debba essere di “scarso valore”, sempre per non incorrere nel reato di corruzione. Anzi, in una sentenza fissa questo “scarso valore” in 150 euro, il massimo regalo che si possa fare. Tutto molto difficile da stabilire. D’accordo, detto col sorriso sulle labbra, non una grossa cifra, ma nemmeno trascurabile, se da verifica risulta essere circa un terzo di quanto ricevono mensilmente i superstiti percettori del reddito di cittadinanza! Insomma, ingolfare la massima magistratura che deve fare i conti in tasca, verificare se e quello che si è regalato, se una cesta di mele, una bici o un appartamento! In ogni caso si tratta di materia delicata e di non facile lettura.
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Non si sa, invece, quanto è stato necessario ( di regalo!), per scuotere la magistratura pugliese, coinvolta in un vorticoso scambio di utilità, con la specialità degli incarichi pilotati. Si tratta, infatti, della maxi inchiesta su “Giustizia e favori” delle scorse settimane che ha riguardato il Tribunale fallimentare di Lecce dove, in cambio di regali e vario genere di benefici, sarebbero stati ben indirizzati incarichi e provvedimenti. Insomma, caccia grossa. Qui, però, intendiamo defilarci dal corposo impianto accusatorio nei suoi vari aspetti, e dire di quello che è stato appurato, incuriositi del regalo in ballo, fisico, da toccare con mano, vera spia di un’attitudine, scoprendo che un commercialista ha regalato al giudice, presumibilmente suo amico, non un piccola cosa (scatola di cioccolatini, marrons glacés) ma, nientemeno, un collier alla moda. Embè – s’è subito detto – che male c’è, non può forse fare un regalo per quanto costoso? Per l’esattezza, dodicimila euro, una bella cifra. Con la malizia di uno che sa far di conto:
“Banalmente è come avesse invitato a pranzo quel giudice almeno un centinaio di volte o, per stare al vecchio pronunciamento della Cassazione, infranto col suo regalo il…limite dei 150 euro consentiti, di almeno 80 (ottanta) volte! (12.000: 150)”. Pensate, cosa passa per la mente a qualcuno! Ma siamo sempre lì, amicizia o interesse? É presto per dirlo. Come s’è saputo? Grazie alle intercettazioni ambientali in uggia a qualcuno.
Detto così, allegramente, è stato facile pensare che in quel caso ci sia stato qualcosa di sotto. “Non si può fare un regalo del genere – dicono – e che regalo, senza che questo non nasconda un intendimento”. Fuor di perifrasi – si sussurra – quel commercialista (e altri ancora) , qualcosa aveva già ottenuto dal giudice o doveva ottenere. E sempre a riferirsi alla fede, quelle intercettazioni ambientali che si vorrebbero sacrificare sull’altare della cosiddetta privacy e così via. Nel caso specifico, il testo e il tono delle comunicazioni parrebbero non aver lasciato scampo ai protagonisti , né al giudice (arrestato e condannato in primo grado), né al commercialista a cui per un anno è stato inibito l’esercizio della professione. Come sempre, bisogna aspettare la celebrazione del processo (si è parlato di “terremoto giudiziario”), in cui sono coinvolti altri commercialisti, altre figure, tra cui spicca, per l’appunto, il giudice Pietro Errede. Come sempre, l’inchiesta potrebbe accelerare ma anche sgonfiarsi.
Poi , sempre dicendo dello “scivoloso” regalo o dono che sia (non andate a cercare distinguo!), c’è il fatto di costume. Tanto clamore e poi pressoché nulla a carico del personaggio, che mai però è riuscito a scrollarsi tutta la polvere di dosso. In questo caso, nientemeno , si tratta di Michele Emiliano, corazzato presidente della Regione Puglia ma, al momento dei fatti, sindaco di Bari. Sempre in sella, poiché si parla del 2012, Emiliano fu accusato di aver ricevuto da alcuni imprenditori ( i Degennaro ndr) un pacco-regalo di pesce e mitili di cui pare il presidente sia ghiotto, con la chicca scoperta che quel pesce Emiliano lo depositò nella vasca da bagno. Chissà come si venne a sapere! E comunque, niente di particolarmente strano, soprattutto se si tratta di situazione transitoria, lasciarlo in fresco o a mollo prima di cucinarlo.
Cosa diversa, invece, quello che avvenne in un centro del leccese alla consegna di nuove case popolari. Famiglie in festa come meritavano per la lunga attesa. I tanti assegnatari erano gente umile e anche contadini che non avevano mai visto cose del genere: un appartamento nuovo di zecca, con cucina “economica” e bagno e tutti quei servizi, persino il riscaldamento (a gasolio). Ebbene, si scoprì che qualche famiglia contadina usava la vasca da bagno come “terreno agricolo”, dopo averla riempita di terra. Un po’ di prezzemolo e basilico sempre fresco faceva comodo, ma anche la spremitura d’uva andava bene. Forse tutto curioso, ma sino a un certo punto. A loro quella vasca da bagno non diceva assolutamente nulla.
Il fatto del pesce a Emiliano e della sua vasca da bagno, suscitò ilarità. Gli avversari politici si scatenarono chiedendo questo e quello, s’impegnarono nella denigrazione, ma non riuscirono a cavare un ragno dal buco, anche perché Emiiano (ricordiamolo, è un magistrato!) andò all’attacco di sé stesso. Giocò d’anticipo. non solo si scusò pubblicamente, “Non dovevo accettare quel pesce, chiedo scusa a tutta la città”. Ancora: “Il processo me lo faccio da solo, visto che non sono accusato di alcun reato”. “Riconosco di essere stato fesso per 50 cozze pelose”. A dire il vero, come da accertamento, qualcosa di più: spigoloni, venti scampi, 50 noci bianchi, due chili di allievi locali e otto astici. A tutto, poi, da aggiungere champagne, vino e formaggio che si “legano” perfettamente col pesce. Insomma, Emiliano con quella veemenza spiazzò tutti e se la cavò alla grande, anche perché non fu dimostrato nulla di illecito. Vale a dire, che tutto quel pesce fosse il corrispettivo di una qualche utilità che il “donatore” si aspettava. Mera cortesia. Nemmeno la scoperta di un subappalto a favore di un’azienda di prefabbricati per quasi due milioni di euro assegnato a tal Michele Emiliano ( omonimo, cugino del sindaco) non provò ugualmente nulla. Sta di fatto che ritualmente questa cosa viene sempre ricordata per fissare poi un’immagine che è scolpita nel marmo: che Michele Emiliano è ghiotto di pesce e soprattutto mitili, noci, cozze e ostriche, corpus per rappresentare il corpaccione del presidente, persona alta e robusta e di buon appetito.
Eppoi, la vasca da bagno! Detto così, non c’è niente di male. I denigratori, spiazzati, furono messi in fuga e il fatto presto scolorì.
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Già detto della città di Otranto, capitale del turismo salentino, letteralmente violentata dal malaffare “Operazione Hydruntiade, dove “il regalo”, considerata la gravita dei fatti, aveva ben altra portata ( ci siamo interessati della cosa su queste stesse pagine).
Sempre Gallipoli, altra rinomata località marina leccese, viene (ri)chiamata in causa per l’ennesimo scandalo che va sotto il titolo “Politica e favori” o anche “sistema”. Non sono necessarie ulteriori specificazioni. Da anni, l’assalto della malavita al turismo è sotto gli occhi di tutti. Preso a caso uno spezzone dell’inchiesta, si scopre la conferma da parte del Tribunale del Riesame dell’impianto accusatorio (assessore Fasiello)
Numerosi i personaggi coinvolti. In estrema sintesi, un’inchiesta del pm Alessandro Prontera e della Finanza che ha riguardato la “città bella”, con un presunto gruppo di imprenditori che avrebbe allestito un sistema di favori attraverso una rete di rapporti con amministratori pubblici. Ma non è questo che ora ci interessa, se non la parte che riguarda il passaggio del “regalo” come presunta forma di pressione per ottenere un qualcosa. La stessa inchiesta, infatti, è divisa in due filoni e si parla di regali di vario genere; per l’appunto, gamberoni e pesce spada (“Siamo a Gallipoli, Elementare, Watson!”), assunzioni negli hotel in cambio di vantaggi di vario tipo, come consulenze e un Rolex. Anche qui, l’inchiesta promette fuochi d’artificio.
In “coda” a detta inchiesta, “Politica e favori”, c’è il collegamento col sindaco di Gallipoli Stefano Minerva, scopertosi però del tutto estraneo a ogni coinvolgimento. Il tutto per la “voce” di un ex assessore, che anche per Minerva fosse pronto il “pacco-regalo di pesce!”. Episodio che si inserirebbe in un vorticoso giro nel quale imprenditori si erano messi in moto alla “ricerca di utilità”. S’intende, in affari con la pubblica amministrazione. Ma è sempre la stessa voce che parla di Minerva definendolo “irremovibile”, cioè che non dava seguito alle richieste (rifiutando il regalo), tanto da suscitare il malumore politico della controparte. Si parla comunque di “aragoste da cento euro e ricci”. Così in un’intercettazione”. A chiudere il discorso dopo gli arresti, è lo stesso Minerva a dichiarare: “Ogni mio atto, basato sull’interesse collettivo”.
In quest’altro caso, molti anni fa, si trattò di orologi “donati” all’arbitro ( pur sempre un pubblico ufficiale) dalla squadra del Foggia che quell’anno militava in serie A. Ultima partita di campionato e classifica pericolante. Qual era la situazione? Al Foggia, che giocava in casa, serviva un risultato utile per salvarsi. Meglio …cautelarsi. Presto si scoprì l’inghippo sotto forma di “regalo” che la dirigenza del Foggia intese fare alla terna arbitrale. Ebbene, le squadre si dispongono sul campo e anche l’arbitro con i segnalinee è pronto a dirigere. Prima della partita, negli spogliatoi un emissario del Foggia aveva omaggiato di tre orologi di valore la terna arbitrale, con l’avvertenza di nasconderli per evitare che se ne accorgesse il rappresentante dell’Ufficio Inchieste che si mobilitava negli ultimi turni delle partite “a rischio”.
La terna aveva declinato l’offerta, peraltro reiterata. A fine gara, però, l’integerrimo arbitro (Gino Menicucci) informò della cosa le autorità sportive. Che valutarono negativamente l’episodio. Il Foggia adottò una linea difensiva dicendo che non c’era niente di malizioso nell’iniziativa; peraltro – aggiunse – al momento dell’”offerta” la porta dello spogliatoio era aperta. Giustificazioni che non vennero accettate. Tutto finì col Foggia accusato di corruzione e retrocessione in serie B. Per un “regalo”! Forse, non innocentissimo. L’intenditore di calcio osservò che anche un bambino avrebbe capito la gravità del gesto. “Se tu dai un “regalo” all’arbitrò e poi lui l’accetta, – disse – può lo stesso assegnarti contro un dubbio calcio di rigore? Certo che no. Alternativamente, con quell’orologio in tasca e il fischietto in bocca può succedere che te ne assegni uno dubbio a favore”.
Infine(?!), ci sono i regali, per così dire, immateriali, intesi nel senso che si tratta di cose che non ti metti in tasca, al polso come il Rolex o sul tavolo da studio, nemmeno tocchi con mano per valutarne la “consistenza” e ancor meno gusti (pesce arrosto o in brodetto). Si tratta del clamoroso caso di cronaca, anche recente, che ha riguardato un altro giudice pugliese, tal Emilio Arnesano, arrestato e condannato pesantemente in via definitiva. Arnesano, alias, “l’assatanato di sesso” come venne definito, con protagoniste un’avvocatessa sua amante e procacciatrice di ragazze in genere che si concedevano per utilità varie (tutto nell’impianto del processo).
Lo stesso processo aveva preso il via con il nome “Sesso e favori”. Il gip (Tribunale di Potenza) a suo tempo così lo descriveva: “Il pm (Emilio Arnesano ndr) può essere considerato un criminale molto versatile , in quanto abituato ad abusare di qualsiasi potere gli sia attribuito. Ciò dipende dal fatto che non ha rispetto della legalità: l’intera sua condotta è piegata esclusivamente al raggiungimento di scopi illeciti a commettere favoritismi a favore di conoscenti e amici”.
Fermiamoci qui. Ma andiamo al “regalo” che invece lo riguarda e gli spetta. Intesero farglielo due grossi personaggi, uno dei quali risultò essere il primario di Pneumologia dell’ospedale “Fazzi” di Lecce a cui era stata sequestrata dal carabinieri del Noe per abusi la piscina della sua lussuosa villa di Gallipoli. Chi poteva dissequestrarla? Solo lui ( Arnesano ndr) poteva farcela e proprio a lui pensarono. Seppero dei suoi hobby, scoprirono i suoi punti deboli (oltre al sesso, s’intende). Tra questi, c’era anche quello di andare a caccia. A sparare! A sparare! (intercettazione).
Si eccitarono i due. Dopo essersi adoperati per “avvicinare” Arnesano, scoccò la scintilla: organizzare una incredibile battuta di caccia al daino a Pietrapertosa, in Basilicata! Dove, però, il daino non esiste, ma era possibile cacciarlo nella riserva di un loro conoscente. Purtroppo, non furono fortunati e questo regalo “immateriale” al giudice non si “materializzò”. Il giorno precedente, il tempo già si era messo al brutto, pioggia e vento forte e così il giorno fissato e quelli a seguire. Che disdetta! Saltò tutto e non pensarono più di fissare un altro appuntamento, anche perché l’inchiesta stava travolgendo un po’ tutti. Non è dato sapere se poi, nelle more del trambusto, si fosse pensato a un regalo “alternativo”.
Luigi Nanni – Giornalista, analista di costume