Pnrr, agire rapidamente ma non in fretta: cosa fare per il prossimo futuro? Fitto: l’invasione dell’Ucraina ha cambiato le carte in tavola e anche le priorità

Resta poi il nodo del dialogo tra amministrazioni centrali e locali: in particolari con quelle del Sud, dove sono assenti figure che possano trattare la gestione del Piano in forma più esclusiva ed approfondita. Il Pnrr non può diventare un tappabuchi di spese passate ma deve per forza rappresentare un passo verso il futuro. Rimane infine il problema di come lavorare affinché gli investimenti arrivino e nei tempi

Non la beviamo dal governo, ma nemmeno dall’opposizione, un racconto quindi che va oltre quello che dice l’esecutivo ma anche oltre chi è contrario al suo operato. Questa è stata la premessa del Forum Socialista che ha discusso a Roma dell’importanza del Pnrr e di come affrontare, al passo dei tempi, una sfida per modernizzare l’Italia.

Nel convegno di Sala Capranichetta, a due passi da Montecitorio, si è parlato non solo della storia del più grande piano di aiuti dal Dopoguerra a oggi e della sua gestione ma sono stati affrontati anche i temi del diritto, della politica e dell’economia: tutti fondamentali per poter inquadrare il Pnrr e capire come agire nel prossimo futuro e per gestire cifre altissime che possono significare un cambio di passo per il nostro Paese. Sono oltre 200 i miliardi da spendere entro tre anni ma sono numerosi gli ostacoli per l’utilizzo di questa cifra come hanno fatto notare le personalità presenti al dibattito.

Tanti i nomi prestigiosi, tra questi Raffaele Fitto, ministro degli Affari europei con delega al Pnrr. Oltre al ministro era presente anche Lia Quartapelle, esponente del Partito Democratico, e la capogruppo al Senato del Terzo Polo, la senatrice Raffaella Paita. Hanno preso parte al convegno ovviamente anche Fabrizio Cicchitto, che ne è stato il promotore, e ha ripercorso la storia del centrosinistra negli anni ’60 nel corso del suo intervento. C’erano anche Claudio Martelli, Riccardo Nencini ed economisti, giuristi ed esperti di altre materie.

Il ministro agli Affari europei Raffaele Fitto ha spiegato che il confronto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza è fondamentale: “Il dibattito che abbiamo in questi giorni si sviluppa sugli obiettivi che devono essere raggiunti e sul lavoro che si sta portando avanti sul Pnrr, di meno sulla dimensione del piano” ha detto. “Appena il governo si è insediato ha avviato una fase di monitoraggio delle risorse europee del nostro Paese” ha continuato.

Il ministro ha invitato a riflettere sul Piano nazionale di ripresa e resilienza che ha necessità di essere rimodulato perché quando è stato stabilito e deciso era un’altra stagione economica e sociale. A cambiare le carte in tavola è stata l’invasione dell’Ucraina che ha portato nel giro di pochissimo tempo l’Europa a interfacciarsi con una nuova fase storica: le priorità sono quindi cambiate ed è necessaria una revisione per restare al passo con i tempi. I punti nevralgici della discussione intorno al Pnrr sono la capacità di spesa e la realizzazione degli interventi entro giugno 2026 a fronte di uno scenario modificato.

Una sfida, quella del Pnrr, che si lega anche alla riforma delle giustizia-che inevitabilmente sfiora l’impresa-e alla transizione ecologica a fronte di richieste da parte dell’Ue che condizionano anche il libero mercato in un’area geopolitica del mondo che compie importanti passi verso la decarbonizzazione.

Viviamo in un’epoca eccezionale ed imprevedibile. Oggi il mondo e l’Europa sono cambiati e il Piano potrebbe necessitare una rielaborazione rispetto alla sua prima versione. Basti pensare prima di tutto ai mutati equilibri geopolitici che sono destinati ad una repentina evoluzione negli anni a venire.

Nel corso del dibattito è stato sottolineato che rispetto a 30 anni fa il peso dei Brics è cambiato divenendo sempre più importante e condizionando anche i Paesi del Nordafrica e dell’Africa Subsahariana. Temi che possono sembrare lontani da una spesa che avverrà principalmente in Europa ma che in realtà ci riguardano da molto vicino.

Le sfide nel breve termine, invece, restano tante. Anzitutto decifrare il ruolo che potrebbe avere la Corte dei conti, poi le lentezze burocratiche che da sempre sono una piaga del nostro Paese che potrebbero allungare di molto i tempi per la realizzazione di progetto entro giugno 2026.

Questa data per quanto possa sembrare lontana è in realtà vicina, quindi il prossimo triennio sarà fondamentale per l’Italia quanto per l’Ue.

Resta poi il nodo del dialogo tra amministrazioni centrali e locali: in particolari con quelle del Sud, dove sono assenti figure che possano trattare la gestione del Piano in forma più esclusiva ed approfondita. Il Pnrr non può diventare un tappabuchi di spese passate ma deve per forza rappresentare un passo verso il futuro per determinate parti del Paese ancorate ad un passato che devono quanto prima mettersi alle spalle se vogliono scrollarsi di dosso il ruolo di “provincia d’Europa”.

Resta infine il problema di come lavorare affinché gli investimenti arrivino e nei tempi. Bisognerà quindi adottare un approccio che possa conciliare il rispetto delle tempistiche senza scadere nella fretta che quanto mai in una situazione del genere può rivelarsi una cattiva consigliera nella gestione dei fondi e non consentire tutte le valutazioni necessarie sui campi nei quali è urgente agire.

 

Francesco FatoneGiornalista

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