Metafisica del corpo

Gli ultimi mesi del 2022 ci hanno raccontato di un’irruzione dei riti di commiato nella scena della vita, una irruzione clamorosa, barocca, dalle atmosfere antiche, che ha coinvolto l’opinione pubblica mondiale con la scomparsa di tre “sovrani” globali: la Regina Elisabetta, Pelé, Benedetto XVI.

La vita è fatta per i viventi. La fenomenologia della vita include anche (e purtroppo) il dolore, la malattia, il corrompimento della vecchiaia, non contempla, però, la morte che è la sua negazione e resta sempre un fatto traumatico, ingiusto, estraneo all’ordine dei viventi, collocandosi in uno spazio metafisico, letteralmente “al di là delle cose fisiche”, come dicevano i greci.  

Ma, se proprio questa funesta ineluttabilità deve capitare, che almeno quel buio assoluto si abbatta il più tardi possibile: è questo il pensiero che si acquatta nella psiche di ognuno di noi, quando siamo ancora lontani dal “remoto”. Quando poi facciamo qualche passo avanti nel tempo umano ci facciamo consolare da Cicerone: “Nemo est tam senex qui se annum non putat posse vivere” (“Nessuno è tanto vecchio da non credere di poter vivere ancora un anno”, De Senectude). 

 

E allora il distacco traumatico trova un suo molcimento con l’età tarda, quella che fa dire ai sopravviventi: “però ha vissuto abbastanza”, mentre ognuno conteggia nella sua mente gli anni, i mesi, i giorni che separano la sua di età, da quella di chi si è appena accomiatato. La regola dei moderni, però, è quella del liquidare l’argomento in modo sbrigativo: è un inciampo nella vita da cui, appunto, è perfettamente estraneo, dunque, levate subito i paramenti, il nero e il viola, e lasciateci tornare, con l’agitazione dei vivi, all’affanno di ogni giorno.

Gli ultimi mesi del 2022, però, ci hanno raccontato di un’irruzione dei riti di commiato nella scena della vita, una irruzione clamorosa, barocca, dalle atmosfere antiche, che ha coinvolto l’opinione pubblica mondiale con la scomparsa di tre “sovrani” globali.

La prima ad andarsene a settembre è stata la novantaseienne regina Elisabetta, il secondo, Edson Arantes do Nascimento, detto Pelè, “re” del calcio mondiale, il 29 dicembre ad ottantadue anni. Il terzo è stato il papa emerito Joseph Ratzinger, sovrano della Chiesa Cattolica (ultima monarchia assoluta in Europa), scomparso a novantacinque anni il 31 dicembre. 

Per tutti e tre la mediatizzazione compulsiva (e morbosa) ha moltiplicato, fino al paradosso di ribaltare la regola moderna del nascondimento della morte, l’ostensione rituale del corpo. Il corpo della regina addirittura ha attraversato le strade del regno e si è offerto al saluto dei sudditi per undici giorni prima di trovare il riposo definitivo.

Per Pelè l’esposizione è stata di cinque giorni prima della cerimonia nello stadio del Santos. Così anche per Papa Benedetto XVI che è diventato un nuovo oggetto di culto con una partecipazione che non si era manifestata con pathos eguale nel corso del suo pontificato. Al centro di tutte e tre i riti collettivi di commiato, dunque, il corpo. Un’eco quasi medievale, che gli antropologi hanno ben descritto come riti di passaggio-come la nascita e l’iniziazione- vestiti di pietà e testimoni della corruttibilità della materia umana, ha attraversato il mondo in questi mesi, a ridosso di anni orribili in cui l’impotenza dell’uomo di fronte alla pandemia e il ritorno nel reale dell’orrore di una guerra hanno ricordato le “danze macabre” delle rappresentazioni pittoriche negli anni intorno al mille. Un mondo che ha bisogno di eroi, di maestri, di guide, ha salutato, dunque, questi protagonisti della modernità come avrebbe fatto con un antico sovrano, in un passato indeterminato dove la vita e la morte non erano così fortemente separate nella quotidianità e l’una condizione si mischiava con l’altra tenendo fuori della mente le suggestioni moderne ( e un po’ ridicole) del mitologema “forever young”. 

 

 

Certo la tv e i social media hanno dilatato il fatto fino a rendere indistinguibile il banale dal pensato, il selfie davanti al feretro dal senso di partecipazione al rito di passaggio. Ma resta il fatto: il mondo moderno, che pensava di aver sterilizzato la morte riservandone solo una nicchia nelle stanze nascoste dei nosocomi, adesso ha scoperto la corruttibilità del corpo. L’era dei robot non è ancora tra noi.

 

Pino Pisicchio – Professore ordinario di Diritto Pubblico comparato e già parlamentare in diverse legislature, presidente di Commissione, capogruppo e sottosegretario

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