Le scelte di papa Francesco: né da vivo né da morto

Ha suscitato non poca meraviglia, e qualche interrogativo, la scelta di papa Francesco del luogo dove stabilire la sua tomba.

Non già in Vaticano, nelle Grotte sotto San Pietro dove, tranne poche eccezioni, riposano i papi suoi predecessori, dal 1914 in poi. 

 E nemmeno nella Basilica di San Giovanni in Laterano, che è e resta la storica sede del vescovo di Roma, cioè il papa, e dove riposano 22 pontefici. Papa Francesco, parlando con una tv messicana, ha annunciato di volersi orientare sulla Basilica di Santa Maria Maggiore, o Madonna della Neve, dal prodigio di una nevicata in agosto, dei primi secoli dopo Cristo.

In questa basilica riposano sette papi, e un antipapa poi pentito:  il più lontano nel tempo Onorio III ( morto nel 1227), il più recente Clemente IX, morto nel 1669. Il pontefice argentino non ha spiegato i motivi di questa scelta, a parte la sua venerazione per la Madonna Salus Populi Roman e per la sua icona.                           

E quindi il discorso potrebbe rispettosamente finire qui.

E tuttavia, la scelta di un luogo “diverso” dalla Basilica di San Pietro, per la sua dimora definitiva fa venire alla mente tante altre scelte fatte da papa Francesco, all’insegna della sorpresa: scelte poco protocollari, controcorrente, di oggettiva rottura di secolari tradizioni pontificie.

Qualche esempio? Nei primi giorni di pontificato, quando il prelato domestico gli portò da indossare la mantella con l’ermellino egli, rifiutandola, disse: Mi sembra che il carnevale sia finito da un pezzo!

Poi arrivò la scelta di non andare ad abitare nelle sale del palazzo apostolico, negli appartamenti dove hanno soggiornato, lavorato, dove hanno vissuto e sono morti i pontefici precedenti, compreso Giovanni Paolo I, sulla cui figura di Papa sfortunato ( regnò solo 33 giorni) si sono addensate nel tempo voci oscure quanto non provate.( Un libro, In nome di Dio, edito da Pironti, nel 1984 e scritto da un saggista inglese, David Yallop, che suffragava certe tesi sinistre, peraltro tutte sulla base di testimonianze anonime, sparì dalla circolazione in poco tempo).

 

 

 

Papa Francesco diede disposizioni che gli si allestisse un appartamentino dove andare ad abitare, in un’ala molto defilata del Vaticano, chiamata Santa Marta, in cui ci sono collaboratori, uffici e persone che stando in quell’area ne fanno anche uno status per la vicinanza al Papa.

Secondo voci che gocciolano dai palazzi vaticani, pare che papa Francesco viva, francescanamente dobbiamo riconoscere, in appena due tre stanze; che Il caffè se lo prepari da solo, e se deve fare fotocopie di documenti importanti provvede da sé medesimo. Insomma, per parlar chiaro, il papa dell’enciclica Fratelli tutti sembra non fidarsi? Può sembrare una battuta facile e irriverente ( absit iniuria verbis), ma tant’è.

Avrà i suoi motivi. Ma il problema dei collaboratori non ammette incertezze: o li tieni e ti fidi, oppure se non ti fidi li cambi. Il papa ha scelto una terza via: non li cambia e non si fida ( anche se in dieci anni di pontificato ne ha sostituiti eccome di collaboratori ai vari livelli e non solo in Vaticano!).

Questi gesti controcorrente, specie quelli all’inizio – si presentò come un comune cittadino consumatore in un negozio di ottica per comprarsi gli occhiali, come il sovrano svedese che andava a fare la spesa ai mercati – hanno creato attorno al pontefice un alone di “piacionismo”, per la sua apparente amabilità , bonomia, anche se, si dice Oltretevere, non bisogna cadere in pericolosi abbagli, perché il carattere del Santo Padre “è tosto, anzi tostissimo”. 

Personalmente, nella mia vita quotidiana, incontro ammiratori adoranti di questo papa, ma anche, e lo leggo sui giornali,  lo sento perfino tra la gente comune, tenaci e implacabili detrattori, anche sul piano personale,  che ne lamentano l’assenza di dottrina, e un empirismo pastorale per quanto molto attivo e generoso, ma non trasformato in principi e direttive teologiche.

 

 

 

Credo che sia il primo caso nella storia della Chiesa, almeno quella da Pio IX in poi ( al papa affezionato ai primati forse farà piacere);  e per trovare un precedente bisogna forse risalire proprio ai tempi di Papa Mastai, prima idolatrato dai patrioti risorgimentali e poi vituperato.

 

 

 

Abbiamo avuto papi amatissimi dalle folle ( Giovanni XXIII), papi stimatissimi per dottrina e zelo pastorale come  Pio XII e Paolo VI, papi di rara raffinatezza teologica e intellettuale come Benedetto XVI, papi di forte carisma planetario come Giovanni Paolo II. 

 

 

 

Per papa Francesco vige una specie di doppio registro di percezione: Da una parte si comporta come un Pertini cattolico che fustigava la classe politica che pure lo aveva eletto, gettando involontariamente il seme del populismo; così Francesco ha attaccato i cardinali, ha tuonato contro i rischi del clericalismo, ha tagliato alcuni privilegi, ma facendo di tutte le erbe un fascio, come la falce che tutto pareggia.

 

 

 

Ho conosciuto nunzi apostolici che hanno vissuto per anni in un appartamento di 35 metri quadri. La generalizzazione è madre del populismo e insieme, a loro volta, generano qualunquismo e disorientamento.

 

 

 

In secondo luogo, è  piaciuta ma ha anche disorientato questa volontà del papa, manifestata in più occasioni, di mettere tutto in piazza: non solo i suoi problemi di salute, ma anche sue considerazioni e giudizi più personali un tempo destinati alla riservatezza dei sacri palazzi. Una volta disse, uscito dal Gemelli dopo una delicata operazione: si erano già messi d’accordo come spartirsi il potere ( alludeva ai dignitari curiali vaticani); analogo concetto lo ha espresso più di recente, con chi – un po’ maldestramente, bisogna dire, gli parlava del possibile successore – con l’aggiunta per fortuna ovvia: ma non sono ancora morto!

Si ha l’impressione che questo mettere tutto in piazza, questo voler dire tutto al popolo, seppure al popolo di Dio, sia un riflesso di una condizione esistenziale vissuta dal pontefice venuto dalla fine del mondo, ai tempi di Peron, populista doc.

Dalla fine del mondo: la formula fece effetto. A me salentino ricorda più la Madonna di Santa Maria di Leuca, chiamata madonna di “finimundu” o di Finis Terrae.

Concludiamo riprendendo il punto da dove eravamo partiti: le scelte di papa Francesco.

Per dire che la scelta della tomba a Santa Maria Maggiore lontana dal Vaticano- un gesto quindi di oggettiva distanza, di alterità –  e all’inizio la scelta di vivere a Santa Marta – anche questa un oggettivo gesto  di distanza dal cuore della Curia –  sono l’alfa e l’omega, temporale e concettuale,  di una linea pontificia che,  comunque la si voglia considerare, suscita molte riflessioni.

A cominciare da un possibile messaggio che ne potrebbe derivare, al di là delle effettive intenzioni, ma comunque inquietante per i destinatari: i cardinali, la Curia romana, i vescovi, e gli stessi credenti che un giorno, speriamo molto lontano, lo andranno a visitare a Santa Maria Maggiore:  da voi, lontano da vivo lontano da morto

 

Mario Nanni Direttore editoriale

 

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