Gli americani hanno votato in massa Donald Trump gettando nello sconforto molti milioni di italiani che – almeno secondo un sondaggio di You Trend – avrebbero preferito di gran lunga Kamala Harris. Non gli italiani di sinistra, proprio tutti gli italiani (o quasi): anche la maggioranza degli elettori di Fratelli d’Italia avrebbe scelto la candidata democratica, solo tra i leghisti prevaleva il neo presidente.
E così non è difficile immaginare lo stato d’animo di chi ha passato la notte soffrendo ed è andato a lavoro (o a dormire) sconsolato e affranto. Ma anche di quelli che alla partenza delle maratone notturne hanno salutato per ricollegarsi col mondo solo la mattina. Il loro risveglio è stato terribile.
Mettiamo da parte lo snobismo
Il perché di questa massiccia adesione alla candidata perdente è abbastanza semplice da decifrare ed ha che fare quasi esclusivamente col candidato vincente. Al cospetto della straripanza dei toni e dei contenuti trumpiani, infatti, ingrigisce fino a impallidire persino il ricordo del Berlusconi della prima ora, la sua versione primigenia e più esuberante, quella del “meno tasse per tutti” e del “nuovo miracolo italiano” che, escludendo il cattivismo trumpiano, è una specie di MAGA ante litteram. Insomma, Trump è troppo anche per un Paese che pure si è innamorato per 20 anni di un miliardario sceso in politica.
E però, proviamo per un attimo a lasciare da parte lo snobismo verso gli americani cafoni, che non sanno cos’è la geografia, mangiano male e votano peggio, dimentichiamoci per un secondo dei sacri principi: la democrazia, l’ambiente, gli immigrati e i diritti delle minoranze. Fingiamo – sorvolando su quanto sia davvero una finzione – che chi voti lo faccia pensando soprattutto ai propri interessi e animato quasi per nulla da sentimenti altruistici.
Vi presentiamo Embé, né ricco né povero
Certo, l’utilità cambia al cambiare delle condizioni personali. E così immaginiamoci nei panni di un Europeo, Maschio, Bianco, Eterosessuale. L’acronimo ci regala un comodo nome immaginario: EMBE, che con lieve forzatura non del tutto innocente si potrebbe accentare sull’ultima vocale, Embé.
Immaginiamolo né ricco, né povero. Insomma, un esponente di quella famosa classe di mezzo, la middle class attanagliata dall’inflazione e dalla paura, che è quasi certezza, che domani sarà peggio di oggi e i propri figli staranno peggio di loro.
Viste le sue caratteristiche Embè è abbastanza indifferente alla questione sui “diritti riproduttivi”, non lo riguardano le “deportazioni di massa” dei migranti, che siano in Albania o in Messico, né le possibili discriminazioni per il colore della pelle o per la provenienza da zone povere del mondo. E poi, a essere sinceri, saranno pure dei poveri cristi ma tutta quella gente che bivacca fuori dalla stazione non è che lo fa stare tanto tranquillo quando va a prendere la metropolitana. Soprattutto, se pensa che ci passa pure sua figlia quando torna da scuola.
Che c’importa di dazi?
Che succede adesso ad Embè? Con l’avvento di Trump le cose gli andranno meglio o peggio?
D’istinto Embè pensa che per lui non cambierà nulla. Cosa mai dovrebbe succedere? È il presidente degli Stati Uniti non il capo del governo italiano e nemmeno il sindaco della sua città. Tutti gli stanno spiegando in queste ore che con il ritorno dell’ex tycoon torneranno i dazi e sarà un problema per le nostre aziende che esportano. Gli stanno anche spiegando che il nuovo vecchio presidente mollerà l’Europa e ci costringerà a pagarci la Difesa da soli, se proprio vogliamo difenderci.
Ma Embè ha un lavoro da impiegato e non ha prodotti da esportare, che gli importa dei dazi? “Ma guarda che le aziende italiane saranno danneggiate più di altre dai dazi – insiste un collega di Embè che lo ha sentito alla radio andando al lavoro – e questo ridurrà la crescita economica del nostro Paese. Alla fine vuol dire meno soldi in giro, meno lavoro e più problemi per tutti”. Embè ci pensa un attimo e risponde: “Ma perché adesso senza dazi vedi tanti soldi in giro? E il lavoro quando c’è è pagato da fame, guarda noi. E poi se gli americani mettono i dazi sui nostri prodotti e su quelli dei cinesi noi li mettiamo sui loro, così magari invece di comprare le cose all’estero torniamo a produrle a casa nostra”.
La questione sarebbe più complicata di così, ma il loro dialogo si ferma qui perché c’è da lavorare.
L’Ucraina e il gas alle stelle
Anche sulla storia delle spese militari, Embè pensa che magari non sarebbero così importanti se non ci fosse la guerra. E Trump ha promesso che con lui la guerra in Ucraina finisce in 24 ore. Che sarebbe una grande notizia per gli ucraini, per i russi e anche per lui che da quando quel criminale di Putin ha iniziato a marciare verso Kiev ha visto la bolletta del gas schizzare alle stelle. A proposito, inizia a fare freddo (finalmente) e tocca riaccendere i riscaldamenti (purtroppo). Chissà se si può aspettare ancora un po’.
Certo, c’è anche la questione di quei poveri palestinesi. Ma non si può dire che con i democratici al governo in America le cose siano andate particolarmente bene. E comunque, non è certo il primo problema per lui che ha lo stesso stipendio da dieci anni e – soprattutto – teme che sarà lo stesso per i prossimi dieci.
Piuttosto, oggi ha visto le Borse festeggiare. Embè non è certo uno che gioca in Borsa, però ci sono quei 20mila euro che aveva messo da parte dalla vendita della casa e li ha investiti con il consulente consigliato da un amico. Finora è rimasto a galla, magari adesso ci guadagna pure qualcosa e recupera un po’ d’inflazione. Che qua è aumentato tutto, non solo il gas.
Un’ibrida contro il climate change
Guardando la televisione Embè ha visto Trump dire che “va bene tutto, ma lasciate stare il petrolio”. Embè lo sa che il riscaldamento globale è un problema, lo vedono tutti, solo un cretino o uno in malafede può pensare che vada tutto bene quando a novembre vai in giro in maniche corte. Però questa storia delle auto elettriche non lo convince tanto. Gli piacerebbe prenderla, anche col cambio automatico, ma se persino la Panda ibrida (nemmeno tutta elettrica) costa 20mila euro, come si fa?
Embè lo sa di essere un privilegiato, nel senso di non appartenere a gruppi svantaggiati, ma questa non è certo colpa sua. Un po’ si sente in colpa, ha un’espressione rabbuiata, vorrebbe essere migliore di così. Ci pensa tornando a casa, mentre bloccato nel traffico dei mille cantieri di questa città cambia marcia con monotono automatismo, dalla prima alla seconda, a volte la terza, non di più.
Più ci pensa, però, più si diradano i dubbi: “Alla fine – si dice – non è bello votare dimenticando i problemi degli altri, ma gli altri votano pensando ai miei problemi?”. Gli sembra un modo giusto di chiudere la questione, anche la sua espressione è più distesa. Non fosse per il traffico.
E qui finisce la storia di Embè. Personaggio immaginario, forse.
Mimmo Torrisi – Giornalista