La salute del papa, tema sensibile di ogni pontificato, è più sensibile con Jorge Mario Bergoglio? Non è detto, a dispetto di quel ‘’sono ancora vivo’’. ‘’Nonostante alcuni mi volessero morto”, detto da papa Francesco incontrando i gesuiti slovacchi a Bratislava il 13 settembre.
“So – ha aggiunto il Pontefice- che ci sono stati persino incontri tra prelati, i quali pensavano che il papa fosse più grave di quel che veniva detto. Preparavano il conclave. Pazienza! Grazie a Dio sto bene”.
Il papa rispondeva all’innocuo “Come sta?” di un confratello che si ricordava l’operazione all’intestino da lui subita in luglio.
Il tono forse scherzoso nulla toglie alla serietà delle affermazioni, e la rapida pubblicazione su “Civiltà cattolica” manifesta la volontà papale di una massima diffusione del testo, nel quale Bergoglio parla anche di una “grande televisione cattolica che continuamente sparla del papa senza porsi problemi”.
Certamente delle manovre pre conclave Bergoglio discorre con franchezza senza precedenti, e spiazzando i suoi collaboratori: il segretario di Stato Pietro Parolin dirà ai giornalisti di non saperne nulla, e che forse il papa aveva informazioni che lui non ha.
La franchezza circa la propria salute è la stessa cercata dal Pontefice rispetto ai problemi della Chiesa, dalla trasparenza economica, agli abusi del clero sui minori, alle lobby, temi in cui è solito governare con decisione e applicare soluzioni, non curandosi dei veleni diffusi contro di lui. Naturalmente egli applica la “parresia” anche nelle grandi sfide del pontificato, dal dialogo interreligioso, alla sinodalità della Chiesa, dalla condanna del commercio delle armi alla difesa della dignità dei poveri e dei migranti.
A proposito di veleni, il siluro ciclicamente scagliato contro Bergoglio è quello caro ad Antonio Socci in Italia, e sostenuto da ambienti tradizionalisti in tutto il mondo, particolarmente negli Stati Uniti: la sua elezione è invalida e il vero papa è ancora Benedetto.
La teoria riemerge periodicamente nonostante sia totalmente infondata, e più che minare la credibilità di Francesco, intacca quella di Benedetto. Il papa tedesco però non ha mai inteso creare un contropotere in Vaticano e ostacolare la missione del successore e gli ha giurato fedeltà pubblicamente e ancora prima di conoscerne il nome.
Essere usato come una clava da brandire contro Francesco non gli fa affatto piacere, né egli ha mai inteso che la propria ombra incombesse sul nuovo pontificato. Il primo papa “dimissionario” dopo circa otto secoli ha posto anche problemi di cerimoniale e di linguaggio: come chiamarsi? Come vestire? Che posto occupare nelle cerimonie?
Papa Ratzinger ha pragmaticamente risolto togliendo le insegne alla talare bianca e accettando sia la denominazione di “papa emerito” e l’appellativo di “Santità” , sia il posto che Bergoglio gli offriva al suo fianco le rare volte in cui partecipava a qualche cerimonia solenne, come la apertura del giubileo nel 2015.
Il Vaticano ha poi discretamente predisposto il cerimoniale per le esequie del papa emerito. Circa lo status dei papi emeriti, se anche qualcosa dovesse essere cambiato nei titoli, nell’abbigliamento o nel cerimoniale, delicatezza vuole che ciò non avvenga con Benedetto vivente.
I critici dei papi hanno approfittato delle incertezze del cerimoniale di fronte alla inedita situazione della rinuncia al pontificato. Ma quanti volevano contrapporre a livello dottrinale Ratzinger a Bergoglio hanno usato soprattutto gli scritti del primo: saggi ripubblicati, prefazioni, lettere.
Ha contribuito alla confusione la incauta affermazione del segretario di Ratzinger, Georg Gaenswein, sul fatto che il papato sarebbe ora “un ministero allargato, con un membro attivo e uno contemplativo”, in virtù del fatto che pur avendo Ratzinger rinunciato al “munus”, cioè alle funzioni, mantiene il “ministerium”, cioè la titolarità del servizio.
Nonostante il pronto chiarimento di padre Federico Lombardi che “il papa è uno, papa Francesco”, le parole di mons. Gaenswein hanno offerto il destro a tutto il filone complottista, fino ai deliri sul fatto che Benedetto sarebbe stato costretto a “dimettersi”, di cui tuttora pullula il web.
Infine una considerazione: la franchezza, quella parresia evangelica alla quale papa Francesco richiama spesso, è un ingrediente indispensabile per una Chiesa in uscita ma non sempre si concilia con le esigenze della comunicazione papale; da qui alcuni cortocircuiti nell’era Bergoglio, non tanto rispetto alla sua salute quanto riguardo, ad esempio, la gestione della crisi degli abusi sessuali in Cile. Anche se, come in quella occasione, la reazione delle vittime alle sue parole che sembravano difendere padre Karadima, lo hanno indotto a indagare meglio e comprendere la vera natura di quel molestatore seriale.
Da lì è nata una nuova fase di lotta agli abusi del clero, a livello investigativo, legislativo e di organizzazione ecclesiale. Ecco come parlando di salute del papa siamo giunti a parlare della sua comunicazione, altro tema sensibile impossibile da esaurire in queste righe.
*giornalista vaticanista