Iran, neuroscienziato Mahmood Amiry Moghaddam: “Gli iraniani chiedono una vita normale”

Quello che succede in Iran è sotto gli occhi del mondo intero: soprusi, violenze e omicidi in un Paese dove il fondamentalismo regna sovrano. Le recenti proteste però potrebbero segnare un punto di svolta nella storia iraniana. Ne abbiamo parlato con il neuroscienziato e attivista per i diritti umani Mahmood Amiry Moghaddam, vincitore dello Human Right prize di Amnesty International nel 2007.

Cosa sta succedendo in Iran?

Una grandissima parte della società iraniana composta da uomini, donne, anziani e giovani è scesa in piazza per protestare contro la Repubblica islamica che sta cercando di fare il possibile per fermare queste rivolte, arrivando addirittura a sparare. Sono state poste da parte del governo delle restrizioni: Internet, ad esempio, è stato rimosso.

Questa sarà la fine della teocrazia?

Le proteste che vediamo oggi potrebbero portare a un grande cambiamento come la fine della Repubblica islamica e un cambio del sistema politico. Le persone sono profondamente arrabbiate contro un regime che è oppressivo ed incompetente a risolvere i problemi del popolo iraniano.

L’Iran è colpito dall’inflazione e dalla povertà crescente mentre le autorità spendono milioni per il programma nucleare e per il supporto alle milizie presenti in Libano, Iran e Yemen. Il regime iraniano interferisce nella vita privata dei suoi cittadini, vuole decidere cosa le donne debbano vestire o cosa gli uomini debbano bere o mangiare. Non esistono né libertà di parola né libere elezioni, al di là di quanto decanti il regime.

Come vivono queste proteste gli iraniani in Europa?

Molti iraniani che vivono in Europa sono preoccupati per i loro connazionali che protestano e per le violenze che si stanno consumando nelle strade: molte persone vengono uccise e altre incarcerate. Tuttavia gli iraniani in Europa restano speranzosi di un cambiamento nel loro Paese d’origine.

Quali diritti umani sono stati violati in questi giorni di proteste?

Il regime iraniano ha violato molti diritti umani. Uomini e donne non sono considerati uguali e questo impatta sul lavoro, non abbiamo libertà di stampa e di parola e neanche le elezioni. Se ci si permette di criticare i leader o il sistema si rischia la galera.  Non abbiamo neanche il diritto a riunirci in assemblea. Infine le autorità iraniane hanno consumato molta violenza nelle piazze per reprimere le proteste.

Cosa chiedono le persone scese in piazza?

Un cambiamento radicale. Vogliono che i loro diritti fondamentali, tolti dalle autorità iraniane da 43 anni, siano rispettati e riconosciuti. Chiedono di vivere una vita normale come le altre persone nel resto del mondo.

Non sono richieste strane, la cosa assurda è che nel 2022 esista uno Stato membro delle Nazioni Unite dove una ragazza viene arrestata con l’accusa di immoralità solo perché non si è coperta i capelli. La giovane è stata picchiata e una volta morta è stata mandata in ospedale. Tutto questo non è normale.

Ci sono parti del paese che appoggiano la teocrazia?

Negli ultimi dieci anni c’è stata una drastica riduzione dei sostenitori dell’establishment, resta una piccola minoranza che crede in questo sistema e lo supporta perché ne trae beneficio: hanno parenti che sono all’interno del regime e che vive una vita agiata anche fuori dall’Iran, laddove venisse meno la Repubblica islamica anche loro perderebbero tutti i benefici.

Il regime iraniano come vede le donne?

La Repubblica islamica è gestita da fondamentalisti che non considerano le donne come pari. Sono oppresse sotto molti punti di vista: ad esempio una donna non può diventare giudice, presidente, correre in politica e se vuole viaggiare necessita del permesso del padre o del marito. In pratica sono viste come cittadini di categoria inferiore.

Ci sono altre categorie discriminate?

Sì, in particolare le minoranze religiose. Un sunnita ha forti limitazioni sull’ingresso in moschea, così come cristiani ed ebrei. In Iran è presente un gran numero di Baha’ì ai quali non è riconosciuto un diritto all’istruzione eguale. La lista di soprusi nei confronti delle minoranze è molto lunga.

 

Francesco Fatone – Pubblicista

 

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