Il bluff delle associazioni anti-caccia e la decisione del Tar: “Infondata la questione di legittimità costituzionale”

A proposito delle battaglie giudiziarie sull'apertura delle attività venatoria: le dilazioni temporali sono pretestuose e portano gravi danni al comparto. L'intervento dell'ex presidente di Assoarmieri

Una scena di caccia

Giorni fa si è pronunciato il Tar Lombardia sulla ripetuta e annosa questione dei calendari e sulle costanti battaglie giudiziarie intentate ogni anno dalle associazioni anticaccia unicamente per ritardare l’apertura dell’attività venatoria per tendere al miraggio di una vittoria di Pirro.

Alla luce dei fatti e delle esperienze recenti e alla nuova decisione dei giudici lombardi ancora una volta emerge una sola verità: gli attacchi giudiziari degli animalisti o dei sedicenti ambientalisti, ma in buona sostanza di tutti coloro che al riparo di schermi associativi più o meno trasparenti trovano modo di manifestare la propria intransigente ideologia anticaccia, sono naufragati ancora una volta.

Anche questa volta in queste ripetute azioni giudiziarie depositate ad hoc prima dell’apertura della stagione venatoria le associazioni anticaccia bluffano alla grande. Si possono permettere, in modo arbitrario, tale spavalderia in una ignoranza diffusa delle difese tecniche e nella impreparazione di alcuni uffici amministrativi.

Pareri non vincolanti

Un primo punto messo nuovamente in chiaro nelle motivazioni del Tar parte dal presupposto che “pare utile rammentare che lo scrivente gravame pone il problema, già affrontato in più occasioni da questo tribunale e dalla giurisprudenza amministrativa, del rapporto fra le disposizioni regionali sulla caccia ed i pareri sull’attività venatoria resi dall’Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca Ambientale (ISPRA). Appare pacifico che tali pareri non hanno natura vincolante”. Vivaddio!

L'avvocato Antonio Bana

L’avvocato Antonio Bana

Ancora una volta è stato correttamente ribadito, basando la propria motivazione su una giurisprudenza oramai granitica e consolidata, un dato importante che rispecchia, purtroppo, l’andamento del comparto della caccia in Italia ovvero: “Non si dimentichi poi che dal 2004 al 2023 il numero dei calciatori in Lombardia” (e non solo, mi preme aggiungere personalmente, ndr) si è quasi dimezzato… sul punto occorre però considerare il dato oggettivo del continuo decremento non solo dei cacciatori ma anche di quelli che scelgono l’appostamento fisso ”.

Anche sul cattivo stato di conservazione delle specie Tordo Sassello, Merlo e Cesena paventato ancora una volta bluffando da parte degli anticaccia la risposta netta e precisa del Tar è stata lapidaria: “La tesi non appare convincente”.

Il verdetto del Tar Lombardia

Ma c’è di più. Una questione di rilevante importanza non può sfuggire sulla questione di legittimità costituzionale delle norme delle leggi statali e regionali sulla caccia per l’asserito contrasto delle medesime con l’art 9 della Costituzione. Lapidaria la decisone del Tar: “La questione di legittimità costituzionale cosi come prospettata appare manifestamente infondata”.

Evidente e quanto mai veritiera l’affermazione secondo cui “nell’esercizio del proprio potere normativo il legislatore dovrà necessariamente bilanciare l’interesse alla tutela animale con altri valori costituzionali, visto che nel nostro ordinamento i valori fondamentali sono in rapporto di reciproca integrazione, senza che nessuno di essi possa assumere valenza assoluta verso gli altri”. La motivazione va oltre, non dimenticando l’ordinamento dell’Unione europea che non pare vietare la caccia.

Benessere animale e tradizioni culturali

Una nota illuminante è posta sull’art 13 del trattato dell’Ue che se da una parte garantisce il rispetto del benessere dell’animale, dall’altra impone il rispetto delle consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda le tradizioni culturali e il patrimonio regionale.

Una scena di caccia

Una scena di caccia

È vero che il richiamato art. 13 del TFUE individua una subalternità, o comunque una concorrenza, del dovere di tenere conto del benessere animale in un giudizio di bilanciamento con altri beni, ma anche in tal caso resta il vincolo posto dal legislatore UE che richiede di effettuare una valutazione ad hoc ogni volta che si giunga a sacrificare il benessere animale ritenendo ciò consentito laddove sia possibile una conciliazione con altri diritti.

Dobbiamo, infine, alzare sempre di più la competenza che noi veri cacciatori abbiamo sempre avuto in tutte le sedi opportune dalla redazione degli atti amministrativi, civili e penali alla difesa nelle sedi giudiziarie.

L’impegno dovrà essere costante come quello di anticipare i tempi nei rapporti con l’ISPRA mettendosi a lavorare già domani per lasciare più spazio a pretestuose dilazioni temporali che porterebbero come sempre un grave danno, non solo economico, a tutto il mondo venatorio.

 

Antonio Bana – Avvocato – Past president di Assoarmieri

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