«Le relazioni pubbliche sono, assai più che la gestione della stampa, un modo di vita». Queste parole di Arthur Page, riportate nel volume Governare le Relazioni di Toni Muzi Falconi, permettono di sintetizzare cosa significhi agire nel mondo delle relazioni pubbliche.
Infatti, le relazioni pubbliche, in tutte le loro declinazioni, nel corso degli anni hanno ampliato il proprio raggio di azione divenendo sempre più un elemento indispensabile sia per la formulazione delle policy pubbliche oltreché per la realizzazione dei progetti delle aziende private.
Mediatori culturali e saperi multipli
Attraverso un lavoro di specializzazione e sintesi di saperi multipli, il ruolo dei relatori pubblici si è strutturato quale “mediatore culturale” che permette di instaurare una relazione tra mondi diversi che spesso utilizzano altresì linguaggi differenziati e che, senza l’intervento dei lobbisti, troverebbero maggiori difficoltà comunicative.
A tal proposito, uno delle principali pratiche operate nei contesti di relazioni pubbliche è l’attività di advocacy. Si tratta di un’attività ad ampio spettro volta a sensibilizzare, mobilitare e coinvolgere l’opinione pubblica, cercando di ampliare il discorso al più largo numero di settori del tessuto sociale, compresi esponenti dell’associazionismo, dei media, della cultura e della cittadinanza tutta, al fine di condizionare il decisore politico.
Nel nuovo contesto sociopolitico, dove l’attenzione sui temi di impatto sociale ed ambientale è molto alta, non è più sufficiente strutturare un solido rapporto relazionale unicamente con il decisore politico, ma è necessario allargare il consenso intorno ai propri obiettivi, proponendo un purpose sostenibile che non guardi più solamente al profitto.
Advocacy: cambio di paradigma
Questo cambio di paradigma è sorto da un nuovo modello di partecipazione alla decisione politica che non coinvolge più soltanto i classici attori istituzionali, ovvero: decisori pubblici, autorità locali, associazioni di categoria, sindacati, gruppi di interesse o di pressione, ma che è condizionato da nuovi “movimenti connettivi”, ovvero realtà interattive che si strutturano estemporaneamente su alcuni temi predeterminati e che non richiedono alcuna responsabilità o identificazione prolungata, in quanto agiscono su obiettivi peculiari e circoscritti nel tempo.
Le attività di advocacy, che prevalentemente si svolgono al di fuori delle istituzioni poiché – a differenza del lobbying che è un’attività circoscritta al dettame normativo – hanno l’obiettivo di sensibilizzare una larga porzione di opinione pubblica, possono svolgersi seguendo diversi modelli di stakeholder engagement.
Come è stato premesso, riscontrato un sensibile deficit di fiducia nei confronti delle istituzioni, non è più possibile per un’azienda o un gruppo di pressione promuovere le proprie istanze solamente presso i decisori pubblici, ma diviene obbligatorio, per il raggiungimento dei propositi prefissati, creare una relazione con la maggior parte degli attori in gioco, cercando di comprendere i bisogni e le esigenze del tessuto sociale sul quale potenzialmente potrebbero andare ad incidere le future decisioni.
In questa fase di analisi è necessario, al fine di evitare eventuali movimenti di protesta, coinvolgere subito nel progetto il territorio affinché sia possibile far convogliare in un unico piano le diverse sensibilità degli attori in partita.
Reputazione e credibilità
Questa forma di inclusione nel processo decisionale, tipica dell’advocacy, è fondamentale anche perché permette di dare credibilità alla propria reputazione e, così, dare forza ai movimenti di opinione che potranno promuovere il progetto oppure contrastare eventuali critiche provenienti da altri interlocutori.
La reputazione e la credibilità di un portatore di interesse sono due aspetti imprescindibili. Infatti, solamente se chi porta avanti il progetto è credibile sarà possibile per un’ipotetica maggioranza silenziosa rompere un’eventuale spirale del silenzio e osteggiare così le campagne dei movimenti di opinione contrari.
In definitiva, per creare un clima collaborativo e così portare a compimento i propri obiettivi, è necessario costruire coalizioni di attori con i quali si condividono valori e prospettive, promuovendo, anche attraverso i media, nazionali o locali in base alla specifica mission, una narrativa convincente. Storytelling che può essere avvalorato dal coinvolgimento di terze parti quali: università, istituti demoscopici, think thank, associazioni di settore ed eventuali esponenti del terzo settore.
Lorenzo Della Corte